La Stampa 6.11.16
Il patto per una società multietnica
di Maurizio Molinari
Il
record di migranti arrivati quest’anno in Italia è il risultato del
processo di decomposizione e di impoverimento degli Stati sulla costa
Sud del Mediterraneo. Le radici di tali sconvolgimenti sono interne ad
Africa e Medio Oriente, e l’impossibilità di trovarvi una rapida
soluzione pone l’urgenza di politiche nazionali capaci di gestire la
trasformazione del nostro Paese in una società multietnica,
multirazziale e multireligiosa.
Le linee d’azione possibili sono
due: limitare il numero degli arrivi e accelerare l’integrazione di chi
arriva. Per limitare il numero dei migranti che raggiungono l’Italia
serve una gestione dei profughi che coinvolga tutti i Paesi Ue: se i
trafficanti di esseri umani del Maghreb riempiono barconi sempre più
grandi per spingerli nelle braccia dei marinai italiani non c’è ragione
per cui le nostre navi debbano sbarcarli solo nei nostri porti. Un
esempio viene dalle unità spagnole che riportano spesso i migranti
intercettati nel Paese di ultima provenienza - ovvero il Marocco -, ma
più in generale è legittimo affermare che poiché chi raggiunge una nave
italiana tocca l’Europa, altri Paesi Ue potrebbero accogliere quote di
migranti. E ancora: l’ipotizzata creazione di campi di accoglienza per
migranti ai confini meridionali della Libia suggerisce la possibilità di
ostacolare il traffico nel Sahara, lì dove le sue rotte fioriscono di
più.
Ma anche se tali sforzi dovessero avere successo bisogna
essere onesti nell’affermare che l’arrivo di migranti in Italia è
destinato a crescere. Il processo di trasformazione del nostro Paese in
una società multiculturale deve essere dunque governato, gestito, per
coglierne le opportunità e limitarne i rischi.
Le prima, e più
importante, opportunità è aumentare la forza lavoro: creare impiego per i
migranti significa aiutare la crescita del Pil. In un Paese come
l’Italia con oltre il 40 per cento di giovani senza lavoro può apparire
una sfida temibile, ma la risposta può venire dai sindaci di piccoli e
grandi Comuni riuscendo a identificare mansioni di utilità pubblica
capaci di migliorare la vita cittadina. Poiché sono i sindaci ad
amministrare il territorio dove i migranti si insediano, possono essere a
loro identificare formule innovative di occupazione per trasformarli
nel volano della crescita. Ma non è tutto perché ciò che serve ancora di
più è gestire l’arrivo dei migranti nei centri urbani per evitare casi
come il quartiere di Tor Pignattara a Roma dove - come Grazia Longo ha
raccontato su questo giornale - su 16 mila residenti ben 6000 sono
extracomunitari. L’errore commesso da Francia, Belgio e Germania è stato
aver consentito nell’ultimo mezzo secolo la creazione di aree popolate
quasi esclusivamente da immigrati perché ciò ha ostacolato
l’integrazione e favorito l’estremismo. Da qui l’esigenza di coordinare
l’insediamento dei migranti favorendone la dispersione sul territorio
assieme allo studio dell’italiano, all’apprendimento delle leggi ed alla
condivisione di valori fondamentali come i diritti umani e lo Stato di
diritto. Ciò che attende l’Italia, il governo come le amministrazioni
locali, è un lavoro lungo e difficile ma indispensabile. Perché il
successo dell’integrazione può trasformarsi in un volano di ricchezza e
prosperità come il suo fallimento può generare rischi gravi per
benessere e sicurezza. Se al governo spetta la pianificazione di tali
sforzi ciò che può fare la differenza è la capacità dei singoli
cittadini di partecipare all’integrazione: il successo dell’assorbimento
dei migranti dipende dalla capacità di ognuno di noi di comportarsi con
lo straniero come fece il patriarca biblico Abramo con la sua tenda,
aprendola da ogni lato. Accogliere il migrante implica scelte difficili -
perché significa rimettere in discussione la propria identità -, ma
altrettanto vale per chi arriva: l’immigrazione ha successo quando chi
ne è protagonista decide di identificarsi con la nazione di arrivo,
rispettandone leggi e tradizioni. Ecco perché ciò che serve è un patto
sociale fra l’Italia e i suoi migranti basato sullo scambio consapevole
fra completa condivisione dei diritti e assoluto rispetto della legge.