venerdì 18 novembre 2016

La Stampa 18.11.16
Trent’anni di misteri
La Svezia riapre il caso sull’omicidio Palme
Una nuova squadra per scoprire il killer del premier
di Monica Perosino

Sono passati 30 anni, otto mesi e 21 giorni da quando il padre della Svezia e della socialdemocrazia scandinava venne ucciso a colpi di pistola nei pressi di una fermata della metropolitana di Stoccolma.
Il premier Olof Palme era appena uscito dal cinema «Grand» con la moglie Lisbet quando, alle 23,21 del 28 febbraio 1986, qualcuno gli sparò due colpi alla schiena con una .357 magnum. Palme morì dissanguato sul marciapiede di Sveavagen 45.
Da allora l’omicidio dell’uomo che ha costruito il mito svedese del welfare e dell’uguaglianza rimane irrisolto, nonostante 10.000 interrogatori, 134 mitomani rei confessi, un colpevole - poi scagionato - e 250 metri di documenti e reperti del dossier Palme che riempiono un’intera stanza del Tribunale di Stoccolma. E ora la Svezia, che non ha mai superato lo choc dell’omicidio, ha deciso di riaprire l’inchiesta sull’assassinio del più carismatico dei suoi leader. Il procuratore capo di Stoccolma, Krister Petersson, sarà a capo della nuova indagine.
Il compito di Petersson si preannuncia molto più che difficile, ma di casi difficili ha già una certa esperienza: nel 2003 è stato lui ad indagare sull’assassinio della ministra degli Esteri svedese Anna Lindh, accoltellata in un centro commerciale nel 2003. Il 10 settembre di tredici anni fa, tre giorni prima del referendum sull’introduzione dell’euro in Svezia, fu accoltellata da Mijailo Mijailovic mentre faceva la spesa in un negozio di Stoccolma. Morì il giorno seguente all’ospedale di Solna. Mijailovic, condannato all’ergastolo, aveva detto che il movente era il supporto che Lindh diede alla campagna militare degli Usa contro la Serbia nel 1999.
Petersson era stato già protagonista del caso di John Ausonius, che negli Anni 90 sparò colpi di fucile contro 11 immigrati in 11 episodi distinti, utilizzando un mirino laser e guadagnando sì così il soprannome di «Laser man».
Il gruppo «O. P.»
L’uccisione del leader socialdemocratico ha continuato ha tenere la Svezia con il fiato sospeso per tre decenni, tra false piste, finte confessioni, una quantità esorbitante di saggi, romanzi, dibattiti televisivi sul più grande mistero della Svezia contemporanea. Ogni 28 febbraio la targa commemorativa nell’elegante Sveavagen si riempie di fiori, candele e messaggi. Da sempre le critiche sulle indagini di allora si concentrano contro la polizia - «impreparata e lenta», che la notte dell’omicidio non avrebbe neppure creato posti di blocco né blindato la scena del crimine. Due ministri, il capo della polizia e quello dell’Intelligence furono costretti a dimettersi.
Dal prossimo febbraio il mistero nazionale peserà sulle spalle del procuratore generale Petersson, che ha passato gli ultimi due giorni in una blindatissima riunione del «Gruppo Olof Palme» nel castello cinquecentesco di Lejondals, a Nord di Stoccolma. Una riunione tattica. «Sono onorato dell’incarico - ha detto Pettersson -. Ci metterò tutta l’esperienza e l’energia possibili». Di energia dovrà averne molta anche solo per studiare le centinaia di faldoni sul caso. Il procuratore, che per coincidenza condivide un nome quasi identico con l’uomo accusato dell’omicidio nel 1989 - Christer Pettersson, piccolo criminale e tossicodipendente poi prosciolto (e morto nel 2004): «Tutto il gruppo investigativo è spinto dalle medesime aspirazioni e sostenuto da una forte determinazione. E chissà che non riusciremo a risolvere il caso...».