martedì 1 novembre 2016

La Stampa 1.11.16
Il repubblicano piace anche ai Millennials
Sempre più scettici e delusi dalla politica
Solo il 54% segue con interesse le elezioni presidenziali
di F.Sem.

Sarà l’effetto della nuova inchiesta sulle email di Hillary Clinton, ma Donald Trump sembra recuperare consensi anche tra i Millennials, ovvero la fascia di elettori sino a oggi a lui più ostile. I sondaggi parlano chiaro, il sostegno degli americani tra i 18 e 35 anni nei confronti della democratica si è assottigliato del 6%. Hillary è comunque di gran lunga la preferita tra gli elettori più giovani, ma l’indagine dell’Fbi e la diffusione di informazioni riservate da parte di Wikileaks sulle simpatie tra la ex first lady e le banche d’affari hanno rilanciato il consenso del tycoon anche tra gli under 35. «Voto Trump perché è una persona che non deve nulla a nessuno - dice Patrick Self, 21 anni, studente e attivista della Pennsylvania -. Sono sicuro che farà ripartire l’industria mineraria del carbone in questa zona, riporterà posti di lavoro in America e riformerà la sanità. In un paio di anni i costi delle spese mediche si raddoppieranno per colpa dell’Obamacare, quella legge non funziona e va cancellata». Sono molti i ragazzi della Rust Belt, la regione dell’industria pesante Usa in crisi da decenni a pensarla come Patrick. «Siamo un bel po’, non ci piace Obama e tanto meno la Clinton, vogliamo un cambiamento in politica, e pensiamo che Trump sia la persona giusta, sarà un successo».
I Millennials o «Generazione Y» sono gli elettori nati dal 1981 in poi, studenti e professionisti con una spiccata empatia per con la comunicazione, i media e le tecnologie digitali. Mostrano segni di aumento della natalità tanto da essere definiti i nuovi «baby boomers», la generazione nata durante il boom economico. Oltre le grandi città prediligono realtà più a dimensione d’uomo, come Denver per i suoi costi contenuti, i redditi mediamente elevati e il suo Dna tecnologico. Nel 2008 votarono per Barack Obama, oggi però pur rimanendo attenti alla tematiche sociali appaiono politicamente scettici e distaccati delle logiche di palazzo. Ed è appunto questo l’elemento che emerge in maniera netta dalla partita per la Casa Bianca. Quando proprio da Denver partì l’avventura presidenziale di Obama con l’incoronazione alla convention democratica, i Millennials che seguivano la corsa per la Casa Bianca con passione erano il 74%, oggi la quota è drammaticamente scesa al 54%.
Alle primarie molti tra gli under 35 avevano trovato una punto di riferimento nel movimento anti-sistema del senatore socialdemocratico Bernie Sanders. Era il cosiddetto popolo sanderista, messo fuori gioco dal partito democratico per blindare la candidatura della Clinton. I più sono ora disposti a turarsi il naso e votare per Hillary pur di non vedere Trump. Altri non si preoccupano della dispersione del voto e inseguono la terza via, soprattutto quella del candidato libertario Gary Johnson, ma anche quella «verde» di Jill Stein.
«Queste elezioni sono uno spettacolo indegno, sembra tutta una commedia e questo è curioso perché dovrebbe trattarsi di una cosa seria: crea molte preoccupazione e incertezze su come andrà a finire - racconta Anna Kalish giovane direttore vendite di New York -. Non sono una fan di nessuno dei quattro candidati, repubblicani, democratici o chi sta in mezzo. Però sembra che dobbiamo decidere il meno diavolo tra tutti loro, e faremo così». Delusi, scettici e sempre più distaccati dalla politica di palazzo, per certi versi non immuni a spinte populistiche anti-sistema e anti-globalizzanti. Questa è la fotografia dei Millennials che emerge da Usa 2016, col rischio che chiunque sia il verdetto delle urne, l’8 novembre, il distacco tra i giovani americani e chi li governa diventi ancora più profondo e insanabile.