La Stampa 1.11.16
“Effetto Fbi”, la rimonta di Donald
Il
repubblicano recupera dopo la nuova indagine dei federali sulle email di
Hillary Secondo i sondaggi Trump sarebbe avanti di 4 punti in Florida,
uno degli Stati chiave
di Francesco Semprini
Dagli
addetti ai lavori è stato già soprannominato «effetto Fbi», in gergo il
colpo di scena con cui sembrano essere state mutate le dinamiche di
queste elezioni presidenziali. Perché l’avvio di una nuova indagine da
parte dei federali sul controverso utilizzo della posta elettronica da
parte di Hillary Clinton durante le sue funzioni di segretario di Stato
(e da parte del suo entourage) si legge chiaro nei numeri dei
rilevamenti demoscopici.
Come quello diffuso ieri da
Politico/Morning Consult, ed effettuato nel fine settimana dopo le
rivelazioni del capo dell’Fbi James Comey, che conferma il testa a testa
tra Hillary Clinton e Donald Trump a 8 giorni dal voto per la Casa
Bianca. La candidata democratica in un corsa a due mantiene un lieve
vantaggio di tre punti col 46% delle preferenze, contro il 43%
dell’avversario. Clinton è avanti di 3 punti (46 a 43) anche nella corsa
a 4, col candidato libertario Gary Johnson al 7% e la candidata verde
Jill Stein al 5%. C’è poi quello di domenica di Abc/Washington Post che
vede il tycoon newyorchese incalzare la rivale democratica a un solo
punto di distacco, 45% a 46%.
Ciò che però impensierisce di più lo
staff della ex First lady è il sondaggio sulla Florida diffuso domenica
mattina dal New York Times, stato cruciale per la conquista della Casa
Bianca che attribuisce a Trump un vantaggio di 4 punti. A ridimensionare
le distanze è il rilevamento Nbc-Wall street Journal di ieri, sempre
sul «Sunshine state» che parla di un sostanziale testa a testa. Il punto
è che emerge una veloce ripresa del candidato del Grand Old Party in
uno Stato «indeciso» per antonomasia, e probabilmente non solo in esso.
Negli altri «swing state» come il Colorado e il Nevada il «voto
anticipato» potrebbe aver dato una mano alla candidata democratica, dal
momento che a esprimere la loro preferenza sono stati soprattutto gli
aventi diritto iscritti alle liste del partito democratico.
E il
fatto che abbiano votato prima della nuova inchiesta dell’Fbi mette
Hillary al riparo da eventuali ripensamenti dell’ultimo minuto. Sono
sino a oggi 21 milioni gli americani che si sono già espressi, ma le
loro preferenze saranno conteggiato assieme a quelle dell’Election day
solo l’8 novembre. Tuttavia come dicevamo si tratta per lo più di
elettori Dem, anche se in alcune realtà si iniziano a registrare
defezioni. Come in Carolina del nord, dove il voto anticipato degli
afro-americani (e quindi tendenzialmente visino all’Asinello) è stato
ben inferiore a quello del 2012.
Ci sono poi altri Stati chiave
come Pennsylvania e Ohio, tendenzialmente democratici ma dove la
retorica di Trump ha trovato terreno fertile tra le tute blu
dell’industria pesante colpita da una crisi imputata agli accordi di
libero scambio e alle accondiscendenti politiche global di Washington.
Insomma il momento è senza dubbio di Donald, il quale con il suo
consueto fare irriverente ringrazia: «Grazie Huma! Grazie Huma! Ben
fatto Huma! Ben fatto Anthony Weiner!», dice il tycoon facendo
riferimento alla collaboratrice della Clinton, Huma Abedin, e al marito
attorno ai quali ruota la riapertura dell’inchiesta sull’«emailgate».
Hillary da parte sua si difende mostrando toni sprezzanti, ma che
tradiscono timori profondi: «Il caso non c’è, guardino le mail, com’è
giusto che sia, ma la gran parte delle persone su questa vicenda si è
fatta un’idea tempo fa. Ciò che interessa è eleggere il prossimo
presidente degli Stati Uniti».