venerdì 25 novembre 2016

La Stampa 25.11.16
La City e le conseguenze del referendum italiano
di Marcello Sorgi

Dopo i due maggiori quotidiani finanziari, Financial Times e il Wall Street Journal, che per aver ammonito dai rischi di una sconfitta di Renzi nel referendum del 4 dicembre erano stati frettolosamente arruolati nel fronte del “Si”, arriva un “No” grande come una casa dall’Economist. Il prestigioso settimanale britannico, non nuovo a giudizi severi sull’Italia (memorabile è rimasta la copertina su Berlusconi, definito “incapace” di governare), scrive senza mezzi termini che gli italiani farebbero meglio a votare contro la riforma costituzionale, perché è sbagliata e non affronta i veri problemi che il Paese dovrebbe risolvere, e perché Renzi avrebbe fatto male a “ricattare” gli elettori e a scegliere il referendum come test per il suo governo.
Gli argomenti usati dall’Economist sono esattamente quelli del fronte del “No”, e Marco Travaglio, direttore del “Fatto quotidiano”, che si batte per la bocciatura della riforma, ha potuto divertirsi, in serata a “Otto e mezzo”, a dire che il settimanale sembra aver tradotto in inglese gli editoriali del suo giornale. Che tuttavia finora non s’è spinto, come invece ha fatto il settimanale inglese, a suggerire il ritorno di un governo tecnico, dato che “le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono”. E quanto alla possibilità che la vittoria del “No” inneschi un processo di disfacimento del sistema dell’euro, l’Economist ne ricaverebbe la conferma che si tratta di una moneta debole, votata prima o poi alla “distruzione”. Un atteggiamento che riflette il vento nuovo della Brexit che soffia ancora forte in Gran Bretagna.
Che invece le conseguenze del referendum sui mercati non siano prevedibili, ma abbiano fatto salire una tensione che ha portato in su lo spread dei nostri titoli pubblici, lo ha confermato il vicepresidente della Banca centrale europea Vitor Costancio, assicurando che la Bce si tiene pronta a intervenire nel caso in cui i risultati delle urne del 4 dicembre dovessero accentuare l’instabilità finanziaria. Il differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi ieri ha toccato i 185 punti, assestandosi poi sui 179, a livelli che non si vedevano dal 2014. Forse anche per queste ragioni Renzi, che aveva ricevuto mercoledì dal Presidente della Repubblica un invito a raffreddare la temperatura della campagna referendaria ormai sfuggita a qualsiasi controllo, ha fatto suo l’appello ad abbassare i toni. Anche se, per come ormai si sono messe le cose, non è affatto detto che una simile raccomandazione sortirà effetti nei giorni che ci separano dal voto.