La Stampa 20.11.16
Hillary, gelida ancella del potere
nella sua storia le ragioni della sconfitta
di Alberto Simoni
«Ho
perso per colpa dell’Fbi», ha detto Hillary Clinton 48 ore dopo che il
sogno di varcare la soglia della Casa Bianca come primo presidente donna
era sfumato. Il suo staff è convinto di aver fatto tutto per bene: una
campagna elettorale milionaria e chiusa senza debiti, l’America battuta
palmo a palmo, tre dibattiti tv in cui l’ex First lady ha mostrato
competenza da leader.
Eppure dietro le quinte, ciò che i
clintoniani raccontano è quello che per metà degli americani è evidente
da tempo: Hillary ha tutto per essere presidente, ma non la capacità di
vincere. Le manca empatia ed è priva di spontaneità. Servirono ben
studiate lacrime davanti a tv ed elettrici in New Hampshire nel 2008 per
rimetterla in corsa dopo che Obama vinse i caucus dell’Iowa. Il dubbio
non è se mente, ma quanto. Danzare sul filo dell’incertezza in politica,
quando servono i voti per imporsi, di rado è la mossa migliore. Gennaro
Sangiuliano, vicedirettore del Tg 1, ha scritto Hillary: vita e potere
in una dynasty americana. L’immagine di una Hillary equilibrista (e a
caccia del successo) è il filo conduttore. Basterebbe ricordare che da
giovane faceva campagna per Barry Goldwater; lui perse con Johnson, ma
le sue idee conservatrici trionfarono con Reagan nel 1980.
Poi al
college, sotto l’effetto Vietnam Hillary divenne democratica. Le
conversioni non sono un peccato, ma lasciano qualche strascico.
Ripassando con Sangiuliano la vita di Hillary emergono ben altri
comportamenti anomali, molti a indicare che a muoverla raramente è stata
la purezza degli intenti quanto uno spregiudicato calcolo politico. È
lei a spingere Bill a correre per due volte per governatore
dell’Arkansas; è lei a coltivare gli amici, influenti e potenti, che un
giorno entreranno con i «Billary» alla Casa Bianca; è lei, pacifista,
femminista, attivista per i diritti civili negli Anni 70, ad ammettere
nel 2015 «di sentirsi lontana dalla classe media».
Da First lady
disse che lei non era quel genere di moglie che sta a casa a fare torte.
Esultarono le femministe, la bollarono invece per sempre come «il
nemico» milioni di casalinghe per le quali il rito della «apple pie» è
sacro. La signora provò a correggersi. E fece ancora più danni. Oltre
che offensiva apparve bugiarda. Sono passati 20 anni. E almeno metà
America la ricorda così. Basta per capire perché ha scelto Trump.