martedì 1 novembre 2016

Corriere 1.11.16
America, è scontro fra il governo e l’Fbi per l’inchiesta sulle nuove email di Clinton
I federali informarono in ritardo il capo Comey. Indagini anche sui rapporti tra Putin e l’uomo di fiducia di Trump
di Massimo Gaggi

NEW YORK Dopo aver espresso il suo disappunto per la decisione di James Comey di ufficializzare la notizia della riapertura dell’inchiesta sull’«Emailgate» di Hillary Clinton a pochi giorni dal voto, adesso il ministero della Giustizia fa sapere, in una lettera al Congresso, che marcherà stretto l’Fbi spingendolo a esaminare le email di Anthony Weiner a tempo di record e a informare l’opinione pubblica al più presto: possibilmente prima delle elezioni dell’8 novembre. È muro contro muro con l’Fbi che ufficialmente tace, ma fa sapere che è difficile farcela in pochi giorni. Intanto, però, in una sorta di reazione cerchiobottista, i federali fanno trapelare di aver aperto un’indagine preliminare anche sull’ex capo della campagna di Trump, Paul Manafort, e i suoi rapporti con la Russia.
Un conflitto, quello tra l’Fbi e il governo Obama, che non è recente. Si scopre ora che andava avanti da quasi un anno, con divisioni anche all’interno dello stesso Federal Bureau sulle indagini relative alle attività della Clinton Foundation, la fondazione filantropica di Bill Clinton. Il primo scontro nel febbraio scorso. Allora prevalse la linea del «Justice Department»: vicenda archiviata. Ora la riapertura del caso-email ha, quindi, anche il sapore di una rivincita dell’Fbi. Con un aspetto che suscita qualche perplessità: quando, a procedimento sulle email della Clinton ormai chiuso, è emerso il fatto nuovo — l’indagine su Anthony Weiner che ha portato allo scoperta, nel suo pc, di migliaia di messaggi forse collegati all'attività dell’ex Segretario di Stato che aveva sua moglie, Huma, come principale collaboratrice — i «detective» hanno aspettato settimane prima di informare il loro capo, James Comey.
Congiura di investigatori di fede trumpiana? Probabilmente no: come nei film polizieschi, c’è l’agente che lavora in strada, curioso e coraggioso. Scopre, intuisce, attacca il potente che ha commesso reati. E spesso si scontra con un capo che lo frena. Per prudenza politica, perché è corrotto o semplicemente perché vuole raccogliere più elementi.
Solo che stavolta c’è di mezzo la Casa Bianca, non il destino di un malvivente che condiziona sindaci e sceriffi. E nel ruolo di protagonista non c’è solo James Comey, l’ex viceministro della Giustizia di Bush, il repubblicano stimato e considerato «super partes» da Obama che nel 2013 scelse lui per la guida dell’Fbi. Dopo gli attacchi dei repubblicani che gli dettero del traditore quando chiuse l’inchiesta sulle email senza incriminare Hillary, ora Comey subisce le pesanti pressioni di democratici come Harry Reid, che lo accusa di aver compiuto un atto illegale riaprendo l’inchiesta alla vigilia del voto.
Ma un ruolo di rilievo l’ha avuto anche il «numero 2» dell’Fbi, Andrew McCabe. Lui ha saputo fin dall’inizio di ottobre che gli investigatori avevano trovato qualcosa di sospetto nel computer di Weiner. Ma serviva tempo per approfondire, per non farsi smontare il caso come a febbraio. I «detective» allora sostennero di aver trovato casi di corruzione nella «Clinton Foundation». McCabe frenò e per questo si espose al sospetto di essere condizionato: nel 2015 sua moglie Jill ricevette dal governatore della Virginia, Terry McAuliffe, ex capo del partito democratico, vecchio amico dei Clinton e membro della loro fondazione, quasi mezzo milione di dollari per la sua campagna elettorale per un seggio al Senato dello Stato di New York.
Nulla di illegale (Jill, poi, fu sconfitta), ma un caso che ha fatto discutere. Secondo il «Wall Street Journal» ci furono pressioni democratiche su McCabe che, però, dette via libera all’inchiesta. Fino al confronto di febbraio, quando gli agenti Fbi presentarono al ministero gli indizi di corruzione alla Clinton Foundation: insufficienti per i funzionari del governo. L’Fbi archiviò sulla Fondazione e qualche mese dopo Comey chiuse anche l’indagine sulle email. Riaperta ora, mentre le rivelazione di WikiLeaks sulle attività non sempre filantropiche dell’organizzazione di Bill fanno pensare a un’archiviazione troppo frettolosa.