sabato 5 novembre 2016

La Stampa 5.11.16
La Leopolda del settimo anno scopre la sindrome della crisi
Atmosfera soft, kermesse aperta dal “figliol prodigo” Richetti
di F. M.

A prima vista, la solita Leopolda. In attesa che la festa cominci, la gente (tanta) mangia ribollita (gratis) nei tavoloni tondi sotto le volte della vecchia Stazione. Sui muri scrostati, grandi cartelloni rilanciano lo slogan dell’anno «E adesso il futuro». Dietro le quinte, Matteo, solito pignolo, si informa su ogni dettaglio e Maria Elena, che ha organizzato tutto, lima e dispone.
Ma prima che la settima edizione della kermesse renziana prenda il via, alle 21,30, in platea va in scena una Leopolda un po’ diversa dal solito. Tra i tavoloni radi (che hanno sostituito le sedie compatte), compare un redivivo Matteo Richetti ed è assalto all’uomo: femmine e maschi, umbri e sardi, ragazzi e settantenni lo circondano, lo strattonano, gli chiedono un selfie, un autografo, una promessa di andare a fare un comizio.
Il riminese Richetti, bello e brillante, è uno della «prima ora», renziano ideologicamente, per qualche anno accantonato dal capo e che Renzi invece ha richiamato, chiedendogli di aprire lavori. E l’incipit è renzianissimo: Richetti prende il microfono e cammina sul palco, come usa fare Renzi e parte con la stessa disinvoltura del capo: «Dai che ci siamo! Siamo alla settima edizione della Leopolda, mai l’ultima diceva quello!». E ancora: «Sapete cosa pensavo?», «Glielo facciamo un applauso a tutti quelli che lavorano nelle Marche, in Umbria?». Ma l’atmosfera è soft, Richetti è a suo agio e dice a Renzi: «Matteo, hai sbagliato a darmi il microfono!».
Nata nel 2010 come kermesse anti-conformista rispetto alla nomenclatura «comunista», fucina di molte delle riforme poi attuate e di tanti personaggi, dal 2014 - con Renzi al governo - la Leopolda ha iniziato a girare un po’ su stessa. Nel 2016 si consumerà la crisi del settimo anno? Oppure, c’è un rischio ancora più grande: potrebbe essere l’ultima edizione con Renzi sulla cresta dell’onda? Il 4 dicembre, lo sanno tutti, sarà una data spartiacque: se vince il Sì, l’area Bersani-D’Alema potrebbe davvero lasciare il partito, ma se vince il No, Renzi si troverà inevitabilmente ridimensionato. Insomma la settima edizione potrebbe essere l’ultima con un Pd unito, oppure l’ultima con Renzi, il fondatore, ancora padre padrone?
Il vignettista Sergio Staino, il vecchio comunista fiorentino che Matteo Renzi ha voluto alla direzione dell’Unità, non ha dubbi: «Credo proprio che ormai siamo in situazioni irreversibili: nel migliore dei casi rimarremo in casa con i cuperliani. Ormai l’altra parte credo sia andata via». L’addio dei post-comunisti cambierebbe la natura del Pd, ma alla Leopolda loro non sono mai passati. Ma se vincono quelli del No, la Leopolda sopravvive? Marco, studente universitario, empolese, 23 anni: «L’ultima Leopolda? Matteo che molla? Ma lei è matto! Renzi vincerà il referendum e se per caso il No dovesse vincere, da segretario del Pd si prenderà la sua rivincita e la prossima Leopolda sarà quella della riscossa, quella del ritorno alle origini!».
Anche Matteo Richetti trasecola: «L’ultima Leopolda? Sappiamo tutti che il 4 dicembre sarà una data spartiacque e nel caso improbabile di uno stop referendario, ci sarà altrettanto bisogno di un cantiere, di un grande stimolo. Ma la Leopolda continuerà ad essere un grande evento soprattutto perché vincerà il Sì».
E non ha dubbi neppure Claudio Velardi, consigliere di tanti leader: «Diciamo la verità: la scorsa edizione è stata la più incolore, ma sulle prossime Leopolde stiamo tranquilli: Bersani ha fatto il capolavoro. Qualsiasi risultato ottenga il Sì, tra il 45 e il 55%, sarà tutto di Renzi. Se perde, metterà a palazzo Chigi uno suo e gli farà un “mazzo” così, anche dalla Leopolda e se vince, tanto cambierà ma non la Leopolda».