giovedì 3 novembre 2016

Corriere 3.11.16
L’attesa infinita che porta solo nuove incognite
di Massimo Franco

Da mesi il Parlamento è semibloccato in attesa del referendum. Così il Paese è stato sovraesposto all’esame dei mercati. Ma per gli analisti finanziari la vittoria del Sì o del No non cambierebbe le prospettive economiche. L’attenzione è sull’Italicum, materia discutibile di scambio nel Pd e percepita come l’errore politico di Renzi.
L’ avverbio, «categoricamente», è usato da Palazzo Chigi non solo per smentire un rinvio del referendum, ma per placare il sospetto che Matteo Renzi sotto, sotto ci speri. Le voci sono fiorite alcuni giorni fa nei paraggi della maggioranza. E ieri il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiesto a Forza Italia la disponibilità a spostare la consultazione nella primavera del 2017. È un iniziativa presa come leader del Nuovo centrodestra, ha subito chiarito. Eppure, lascia perplessi l’idea che il responsabile del Viminale possa esporsi in questo modo senza essersi almeno consultato con Palazzo Chigi. Una mossa isolata così rilevante a un mese dal 4 dicembre sfiorerebbe l’azzardo.
In teoria, le motivazioni per rinviare la consultazione ci sarebbero. Il terremoto in Italia centrale ha fatto ripiombare il Paese in una condizione di incertezza e di paura. E il Tribunale di Milano sta esaminando il ricorso di un costituzionalista di peso come Valerio Onida, che, se accolto, si dice potrebbe legittimare uno slittamento. La sensazione, tuttavia, è che una simile ipotesi aggiungerebbe tensione a tensione. Peggiorerebbe il pasticcio di un referendum istituzionale i cui i contenuti rimangono tuttora oscuri a gran parte dell’opinione pubblica; e le cui conseguenze politiche sono confuse e distorte dalla propaganda di entrambi i fronti.
Già è stato un errore estivo parlare di voto in autunno, per poi spostarlo a ridosso di Natale. Il ritardo ha accentuato la sensazione di un governo spaventato dal possibile esito, e dato ossigeno alle argomentazioni, anche le più capziose, delle opposizioni. Approfittare di questa fase per tentare uno scivolamento al 2017 significherebbe confermare i peggiori sospetti; e fare un ulteriore regalo al Movimento 5 Stelle, che già intima a Renzi di non azzardarsi «a strumentalizzare le vittime del sisma per i suoi loschi fini politici». Probabilmente non è così, ma Beppe Grillo ha già preparato un altro slogan elettorale.
Non bastasse, da mesi, ormai, il Parlamento è semibloccato perché i partiti sono fagocitati dagli impegni referendari. Sembra che in Italia nulla si muova in attesa di quel responso. Ma con questo approccio esagerato e involontariamente autolesionistico, il Paese è stato sovraesposto all’esame dei mercati e dell’Unione Europea. La prospettiva che il blocco si prolunghi per altri sei mesi promette di aggravare la situazione. Molti analisti finanziari prevedono, in quel caso, un’Italia in recessione. E da qualche settimana alcuni di loro hanno cominciato a spiegare agli investitori che una vittoria del Sì o del No non cambierebbe la sostanza delle prospettive economiche.
L’attenzione si concentra piuttosto sulla legge elettorale: quell’Italicum che è materia discutibile di scambio, finora non riuscito, tra maggioranza e minoranza del Pd; e che ormai viene percepito anche tra alcuni investitori come il grande errore politico di Renzi: un’incognita e un boomerang. Il premier l’ha pensato e costruito dopo le Europee del 2014, convinto che il 40 e più per cento ottenuto dal Pd fosse la base e non il tetto elettorale del partito. Ora si rende conto che le sue ambizioni vanno ricalibrate drasticamente. E soprattutto che l’Italicum, lungi dal puntellare il suo primato, alla fine può favorire Grillo: tanto più con una vittoria del Sì e la tentazione di un voto anticipato.
Il premier nega con nettezza che il rinvio sia mai stato un’opzione e possa esserci: sarebbe «surreale». E come prova della sua sincerità cita gli appuntamenti referendari già fissati. Anche al Quirinale si considererebbe «inesistente» la prospettiva dello slittamento. Renzi aveva parlato di boutade giornalistica, eppure il fatto che Alfano non lo escluda sembra contraddire la versione minimalista. Comunque, il premier conferma: «Le chiacchiere stanno a zero, tocca agli italiani esprimersi. Se vince il Sì, si cambia. Se vince il No, tutto resta com’è. E resterà per decenni così». Ma lasciare lievitare le voci sul rinvio rischia di accreditare la vulgata di un governo in confusione .