La Stampa 17.11.16
“Se fallisce il piano per Mps unica alternativa è il bail-in”
L’autorità europea di risoluzione: noi già pronti per ogni evenienza
di Gianluca Paolucci
Quello
di Mps è un piano «molto impegnativo» le cui possibili alternativi
passano tutte dal bail-in. Ovvero, la «tosatura di azionisti,
obbligazionisti subordinati e, se non dovesse bastare, titolari di bond
senior. A parlare è Elke Koenig, a capo del Single Resolution Board
(Srb). Ovvero, l’autorità europea che il potere di decidere la
risoluzione di una banca.
«Stanno lavorando a una soluzione
privata» ha detto la Koenig in una intervista a Reuters. Un piano che
prevede lo scambio di bond in azioni, aumento di capitale da 5 miliardi e
scorporo delle sofferenze per 27,7 miliardi di euro. Tutti pezzi che
devono andare a posto per il successo dell’operazione. Un piano «molto
impegnativo», appunto. «Altrimenti ci sono diverse strade e modalità, ma
normalmente non possono prescindere dal bail-in», ha spiegato la
Koenig. Parole dure, anche se confrontate con quanto la stessa Koenig
aveva detto lo scorso agosto, anche allora parlando con Reuters, sempre a
proposito di Monte dei Paschi. Quando, pur ritenendo già allora «molto
impegnativo» il piano, si era limitata ad augurare «tutta la fortuna» a
Mps.
Koenig, che ha l’autorità di mettere in risoluzione una banca
in crisi nella zona euro, nell’intervista di ieri ha detto che è pronta
ad agire se necessario. «C’è un piano di risoluzione per il Monte dei
Paschi, come avviene per ogni grande banca europea», ha detto. «Occorre
essere pronti per ogni evenienza».
Le parole delle Koenig arrivano
dopo l’annuncio del piano di scambio dei bond, che riguarderà 11
obbligazioni subordinate più, se verranno risolti alcuni aspetti
tecnici, il Fresh del 2008. Tra i bond oggetto dell’offerta - che
tecnicamente è un’offerta di riacquisto con l’obbligo per il venditore
di sottoscrivere nuove azioni - c’è l’emissione retail da 2,1 miliardi,
tutta in mano a circa 40 mila piccoli risparmiatori. E altri piccoli
risparmiatori risultano anche tra i detentori delle altre emissioni,
destinate formalmente a investitori istituzionali. Proprio i piccoli
risultano i più allarmati dal piano di scambio, che prevede per
l’emissione retail come per altre della stessa categoria il riacquisto
al valore nominale.
Ma in vista del 28 novembre, quando dovrebbe
partire l’operazione di scambio, anche i grandi investitori restano i
dubbi. «È una buona offerta, ma restano molte incognite», dice un
gestore da Londra. A favore del piano, ancora in attesa del via libera
della Bce, c’è che l’obiettivo di successo è relativamente basso. Tra un
miliardo e un miliardo e mezzo, obiettivo raggiungibile convincendo
alcuni grandi investitori ad aderire. Come le Generali, ad esempio, che
hanno circa 400 milioni di subordinati Mps.
Secondo gli analisti
di Marzotto Sim «I valori nominali di riacquisto di 85 e 100 sono
certamente molto generosi rispetto ai prezzi di mercato delle
obbligazioni interessate», tuttavia occorrerà conoscere il valore reale
in azioni che gli (ex) obbligazionisti finiranno col ricevere.
Su
tutto restano i timori, soprattutto all’estero, legati all’esito del
referendum. Le vendite generalizzate sul debito pubblico, che hanno
colpito i titoli italiani più di altri paesi, potrebbero incrementarsi
in caso di vittoria del no. Aumentando le pressioni sulle banche
italiane e ponendo seri rischi all’operazione Mps.