La Stampa 3.11.16
“Il referendum non sarà rinviato”
Il premier smentisce il ministro Alfano e si dice pronto a “riferire alle Camere”
Le opposizioni insorgono: sanno di perdere e sfruttano il dramma dei terremotati
di Ilario Lombardo
Ieri
anche Matteo Renzi si è unito al coro dei No. È quello che hanno
risposto ad Angelino Alfano tutte le opposizioni, seguite poi dal
premier, dopo che il ministro dell’Interno aveva aperto al rinvio del
referendum. Un’ipotesi cominciata a circolare insistentemente a partire
dalle ore successive alla scossa di terremoto che domenica scorsa ha
piegato il Centro Italia e rimbalzata su diversi quotidiani.
Alfano
coglie i segnali di una possibile disponibilità e lancia la sua
proposta di buon mattino ai microfoni di Rtl: «Il governo non farà
alcuna richiesta di rinviare il referendum ma qualora una parte della
opposizione fosse disponibile, io sono convinto che sarebbe un gesto da
prendere in altissima considerazione». Una parte dell’opposizione, dice
Alfano, sì ma quale? Perché per tutto il giorno i partiti del fronte del
No respingono in massa questa ipotesi che salda il dramma dei
terremotati alla lacerante campagna elettorale che si trascinerà fino al
voto del 4 dicembre. Lo fa il leader della Lega Nord Matteo Salvini, di
passaggio alla Camera: «Siamo contrari: stanno indietro nei sondaggi e
vogliono così tentare di recuperare». Lo fanno il governatore della
Liguria Giovanni Toti e il capogruppo dei deputati Renato Brunetta, gli
irriducibili dell’ala di Forza Italia contrari a qualsiasi asse con il
Pd di Matteo Renzi. E lo fa, con toni ancora più aspri, il M5S: «Non si
azzardino a strumentalizzare le vittime del sisma per i loro loschi fini
politici e ad usarli come scusa per rimandare una votazione che vede
Renzi perdente».
Il dubbio che l’appello fosse condiviso con
Palazzo Chigi si insinua facilmente tra le opposizioni e costringe il
presidente del Consiglio a smentire Alfano: «L’ipotesi del rinvio non
esiste, è surreale, evitiamo di incrociare referendum e terremoto, non
hanno nulla a che vedere. Non perdiamo tempo in queste vicende». Lo
slancio del ministro dell’Interno in realtà è motivato anche da ragioni
più politiche e relative all’area di riferimento del proprio partito. Da
leader di Ncd-Ap Alfano parla «ai moderati» di Fi, cerca di sondare
quanto i suoi vecchi compagni di partito siano precipitati sulle
posizioni di Salvini.
Renzi però non può permettersi
tentennamenti, non ora, nella fase più cruciale, a un mese dal
referendum. «La sfida è sul filo, bella e impegnativa: ciascun voto può
essere decisivo. Se vince il Sì, si cambia. Se vince il No, tutto resta
com’è adesso e resterà per decenni così». Il premier parla attraverso la
enews settimanale e ancora a Radio 24: «Non voglio parlare di quel che
faccio io. Quello che faccio è chiaro da sempre», dice lasciando
intendere che le dimissioni sono la strada obbligata della coerenza. Se
rinvio ci sarà, sarà perché lo hanno deciso i giudici del Tribunale di
Milano che a ore dovrebbero esprimersi sul ricorso presentato dal
costituzionalista Valerio Onida sulla illegittimità del quesito
referendario.
Ogni giorno che passa, la tregua post-sisma è sempre
più in bilico. La politica si riappropria della scena con i suoi
scontri e le sue recriminazioni. Il blog di Beppe Grillo e poi i
deputati pentastellati in aula alla Camera chiedono a Renzi di
dimostrare quanto tenga all’unità nazionale per affrontare il dramma dei
terremotati: «Ribadiamo la nostra piena disponibilità a collaborare per
compiere tutte le azioni utili per sostenere le popolazioni colpite,
allo stesso tempo chiediamo che lo stesso spirito muova l’azione del
governo. Fino ad ora si è mosso senza informare o interpellare le altre
forze politiche»». Lo stesso ribadiscono Sinistra Italiana e Fi. La
risposta arriva tramite la ministra per i Rapporti con il Parlamento
Maria Elena Boschi: «Renzi - fa sapere - è pronto a riferire alle
Camere».