La Stampa 14.11.16
“I violini sono un bene rifugio. Occhio ai falsi”
Il liutaio: li vogliono Fondi e nuovi ricchi Il futuro? Strumenti in fibra di carbonio
di Sandro Cappelletto
Il
futuro? Violini in fibra di carbonio, leggeri e in grado di dare più
velocità al suono. Vada su youtube, guardi i Two Cellos, fanno
meraviglie con violoncelli in fibra. Se vince questa tendenza noi siamo
morti. E costano anche meno».
Da quarantasei anni Roberto Regazzi
abita questa sua bottega di liutaio: 88 metri quadri nel quartiere di
San Donato, colmi di oggetti e di memorie, capaci di raccontare una vita
dedicata al lavoro che ama. «A tre anni ho sentito il primo suono. A
quattordici lo ho associato alla materia da cui esce, il legno, e ho
deciso di fare questo mestiere. Il primo in famiglia».
Un consiglio a un ragazzo che comincia a fare il liutaio?
«Sapere
che il violino è una malattia. Quando ti prende, ti prende. Tutti:
collezionisti, liutai, musicisti. C’è chi ama il violino più della
moglie. C’è chi ci fa seppellire assieme, come Luigi Tarisio il primo
grande cacciatore di violini, nell’Ottocento». Improvvisamente, Regazzi
si china sotto il bancone dove è appoggiato il violino che sta
costruendo. Riemerge tenendo in mano un tronco di bosso, alto nemmeno 50
centimetri, largo una spanna, solenne nella sua bellezza: «Ha almeno
mille anni di vita. L’albero è l’esplosione lentissima di un seme, è la
natura che genera i liutai».
Che cosa ci fa col legno di bosso?
«I
piroli. Poi, serve l’abete rosso della Val di Fiemme per la tavola, l’
acero per il fondo, il ginepro per la mentoniera. Il pioppo per la
viola, pioppo o salice per il violoncello».
Il legno,certo. Serve anche un maestro?
«Otello
Bignami, grande liutaio bolognese. Ho approfondito le vite e le
invenzioni di altri liutai. Non ce n’è uno eguale all’altro».
Come nasce un violino?
«C’è
già in questa tavola d’abete che ho in mano. Accarezzandola vedo la
forma, lo spessore, le arcature, sento il suono che potrà dare. Siamo
attratti dal legno come Ulisse dalle Sirene. Oggi con la tecnologia
possiamo misurare e riprodurre tutto: la velocità e la densità del
suono, le caratteristiche fisco-acustiche. Il primo approccio deve
sempre essere di pancia».
Come rivoluzionò Stradivari?
«Il
violino ha 500 anni di vita. Ha sempre la stessa forma, quattro corde,
un ponticello, un’anima, una catena, però ha conosciuto molte modifiche.
Stradivari ha dato al suono più volume rispetto alle consuetudini del
violino barocco: “un suono maschio e fortissimo”, scrivevano già nel
Settecento. Ma Paganini, che suonava in sale da concerto più grandi e
per un pubblico più numeroso, aveva già un violino diverso».
Lei costruisce 3 violini nuovi all’anno. Riesce a camparci?
«Con
le riparazioni, le modifiche, il pronto soccorso. Lavoro da solo, le
nostre sono tutte aziende familiari, ci vogliono almeno venti anni
perché un liutaio abbia coscienza del proprio lavoro e del proprio
valore, e spesso i figli non continuano. Non ti aiuta nessuno, siamo
tartassati come tutti gli artigiani».
Lo Stradivari Lady Blunt : 10 milioni di dollari. Chi fa i prezzi?
«Il
violino è diventato un bene d’investimento: fondi internazionali, nuovi
ricchi, gente che ha bisogno di riciclare. Vai a spiegare a chi ha
speso tutti qui soldi che un violino del Novecento può suonare meglio di
uno Stradivari, di un Amati, di un Guarneri del Gesù! E’ un mondo pieno
di patacche: copie non dichiarate, etichette farlocche, finte crepe,
false autenticazioni, aste gonfiate, speculazioni. Nel database ho
registrato 14.000 liutai: sono quasi di più dei violinisti in
circolazione! Va bene così, fino a quando la macchina gira. Attenzione,
però: il gioco è d’azzardo, può scappare di mano. C’è chi non ha retto».
I cinesi hanno vinto anche sul mercato degli strumenti?
«Sono
i più aggressivi, i violini delle loro fabbriche li trovi a 100-200
euro. Hanno conquistato molto spazio perché vanno bene per il bambino
che comincia. Quando cresce e decide di continuare, puoi trovare
qualcosa di decente, costruito a mano nelle nostre botteghe, sotto i
10mila. La famiglia lo deve considerare un investimento ma è difficile
farlo capire».[S.CAp.]