lunedì 28 novembre 2016

La Stampa 28.11.16
Referendum, la partita degli elettori in bilico
di Marcello Sorgi

Chi ha seguito ieri in tv Renzi e Berlusconi, apparsi in rapida successione nel salotto di Barbara D’Urso, avrà certo notato lo strano paradosso emerso a sorpresa dallo studio di Canale 5. Il vero Berlusconi, infatti, era Renzi: con il talento istrionico che tutti gli riconoscono, il presidente del Consiglio s’è rivolto agli elettori di Forza Italia citando le previsioni, puntualmente avveratesi, dell’ex Cavaliere, quando giusto dieci anni fa difendeva le sue riforme, somiglianti, e in parte sovrapponibili a quelle in discussione oggi, e ammoniva il popolo del centrodestra del rischio che, se bocciate, non avrebbero rivisto la luce prima di un decennio. È esattamente questo il tempo trascorso tra la campagna referendaria del 2006, che portò alla sconfitta della Costituzione riformata dal centrodestra, e quella attuale, giunta ormai alle soglie del verdetto popolare, previsto tra una settimana, sui cambiamenti costituzionali renziani.
Con i voti del centrosinistra - tra l’altro non tutti, dato che la minoranza Pd continua a far propaganda per il «No» -, e con il solo aiuto degli alleati centristi, Renzi sa di non potercela fare.
Ha bisogno di spostare dalla parte del «Sì» almeno una parte degli elettori forzisti. Ecco perché s’è calato nei panni di Berlusconi al punto da far sembrare l’imitazione perfino più forte dell’originale, specie quando ha concluso improvvisandosi conduttore della rete ammiraglia Mediaset, e annunciando il cantante Gigi D’Alessio che di lì a poco avrebbe preso la scena. Quanto a Berlusconi, s’è presentato con un inaspettato tono sommesso, e dopo aver detto qualche giorno fa che Renzi è attualmente l’unico leader esistente sulla piazza, a tratti, parlando di seguito al premier, sembrava quasi chiedere scusa del suo essersi schierato con il «No», e non finiva di promettere, quale che sia il risultato del 4 dicembre, di esser pronto a sedersi a un tavolo con il governo per dare una mano a cambiare la legge elettorale.
La caccia agli indecisi - che Renzi ieri ha cercato platealmente di attirare, e Berlusconi svogliatamente di trattenere - sarà dunque il motivo prevalente degli ultimi giorni di campagna. Al momento in cui la pubblicazione dei sondaggi è stata sospesa ce n’erano almeno un quarto, vale a dire da dodici a quindici milioni di cittadini, incerti tra «Sì» e «No» e tra l’andare o meno a votare. Un numero in grado di capovolgere qualsiasi previsione della vigilia e di determinare una sorpresa finale nelle urne di domenica prossima. Ma non sarà facile trovare gli argomenti giusti per convincerli: gli astensionisti, o gli indecisi, sono per lo più elettori esausti, che non credono più alle parole della politica e dei politici, e che una campagna referendaria così lunga, ripetitiva e rissosa difficilmente può aver scosso dalla propria indifferenza.
Non a caso negli ultimi giorni il contenuto delle riforme è destinato a scemare negli appello al voto dei due fronti, del «Sì» e del «No». La partita finale sarà tra chi non vuol perdere l’occasione, fornita dal referendum, di mandare a casa Renzi, e chi invece comincia a chiedersi, giorno dopo giorno, se sia davvero un buon affare provocare una crisi di governo su una scelta così delicata come la riforma della Costituzione.