Corriere 20.11.16
Vali Nasr, a Washington dirige la Scuola di affari internazionali della Johns Hopkins University
«Nel nuovo governo tanta islamofobia Sarà difficile agire in Medio Oriente»
intervista di Massimo Gaggi
NEW
YORK «Questo non è semplicemente un governo che sposta molto a destra
l’asse della politica Usa. Anche George Bush, 15 anni fa, fece una cosa
simile. Ma lui si affidò a falchi competenti, da Cheney a Rumsfeld. E,
nonostante il trauma degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001,
capì che non avrebbe potuto tessere alleanze coi Paesi arabi del Golfo
attaccando la cultura e la religione islamica. Oggi, invece, vedo non
solo radicalizzazione, ma anche improvvisazione, istanze contraddittorie
che disorientano. E tanta “islamofobia”: sarà ancor più difficile, per
un’America già in difficoltà, fare politica estera in Medio Oriente».
Vali
Nasr, il politologo che a Washington dirige la Scuola di affari
internazionali della Johns Hopkins University, è preoccupato,
addirittura spaventato, dalle prime mosse presidenziali di Trump.
I musulmani vedono materializzarsi il timore di una presidenza ostile all’Islam.
«Certo,
e non è solo questo. A spaventare è la combinazione di vari fattori: la
scarsa competenza del nuovo presidente in politica estera, certo. In
genere chi si trova in una condizione simile colma le lacune affidandosi
a professionisti affermati. Trump, invece, fin qui ha puntato su
personaggi che non solo hanno visioni estreme, ma sono di basso livello e
sostengono tesi contraddittorie. Vogliono trasformare il duro confronto
con la Russia in dialogo amichevole e, magari, anche alleanza col
Cremlino. Ma poi vogliono cancellare l’accordo nucleare con l’Iran,
demonizzano il regime degli ayatollah, oggi grande alleato di Mosca».
L’America di Trump sarà isolazionista?
«Potrebbe
ridimensionare alcuni aspetti del suo impegno militare all’estero, ma
chi può dire con certezza cosa verrà fuori da questa miscela di
populismo che accarezza l’America stanca di guerre, accompagnato dalla
nomina di falchi interventisti? Quali certezze offre la nuova
amministrazione alle capitali arabe?».
Meno impegni Usa nel mondo, ma il leader israeliano Netanyahu gioisce per l’elezione di Trump. Perché?
«Obama
aveva una visione del mondo. Questo era un problema per Netanyahu,
anche perché le idee del presidente democratico non coincidevano con le
sue. Trump si sta circondando di ideologi rivoluzionari, ma una visione
del mondo lui non ce l’ha. Questa è una grande opportunità per Israele:
la mancanza d’esperienza della nuova leadership Usa apre spazi di
manipolazione. Del resto c’è il precedente di George Bush che, poco
esperto di cose mediorientali, venne preso per mano da Ariel Sharon».
Quali conseguenze avrà tutto questo? Crescerà l’influenza russa in Medio Oriente?
«Putin
accoglie a braccia aperte Trump per gli stessi motivi di Netanyahu: la
sua inesperienza è una chance in più per il Cremlino. Cercherà di
strappare la fine delle sanzioni, il riconoscimento del fatto compiuto
in Ucraina. In Medio Oriente usa il rapporto con l’Iran sciita per
puntellare Assad, ma riesce al tempo stesso a dialogare anche con i
Paesi arabi sunniti, approfittando del vuoto lasciato dagli Usa. Che non
verrà certo colmato criminalizzando lingua e cultura islamica».
Trump potrebbe davvero cancellare l’accordo nucleare con l’Iran?
«Non
può spazzare via un accordo negoziato e siglato da varie potenze, oltre
che dagli Stati Uniti. Ma ne può ridimensionare di molto la portata.
Può svuotarne, ad esempio, la parte economica e farlo morire di una
morte lenta. L’america di Trump sarà, comunque, molto più dura con
Teheran. Ora finalmente, davanti alla svolta americana, vedremo cosa
sanno fare Cina, Russia e Unione Europea, gli altri promotori di
quell’intesa».