La Stampa 22.11.16
La scienza che rincorre il mito
Così gli atenei cercano l’elisir d’eterna giovinezza
Una
maxi-iniziativa coordinata dall’Università di Torino per cercare di
combattere l’invecchiamento: coinvolti oltre 800 studiosi di tutta
Italia e 29 atenei che hanno raccolto 282 progetti riuniti in una
piattaforma.
di Eugenia Tognotti
Il sogno di
prolungare la giovinezza e di cancellare la vecchiaia - che domina la
nostra contemporaneità - non è certo figlio dei trionfi della scienza
del nostro tempo che ha portato alla luce i segreti della senescenza
delle cellule.
Quell’antica aspirazione ha accompagnato il cammino
dell’umanità, in tutte le epoche e nelle diverse culture. La storia
della Medicina trabocca di «ricette» - dalle radici di alcune piante ai
testicoli di toro e di altri animali - a cui si faceva ricorso per
allontanare lo spettro della vecchiaia e conservare il vigore della
giovinezza. Il mito dell’eterna giovinezza attraversa i secoli e passa
di civiltà in civiltà.
Nella mitologia classica e medievale
occupava un posto speciale la Fonte della giovinezza, le cui sorgenti,
secondo la teoria dominante, si trovavano nel giardino dell’Eden: alle
sue acque era legato il potere di guarire dalla malattia e di
ringiovanire chi vi si fosse bagnato. Nel mondo medievale si guarda agli
alchimisti e al tentativo di individuare la sostanza solida detta
«Pietra Filosofale» a cui venivano attribuite, oltre alla straordinaria
proprietà di produrre l’oro, quell’«elisir di lunga vita» avente la
proprietà di fermare la decomposizione delle materie organiche o di
rinnovarle per dare all’uomo l’eterna giovinezza.
All’alba
dell’età moderna, dopo la scoperta delle Americhe, il mito si
rinverdisce: dove, se non in quel mondo tutto nuovo, pieno di ricchezze e
luoghi inesplorati, poteva trovarsi la sorgente che prometteva di
rompere le barriere biologiche e di assicurare una giovinezza al riparo
dalla «curva falce del tempo»? Un esploratore, Don Juan Ponce De Leon,
che aveva accompagnato Cristoforo Colombo nel suo viaggio, ci perde la
vita nell’affannosa ricerca, durata dieci anni, dell’acqua di quella
fonte, che secondo gli indigeni si trovava in Florida e consentiva di
restare giovani per sempre. L’inseguimento dell’eterna giovinezza ha
segnato nel profondo l’immaginario occidentale: la rivoluzione
scientifica apre la strada alla speranza cartesiana di un «medico
meccanico», capace di recuperare i congegni «rotti» del corpo,
sostituirne i pezzi e ritardare l’usura e l’invecchiamento del corpo. La
febbrile ricerca dell’immortalità e di una giovinezza senza tempo non
conosce soste. E ispira, anche, nel Settecento, qualche scritto
satirico. In un divertente saggio medico-filosofico (1742), «Ermippo
redivivo ossia il metodo di prolungar la vita e il vigore», l’autore, un
medico tedesco, Johann Heinrich Cohausen, si prende gioco delle teorie
degli iatrochimici, delle loro teorie e degli antichi metodi usati per
riattivare le forze vitali in età avanzata. Ma nella traduzione
italiana, dedicato al conte Camillo Capponi, ciambellano del granduca di
Toscana, non manca l’esortazione a continuare la ricerca per combattere
strenuamente «la vecchiezza» essendo questa «l’unica malattia a cui
siamo soggetti per natura e da cui è probabilissimo che gli uomini
possono coll’ajuto dell’arte più lungamente difendersi di quel che
comunemente non fa».