La Stampa 30.11.16
Juanita Castro: “Fidel? Ha tradito i cubani. Raúl porterà democrazia”
La sorella del Líder Máximo in esilio a Miami: “Inaccettabili i festeggiamenti dopo la sua morte. Il funerale? Non ci sarò”
intervista di Paolo Mastrolilli
«Raúl è una persona diversa da Fidel: continuerà le riforme, e avvierà Cuba verso una trasformazione democratica».
Nessuno
può parlare dei fratelli Castro con la conoscenza di Juanita, la
sorella minore. Durante la rivoluzione li aveva aiutati, comprando armi,
ma poi era fuggita, prima in Messico e poi a Miami. Qui la raggiungo,
al telefono, nella sua casa.
Come ha saputo che suo fratello era morto?
«Mi ha chiamato un famigliare venerdì sera».
Sa di cosa è morto?
«No, ma era molto malato. Dicono che il cuore ha ceduto».
Cosa ha provato?
«Dolore. Io e Fidel eravamo molto distanti per ragioni ideologiche e politiche, però era mio fratello, il mio sangue».
Negli anni scorsi si era parlato di una sua conversione religiosa.
«Credo che non abbia mai perso l’interesse per la spiritualità».
Cosa pensa delle feste avvenute a Miami?
«Inaccettabili e non necessarie. Io non godo per le disgrazie o la morte di nessuno: non è un comportamento cristiano, o umano».
Come era Fidel da bambino?
«Il
mio miglior amico. Eravamo una famiglia felice e numerosa, cresciuta
nell’amore di nostro padre. Non ci mancava nulla. Averla persa è il più
grande rimpianto della mia vita».
Qual è il suo ricordo più caro di Fidel?
«Le
vacanze. Durante l’anno studiavamo in collegio e ci vedevamo solo la
domenica. Quando però arrivavano le vacanze, estive e di Natale,
andavamo nella nostra casa di Oriente ed era una festa. Fidel amava
stare in spiaggia, ballare, giocare a calcio, e noi facevamo il tifo.
Quando avevo otto anni mi insegnò a nuotare».
Cosa lo ha cambiato?
«Il destino, la vita, la passione politica».
Perché lei all’inizio aveva appoggiato la rivoluzione?
«Era giusta. Cuba viveva sotto una dittatura opprimente, e la gente soffriva. Fidel prometteva democrazia e pane per tutti».
Perché poi lo ha abbandonato?
«Una
cosa era la rivoluzione; un’altra il regime instaurato dopo. Fidel non
ha mantenuto le promesse. In parte lo ha fatto, ma il prezzo da pagare è
stato troppo alto. Ho rotto con lui quando è diventato comunista e si è
alleato con Mosca. Credo lo abbia fatto solo perché pensava che l’Urss
lo avrebbe aiutato a durare, e ha avuto ragione, perché così è rimasto
al potere mezzo secolo. Però è stata una scelta sbagliata sul piano
etico, e anche pratico. Ha compromesso il futuro di Cuba, obbligando due
milioni di persone ad abbandonare il Paese».
Perché anche lei decise di scappare?
«Avevo
combattuto per la democrazia, non questo regime opprimente. Non l’ho
mai accettato. Collaborai con la Cia per tre anni, aiutavo i dissidenti a
fuggire, ma poi dovetti scappare anche io».
Cosa succederà adesso?
«Dobbiamo
voltare pagina e pensare al futuro. Basta distruggerci a vicenda,
dobbiamo perdonare. Serve un governo che indichi un cammino comune,
senza più odio, persecuzioni, tragedie, esodi. Tutto si può fare, dopo
l’apertura compiuta dal presidente Obama».
Il presidente eletto Trump però minaccia di cancellare l’accordo.
«Obama
è stato un grande statista, ha capito che l’embargo aiutava solo il
regime a perpetuarsi. Io ero con Hillary, e sono dispiaciuta che abbia
vinto questa persona ripugnante e detestabile. Quando parla di Cuba non
sa cosa dice: il ristabilimento delle relazioni indebolisce il regime,
non lo rafforza, e apre una prospettiva di pace e democrazia. Spero solo
che Trump lo capisca e non faccia il pazzo».
Il presidente è suo fratello Raúl: dove porterà il Paese?
«Governa
da dieci anni, mi pare abbia fatto capire la direzione che intende
seguire. I cambiamenti sono stati lenti, ma anche concreti e positivi».
Dicono che voglia lasciare il potere a suo nipote Alejandro.
«Lo
so, ma non ci credo. Raúl non condivide le dinastie famigliari, e non
penso che voglia scaricare questa patata bollente sul figlio».
Permetterà di tenere elezioni libere?
«Lo spero, e lo invito a consentire al popolo di scegliere il prossimo governo. Penso che lo farà».
La morte di Fidel libera Raúl sulla via delle riforme, o lo frena?
«Raúl
è una persona diversa da Fidel. Non possiamo dire che a Cuba ci sia la
libertà, sarebbe una menzogna. I mutamenti degli ultimi dieci anni,
però, sono frutto della sua volontà».
Perché non andrà al funerale di Fidel?
«Ho subito un intervento al piede, e poi non è necessaria la presenza per sentire la pena della perdita di un fratello».
Tornerà a Cuba?
«Non ho piani per farlo. Vivo in esilio da 51 anni, morirò qui».