sabato 26 novembre 2016

La Stampa 26.11.16
“È il preludio della sconfitta del premier. Con il No addio al progetto centralista”
Zaia, governatore del Veneto: la mia sanità funziona, la sua scuola no
intervista di Francesco Spini

«La riforma Madia è sostanzialmente un preludio del nuovo impianto della Costituzione, su cui verte il referendum. La Consulta dice che non va bene e, di fatto, boccia indirettamente la visione centralista di tutto il progetto renziano». Luca Zaia, il governatore leghista del Veneto che, con il suo ricorso, ha dato una spallata alla riforma della pubblica amministrazione, si gode la vittoria.
Non le chiedo nemmeno se è soddisfatto...
«Senta, guido la regione con la sanità più virtuosa d’Italia, lo dice il governo. Eroghiamo 80 milioni di prestazioni, apriamo gli ospedali di notte, abbiamo un bilancio in attivo della sanità quando altre regioni aprono delle voragini e addirittura esportano anche gli ammalati. E mi sento dire dal governo con la Madia che i dirigenti della sanità me li devono scegliere loro! Le pare possibile?».
Così ha scatenato la Consulta. Si aspettava una decisione così?
«Ero convinto che la Corte, che è lì a difendere la Costituzione, non potesse accettare una cosa del genere: non mi puoi dire di guidare un’automobile e nel contempo mi bendi e mi leghi le mani dietro la schiena. A quel punto guidatela da solo, la macchina. Al contrario del nostro modello federalista, simile alla Germania, quello di Renzi è centralista, come in Grecia. La verità è che il premier teorizza l’equa distribuzione del malessere».
Renzi in realtà dice che la sentenza è la dimostrazione che il Paese è bloccato. Cosa risponde?
«Peccato che la mia sanità funzioni, la sua scuola no. Lui ha avuto solo una sfiga, ossia che il ricorso glielo ha fatto una regione dove la sanità funziona. Se l’avessa fatta una regione sgangherata, avrebbero potuto dire: non siete in grado di curare i cittadini, mi rompete le scatole per i dirigenti? E invece no».
Ma con questa sentenza anche le regioni meno virtuose potranno continuare a scegliersi i dirigenti, non pensa?
«La soluzione c’è: se Renzi applicasse i costi standard, avrebbe già in molte regioni i piani di rientro e potrebbe mandare i commissari a gestire la sanità di quelle regioni. Ma per fare pulizia bisogna far tirare la cinghia. Invece nella riforma costituzionale alcune regioni che sono in questa situazione vengono blindate e non si toccano più».
A cosa si riferisce?
«Forse qualcuno non se ne è accorto, ma siamo chiamati a votare una Costituzione in cui si chiede alle regioni a statuto ordinario di essere virtuose e a quelle a statuto speciale no. Il Veneto ha 400 forestali, la Sicilia ne ha 22 mila. Ma loro sono intoccabili».
Lei se la prende col centralismo, ma anche il federalismo, per anni bandiera della Lega, è fallito, non crede?
«Quando siamo andati via dal governo abbiamo lasciato i costi standard e 6 decreti attuativi del federalismo. Renzi non è riuscito ad applicare nulla. Finiamola piuttosto con la sceneggiata del Senato: con 315 senatori costa 540 milioni all’anno, con 100 ne costerà 500. Perché fosse una cosa seria il Senato andava chiuso, altro che».