La Stampa 14.11.16
Sting
“Torno alle mie origini e lasciatemi fare il filosofo”
Dopo il concerto al Bataclan, il rocker presenta il nuovo album
di Luca Dondoni
Solo
poche ore prima di questo incontro Sting si esibiva al Bataclan di
Parigi per il primo concerto dopo la riapertura e giusto a un anno dalla
strage che abbiamo vissuto in diretta tv. A Milano per partecipare al
programma Stasera Casa Mika, lo show di Rai2 in onda domani, Sting ha
così colto l’occasione per parlare sia del perché abbia accettato
l’invito dei proprietari del locale, sia del nuovo album 57th &
9th prodotto da Martin Kierszenbaum, disco che prende il nome
dall’angolo della strada di Manhattan che Sting percorre tutti i giorni
mentre va in Studio a Hell’s Kitchen dove lo ha registrato con i
collaboratori storici. Dominic Miller (chitarra) e Vinnie Colaiuta
(batteria), ma ci sono anche il batterista Josh Freese, il chitarrista
Lyle Workman e la band Tex Mex di San Antonio The Last Bandoleros.
«Dal
Bataclan - dice subito - hanno chiamato solo una settimana fa e il
proprietario mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere visto che insieme
ai Police ci avevo suonato già nel 1979. Non me lo sono fatto dire due
volte. Ammetto che è stato difficile ma bello al tempo stesso. Ho
suonato per le vittime e per le famiglie delle vittime. All’inizio dello
spettacolo ho chiesto un minuto di silenzio ed è stato un momento
intenso perché, a volte, il silenzio può fare molto rumore. Ho iniziato
cantando Fragile perché ha un testo pertinente: «Se il sangue scorrerà
quando carne e acciaio sono la stessa cosa/il sole della sera li
asciugherà/la pioggia di domani laverà via le macchie/Ma qualcosa nella
nostra mente rimarrà».
Sting, è stato pagato o lo ha fatto gratis?
«E’
come se lo avessi fatto gratis perché i soldi del mio cachet li ho
devoluti alle associazioni che si occupano delle famiglie di chi ha
perso qualcuno al Bataclan. Le voglio ricordare: “Life For Paris”
(www.lifeforparis.org) e “13 Novembre: Fraternité Verité”
(www.13onze15.org)».
Nel nuovo album «57th & 9th» lei ha inserito una canzone che si intitola «Inshallah».
«Certo,
perché al di là del fatto che il brano sia dedicato alla crisi
umanitaria dei rifugiati, non possiamo pensare che i musulmani siano
tutti come i terroristi dell’Isis. Quella è solo una minoranza, mentre è
doveroso ricordare che i popoli pacifici di religione musulmana hanno
scritto alcune delle cose più belle che la storia possa ricordare e
apprezzare».
Il singolo che ha fatto da apripista «I can’t Stop
Thinking about You», poi «Road Warrior», «Petrol Head» fino all’inno
«50.000» ricordano molto il suo periodo Police e anche i risultati di
classifica dicono che questo ritorno alle origini è stato premiato.
«Sono
stato cantante, autore e arrangiatore dei Police che sono nel mio Dna e
quindi, che io sia tornato a fare me stesso è quasi un nonsense ma in
effetti per dieci anni sono stato un po’ esoterico - se mi passa il
termine -, riflessivo e occupato di cose meno “dirette”. Il ritorno a
certe sonorità, anche se non ci ho messo reggae, blues mi ha permesso di
sorprendermi e per me la sorpresa è tutto. Se non mi sorprendo mi
annoio».
65 anni e non sentirli. A vederla lei sembra davvero aver fatto un patto col diavolo.
«Se
si riferisce a canzoni come 50.000 dove parlo anche di anfetamine e di
una vita da rocker, le confermo che per molti versi sto meglio adesso di
quando ero un ragazzino. Pensi di essere immortale e sei appeso a un
filo. Questo 2016 si è portato via tanti grandi, David Bowie, Prince,
Leonard Cohen; qualcuno per malattia, per vecchiaia, qualcun altro per
altri motivi. Dentro ognuno di noi c’è un bambino che li guarda e li
ritiene immortali: è un’illusione che ci conforta. Filosofeggiare sulla
propria vita, riflettere su me stesso è la cosa che amo fare di più oggi
che sono padre, nonno, cittadino, marito, è la cosa che mi dà più
soddisfazione insieme al vino che faccio nella mia amata Toscana»
Da cittadino britannico a New York, si aspettava la vittoria di Donald Trump?
«No,
sono rimasto stupito e secondo me anche lui si è stupito di aver vinto.
Secondo me non manterrà neanche una delle promesse che ha fatto in
campagna elettorale. Il voto americano mi ha ricordato la Brexit. Una
scelta di protesta che non porterà nulla di buono. Saranno tempi duri».
Sting si esibirà dal vivo in Italia in primavera e per ora si conosce solo la data del 23 marzo al Fabrique di Milano.