La Stampa 15.11.16
I renziani fanno quadrato: caro Cuperlo, la minoranza vuole solo il congresso
Morani: “Il rodeo non l'ha iniziato certamente Matteo, ma chi non ha mai voluto riconoscere il suo milione e 800 mila voti”
di Francesca Schianchi
«Non
è stato Renzi a iniziare il rodeo» tra maggioranza e minoranza Pd, «lui
risponde a un milione 800 mila persone che lo hanno votato». Mentre sta
per entrare in un’iniziativa per il sì a Molfetta, la vicecapogruppo
Alessia Morani ragiona sul rimprovero che Gianni Cuperlo – unico dei
leader di minoranza a votare sì al referendum, dopo aver firmato il
documento per cambiare l’Italicum – rivolge al segretario-premier Renzi
mentre invoca il ritorno dell’unità nel partito: il «rodeo» sempre più
virulento nel partito «lo ha iniziato lui», ha denunciato l’ex
presidente Pd dalle pagine di questo giornale, facendo l’errore di
pensare «che l’autorevolezza del leader passi dalla divisione del suo
campo».
«La verità è che la tensione viene da lontano – insiste la
Morani – c’è chi non si è mai fatto una ragione che Renzi sia diventato
segretario, e con una maggioranza così schiacciante»; una lettura
simile a quella del sottosegretario Ivan Scalfarotto, ieri impegnato a
promuovere il sì a Milano, che fino a pochi mesi fa sedeva accanto alla
Boschi al ministero delle Riforme e ha seguito la genesi dell’Italicum e
della riforma costituzionale: «Abbiamo raccolto molti spunti arrivati
dalla minoranza, solo che loro se ne sono dimenticati: c’è una parte del
partito che ritiene Renzi autore di una scalata ostile».
E
allora, altro che chiedere al segretario-premier toni più ecumenici e
inclusivi dentro al partito: per i renziani, il problema sta tutto
dall’altra parte della barricata. Là dove sono Speranza, Bersani,
D’Alema, impegnati a fare campagna elettorale per il no. «Non
confondiamo il referendum con il congresso – ammonisce Alessandra
Moretti, capogruppo Pd in consiglio regionale Veneto, mentre sta per
sostenere il sì in un dibattito a Vicenza –. Fino al 4 dicembre credo
sia importante per ogni democratico cercare l’unità del partito.
Impariamo la lezione americana: se vuoi Sanders ma le primarie le vince
la Clinton e tu non la voti, alla fine ti trovi Trump. Credo che questo
Cuperlo l’abbia compreso e che il suo sia un lavorare per la ditta che
altri – lancia una frecciatina – non hanno fatto troppe cerimonie a
liquidare».
Evita le polemiche il fedelissimo del premier Ernesto
Carbone, che ieri, nella grande tournée di incontri per il sì che tutti i
renziani stanno facendo, era impegnato a Messina – «l’ultima cosa di
cui il Pd ha bisogno è lo scambio di colpe reciproche» – ma nel suo
riconoscere a Cuperlo e alla dirigenza Pd «un atteggiamento responsabile
e volto a trovare soluzioni e unità», suggerisce chi invece non l’ha
avuto. Ma, come dice il senatore Andrea Marcucci, ieri a promuovere il
sì in Toscana, «cercare ora le responsabilità dello strappo nel Pd
interessa a pochi: l’importante è arrivare sostanzialmente uniti al 4
dicembre e poi aggiornare l’Italicum». Ma come si può ritrovare un’unità
dopo questi toni accesi? «Ripristinando le regole di una comunità
politica che oggi sono saltate – giudica la Morani – noi da minoranza
ubbidivamo alla ditta, ora non succede più. Ci vorrà un chiarimento ma
io credo che, di fronte a sfide complicate, il Pd non può fare altro che
ritrovare un’unità».