giovedì 3 novembre 2016

La Stampa 3.11.16
I sindaci del sisma
“Il referendum andrebbe rinviato”
Contrarie invece sono le opposizioni che hanno risposto con fermezza all’ipotesi avanzata da Alfano di far slittare la consultazione.
di Francesca Schianchi

Rinviare il referendum? A Roma si discute di convenienze elettorali, ma nei paesi colpiti dal sisma il tema ha una declinazione molto più concreta: qua l’anagrafe è crollata, lì non si riescono a organizzare le sezioni, gli stessi elettori sono sparsi sulla costa e chissà se e come riusciranno a votare.
«Il ministero ci ha chiesto se siamo in grado di garantire lo svolgimento regolare del referendum. A oggi dovrei dire di no, ma siamo gente coriacea e ci proveremo». Il sindaco di Tolentino, Giuseppe Pezzanesi, martedì ha partecipato a una riunione insieme agli altri primi cittadini della provincia di Macerata colpiti dal terremoto, al commissario Errani, al prefetto e al presidente della regione Marche: tra i temi in oggetto, anche la richiesta di verificare se, in quei territori, sia possibile svolgere la consultazione elettorale del 4 dicembre. Recuperare gli elenchi dell’anagrafe, predisporre le schede elettorali, organizzare la giornata, gli scrutatori, il personale militare, i seggi.
«Le sezioni si possono allestire anche in una tenda, quello è forse l’ultimo dei problemi, ma il punto più delicato di tutto il percorso mi sembra quello organizzativo», valuta il governatore marchigiano Luca Ceriscioli: «nella sola provincia di Macerata, su 50 comuni colpiti dal sisma, 35 hanno il municipio inagibile». Con tutto quello che contiene. Il che può voler dire tutto da rifare, e in un momento in cui – tra gestione degli sfollati e verifiche sull’agibilità delle strutture - le priorità sono altre e più urgenti.
Municipi inagibili
«Noi non abbiamo ancora ripristinato l’ufficio dell’anagrafe, abbiamo i server scollegati, oggettivamente abbiamo difficoltà a rispettare i termini fissati dal Ministero dell’interno per caricare i dati nel sistema», spiega il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno. Per capirci, fa un esempio, «ieri scadevano i termini per avvertire i nostri cittadini all’estero: noi non li abbiamo potuti rispettare. Non siamo in grado in questo momento di mantenere le scadenze fissate: se poi questo debba influire o meno sulla scelta del rinvio del referendum, questo non compete a noi decidere».
Altra regione, identica emergenza: nel Lazio, in provincia di Rieti, Accumoli vive l’incubo della terra che trema dal 24 agosto scorso. «Non abbiamo neanche gli uffici del comune, siamo sotto una tenda, si figuri i seggi elettorali», sospira il primo cittadino Stefano Petrucci. «Penso che non siamo abbastanza numerosi da condizionare la scelta di un rinvio o meno della giornata elettorale, ma è certo che qui abbiamo un problema oggettivo». Da diversi punti di vista: «La gestione, il personale, gli scrutatori… E poi la nostra popolazione è sparsa nel Centro Italia, io non so chi potrà venire a votare».
Lontani dai centri
Stesso dubbio che ha Pezzanesi a Tolentino, considerato che dei suoi ventunomila concittadini «migliaia sono rimasti senza casa e oggi sono disseminati sulla costa, molti fanno sostanzialmente i pendolari da 50, 60 anche 70 chilometri di distanza, non so se per loro sarà facile venire a votare». Nel suo comune, gli elenchi dell’anagrafe sono stati risparmiati e sono ancora consultabili, «ma dobbiamo tenere in piedi 19 sezioni di voto, per metà nel centro storico che è compromesso», ricorda. «Onestamente e senza polemica – aggiunge - l’ipotesi di un rinvio non sarebbe stata male in un momento come questo». Ma, da Accumoli, il collega Petrucci chiede: «Rimandare a quando? Perché solo se si rinviasse a giugno o settembre dell’anno prossimo per noi potrebbe essere più semplice. Se fosse prima, ci troveremmo sempre nelle stesse difficoltà».