La Stampa 17.11.16
Ora è caccia agli indecisi ma il rischio è l’astensione
di Marcello Sorgi
Ci
sono dodici milioni di elettori, di cui sette milioni di incerti tra
«Sì» e «No» e cinque di indecisi se andare a votare, e da loro, più che
da quelli che hanno risposto schierandosi da una parte o dall’altra,
dipende il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre.
All’ultimo giro di boa (da questo momento in poi i risultati delle
rilevazioni non possono più essere resi pubblici), questo è il dato più
interessante del sondaggio di «Demopolis» illustrato ieri sera a «Otto e
mezzo» su «La7». E il direttore dell’istituto, Pietro Vento, confessa
che «negli ultimi anni non ci si è mai trovati di fronte a un quadro
come questo», con un quarto degli elettori che non si pronunciano, per
cui la competizione tra i due schieramenti rimane, a poche settimane dal
voto, molto aperta.
Il «No» continua ad essere in vantaggio, con
il 52 per cento dei votanti, contro il 48 del «Sì», che da aprile a ora
ha perso dieci punti ed ha avuto un solo sussulto di ripresa subito dopo
l’annuncio di alcune delle misure (vedi l’anticipo pensionistico e gli
aumenti per le pensioni più basse) contenute nella legge di stabilità.
Ma in valori assoluti le due opzioni raccolgono, rispettivamente, il 39 e
il 36 per cento dei voti, che sommati danno il 75 per cento dei
votanti, mentre appunto il restante 25 per cento prende tempo per
decidere ed è possibile che alla fine scelga di disertare le urne.
In
altre parole, la tendenza favorevole al «No», che, va sottolineato,
rimane costante, con questi numeri potrebbe essere capovolta da un
ripensamento degli ultimi giorni, e la comunicazione di queste tre
settimane sarà importantissima per scuotere le coscienze più pigre. Ma
ovviamente le stesse possibilità ce le hanno gli oppositori della
riforma, e se riusciranno a conquistare la maggior parte degli indecisi,
partendo da una posizione più forte, il «No» potrebbe andare a uno
sfondamento, con conseguenze politiche ancora più imprevedibili, sebbene
gli oppositori di Renzi si ostinino a dire che non sarà così, e un fine
corsa del governo che a quel punto diverrebbe inevitabile.
Si
spiega così l’attivismo di Renzi, che dopo la due giorni in Sicilia,
regione in cui è atteso un risultato record del «No», ha messo in agenda
la Sardegna, dove il «Sì» è in forte difficoltà. Seppure la rimonta,
certo, appare difficile, e gli elettori dichiarano che voteranno
soprattutto sul governo e non sulla riforma, i giochi non sono ancora
fatti.