La Stampa 18.11.16
Il poliziotto-Fregoli che risolveva troppi casi
Quando
le sue indagini si fecero scottanti, Giuseppe Dosi fu spedito in
manicomio dai fascisti. Salvò dal fuoco l’archivio romano della Gestapo
che ora va, in parte, online
di Mirella Serri
Il
sole è appena sorto in via Tasso quando il 4 giugno 1944 dal tetro
stabile che tutti i romani ben conoscono come luogo di orrori e di
torture per antifascisti ed ebrei si sprigiona un denso fumo: un
funzionario di polizia, Giuseppe Dosi, che si fa notare per il fisico
robusto e prestante, incurante del pericolo irrompe nell’edificio e
recupera i documenti.
Il rogo dei faldoni
Le truppe a stelle
strisce del generale Mark Wayne Clark stanno entrando trionfalmente
nella capitale e gli uomini delle SS e la Gestapo agli ordini del
comandante Herbert Kappler sono fuggiti. Hanno provato a trasformare in
cenere le carte che Dosi, facendosi largo tra la folla in procinto di
dare l’assalto al carcere, riesce a sottrarre alla distruzione. Sono
rapporti bruciacchiati sull’occupazione nazista della capitale, nomi di
collaborazionisti, verbali d’interrogatori e tante schede segnaletiche
di noti oppositori come don Pietro Pappagallo, don Giuseppe Morosini,
Sandro Pertini, Giuseppe Saragat e Giuseppe Cordero Lanza di
Montezemolo.
Tutta una serie di faldoni preziosi che, dopo essere
stati custoditi per anni in casa del funzionario di polizia, sono stati
donati al Museo storico della Liberazione di Roma, con sede proprio in
via Tasso. A partire da mercoledì prossimo i documenti, molti dei quali
fino a oggi inediti, potranno essere consultati sulla piattaforma web
DIGILiberazione (a cui ha dato vita Alessia Glielmi, responsabile degli
archivi del Museo). Adesso anche Raistoria dedica la sua attenzione a
Dosi, poliziotto scomodo e quasi sconosciuto, e ne ricostruisce
l’incredibile avventura giudiziaria nel bel documentario che andrà in
onda martedì 29 novembre alle 22 e 10 (a cura di Massimiliano Griner,
regia di Claudia Mencarelli).
Dosi, che cumulerà 43 anni di
servizio e oltre 30 mila pratiche evase e che nel dopoguerra sarà tra i
padri fondatori dell’Interpol, l’organizzazione internazionale della
polizia criminale, fu chiuso in manicomio per aver pestato i piedi a
gerarchi e superiori in epoca fascista. Non evitò questa sorte anche se
era stato il risolutore dei più grandi casi giudiziari del tempo. Il suo
primo, clamoroso successo il poliziotto lo conseguì quando riuscì a
chiarire un inspiegabile «incidente» che provocò seri guai fisici a
Gabriele D’Annunzio. Il Vate nel 1922 era piombato giù dal balcone della
sua dimora di Gardone Riviera. Circolava insistente la voce che il
mandante di quello scivolone che aveva provvisoriamente tolto dalla
scena politica l’unico personaggio in grado di insidiare la leadership
del fascismo fosse stato proprio Mussolini.
L’enigma di D’Annunzio
Ma
uno strano pittore claudicante, esule cecoslovacco, dal nome
impronunciabile, Karèl Kratòkwill, riuscirà a farsi ospitare nella
magione di D’Annunzio e a individuare l’autore di quel gesto
sconsiderato. Dosi - era lui, il misterioso ceco, sotto mentite spoglie -
chiarirà che all’origine della disgrazia era stata non la passione
politica ma quella d’amore: la pianista Luisa Bàccara, amante del Vate,
lo aveva defenestrato per gelosia nei confronti della sorella. Per
evitare complicazioni fastidiose si deciderà di mettere tutto a tacere.
Il
funzionario di polizia aveva esordito come attore al teatro Argentina
di Roma ed era un geniale e un po’ folle esperto di travestimenti: ne
praticava circa 17 e lo troviamo nel pieno esercizio delle sue funzioni
nei panni di un libanese, di un emiro, di un bolscevico, di una dama
dell’alta società e tanti altri. Un altro dei celebri intrighi su cui
riuscì a far chiarezza fu lo stupro e l’assassinio, avvenuto nella
capitale tra 1924 e il 1928, di quattro bambine. La polizia, desiderosa
di individuare subito una vittima sacrificale, mise in ceppi il
fotografo Gino Girolimoni, amante delle macchine di lusso e delle belle
donne. Dosi era stato spedito a Capri dai suoi superiori per indagare su
cenacoli e incontri omosessuali non graditi al regime.
Girolimoni scagionato
Venne
a conoscenza dell’arresto del reverendo anglicano settantunenne Ralph
Lyonel Brydges per le molestie nei confronti di una piccola isolana.
Tramite minuziose indagini, raccolse le prove che il vero responsabile
dei delitti era il pedofilo padre Brydges. Con il suo desiderio di far
luce sulla verità si scontrò con gli alti papaveri in camicia nera, per
nulla desiderosi di processare il reverendo. Quest’ultimo, dopo essere
stato arrestato fu lasciato libero di espatriare. Dosi insomma era un
cavallo di razza che non si poteva imbrigliare: per la sua ostinazione
nelle indagini fu ritenuto un elemento estremamente pericoloso. Fu
rinchiuso prima a Regina Coeli e poi in manicomio criminale a Santa
Maria della Pietà.
Dopoguerra
Verrà rilasciato dopo 17 mesi
trascorsi a pane e acqua tra le docce gelate e la camicia di forza. Le
carte salvate a via Tasso serviranno così anche alla sua riabilitazione:
le cederà in parte al controspionaggio americano per essere riammesso
nei ranghi della polizia dove porterà a termine altre investigazioni
molto importanti, come la tratta delle bianche assai consistente nel
dopoguerra. Ma quei documenti dagli orli ingialliti cambiarono anche il
corso della storia: si riveleranno le pietre miliari che inchioderanno
Kappler e anche Eichmann nei processi del dopoguerra e saranno
fondamentali per la condanna dei criminali nazisti.