La Stampa 3.11.16
Amnesty: torture sui migranti, ma la polizia nega le violenze
Hotspot Espulsioni, maltrattamenti e violenze nei centri di identificazione
Dossier sui centri di identificazione. I sindacati degli agenti: regole poco chiare
di Francesca Paci
L’accusa
di Amnesty International piomba come un macigno sull’Italia che
continua a duellare con Bruxelles (anche) sui migranti: l’ultimo
rapporto della più nota organizzazione internazionale dei diritti umani
intitolato «Hotspot Italy» accende i riflettori sui moli della Sicilia e
della Puglia puntando l’indice contro «la mano pesante» chiesta
dall’Europa e applicata da Roma. In una cinquantina di pagine di
testimonianze si legge di «espulsioni illegali», «detenzioni arbitrarie,
impronte digitali prese con maltrattamenti al limite della tortura,
umiliazioni sessuali e «agghiaccianti episodi di violenza» commessi dai
poliziotti incaricati di identificare a ogni costo i nuovi arrivati da
quando un anno e mezzo fa la Commissione Europea ha voluto gli hotspot,
no-luoghi in cui censire gli sbarchi identificando i potenziali
richiedenti asilo e respingendo gli altri.
Le immagini sono forti.
Si tratta di 174 interviste realizzate in varie fasi con diversi
migranti transitati nel nostro Paese, Roma, Trapani, Ventimiglia. Le
denunce non si riferiscono solo agli hotspot ma «all’approccio hotspot»,
spiega l’autore del rapporto Matteo De Bellis: «Quando i migranti non
vogliono farsi identificare vengono portati nei commissariati e questo
moltiplica i posti in cui possono essere state compiute le violenze.
Alcuni testimoni però, oltre ai segni di quelle che hanno detto essere
percosse, ci hanno mostrato documenti di espulsione che attestavano il
luogo e il giorno». De Bellis sa che quanto ha scritto è pesantissimo:
«Pur non avendo potuto effettuare esami di tipo forense perché i
protagonisti erano di passaggio o non volevano ricorrere all’autorità
giudiziaria, il numero delle testimonianze e il ripetersi di storie
coincidenti fa emergere una preoccupazione significativa circa quanto
sta accadendo. La maggior parte degli agenti fa un lavoro serio ma ciò
non toglie che abbiamo registrato due casi di colpi ai genitali, più
casi di pugni e calci, più casi di manganelli elettrici, diversi casi di
detenzione prolungata e arbitraria e molti casi di minacce».
Da
Catania, avamposto di Pozzallo, Tommaso Vendemmia replica per sé e per i
poliziotti che rappresenta al sindacato SIAP: «Possono esserci delle
forzature perché dobbiamo identificare gente che non lo vuole, ma
escludo categoricamente qualsiasi forma di violenza. Voglio dire che se
qualcuno si rifiuta di fornire le impronte al molo viene isolato,
portato nei laboratori di polizia scientifica e gli si prendono foto e
impronte. Di solito fuori dal gruppo anche i più agitati ragionano ma
non c’è motivo di usare la f orza perché se insistono li arrestiamo». A
Trapani gli fa eco il collega Francesco Micheli: «I manganelli
elettrici? Neppure li abbiamo... Mi sembra assurdo, non è che se
identifichiamo un tot di migranti ci danno un premio, per noi è una
procedura che per altro avviene alla luce del sole, sui moli, sotto le
telecamere delle tv». Al telefono da Trapani anche Roberto Maggio
esclude che i suoi uomini siano «torturatori».
Amnesty conferma le
interviste, gli agenti negano le violenze e replicano con il proprio
lavoro di contenimento di un fenomeno che solo nell’ultimo anno ha visto
153 mila arrivi, 3.252 morti e appena 1.196 persone ri-allocate
dall’Italia ad altri paesi europei. E mentre l’avvocato Dario Belluccio
dell’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione ammette che da un
anno e mezzo si ripetono casi di violenze rispetto alle quali i migranti
non vogliono esporre denuncia per paura altri operatori umanitari sul
terreno suggeriscono che il rapporto sia forse un po’ duro: «Succede che
ai migranti vengano fatti vedere biscotti e cibo e gli si neghino
finché non si fanno identificare ma le torture no..». In realtà nei mesi
scorsi alcuni sindacati di polizia tipo l’UGL avevano a loro volta
sollevato il problema di cosa volesse dire «identificare per forza» se
il nostro regolamento non prevede in questi casi l’uso della forza. Si
può o no? Come? Fino a che punto?