La Stampa 14.11.16
Tra gli ex operai di Detroit che hanno tradito Hillary
L’ex
cuore industriale d’America si è affidato al tycoon repubblicano che
prometteva di ridare lavoro e futuro alle tute blu ormai disoccupate
di Gianni Riotta
I
coloni francesi scacciarono gli indiani Irochesi da antiche valli,
fiumi e laghi, avidi di pellicce e territorio, imponendo la pronuncia
allo stato del Michigan, «sh» dolce. La metropoli di Detroit la
battezzarono dal fiume Detroit, «le détroit du lac Érié» lo stretto sul
lago Erie, e se l’inflessione parigina del XVII secolo fosse arrivata
fino a noi, Eminem e gli altri rapper bianchi e neri, lamenterebbero
rauchi il declino urbano di «Detruà». Troppo chic per gli emigranti
polacchi, italiani, ungheresi, belgi, greci, ebrei, fino agli Yugos e
Albos, rivali jugoslavi e albanesi arrivati per ultimi, in cerca di un
posto di lavoro alle catena di montaggio dell’auto.
Eminem canta
dunque di «Detroit contro tutti… Negli ultimi tempi sembra che sia io
contro tutto il mondo… ma anche se cerco di scappare dalla povertà della
strada voglio restare qui… portatemi via con gli amici, alla
concessionaria Mercedes». Eminem lavava i piatti da Gilbert’s Lodge,
vedeva nel viale 8 Mile Road il confine tra borghesia e «white trash»,
la spazzatura bianca, cui apparteneva, le famiglie travolte dalla crisi
della grande industria. Questa è Macomb County, e qui Hillary ha perso
le elezioni contro Donald Trump. Non cercate lontano, cercate qui,
Michigan, pronunciato in americano dai tanti, come Eminem, che alla
prima superiore, bocciati tre volte, lasciano la scuola per sempre.
A
Macomb County, l’8 novembre 1960, il cattolico John Kennedy ebbe la
migliore percentuale in tutta l’America contro il repubblicano Nixon,
63% a 37. Qui Obama vinse contro McCain e Romney e qui, la campagna di
Hillary era certa di vincere, nessuno spot in tv, nessun comizio. Invece
il 6 novembre, nello stupore dei suoi consiglieri che giudicavano il
Michigan una causa persa, Donald Trump appare a sorpresa al Teatro
Freedom Hall di Sterling Heights. A rivederlo da fuori adesso, vuoto,
con il prato stento, qualche cartaccia in volo, un cestino colmo di
spazzatura, sembra il monumento alla delusione democratica. Joey, uno
dei guardiani, è anziano, vota democratico, «Stavo nel sindacato con mio
padre, United Auto Worker. Facemmo lo sciopero per il “30 and out”, 30
anni alla catena di montaggio e in pensione, vincemmo e che bei soldi
ragazzi, mutua, scuola, assunzione per i figli. Venivano da tutto il
mondo, noi neri dal Sud. Al comizio di Trump vendevamo chili, la birra
era vietata, ma girava lo stesso. Ha gridato che non era finita, che le
vinceva lui le elezioni. Non ci credevo, ma ha avuto ragione. In sala ho
visto tanti miei vecchi compagni, e i loro figli disoccupati».
Quel
che Joey osserva, esterrefatto, al comizio di Sterling Heights,
allarmava già da tempo Debbie Dingell, deputata del XII distretto dove
lavora la Ford-Mazda ma la GM ha chiuso una fabbrica e la città di Allen
Park è in bancarotta. La Dingell si attacca al telefono, prova con
Hillary, chiama anche Bill Clinton. Ha 28 anni meno del marito, John
Dingell, che eletto nel XII distretto nel 1955 è recordman della Camera.
Lui ricorda la Detroit che dai 426.000 abitanti del 1900 esplode a
2.200.000 in trenta anni. Lei è cresciuta nella Detroit che da 1.800.000
cittadini del 1950 crolla a 713.000 del 2010. Il Michigan ha perso tra
il 2002 e il 2009 631.000 posti di lavoro, poco meno dell’intera
Detroit. La Dingell prega la campagna di Washington di mandare Hillary,
Bill, Obama, la Michelle, «Siamo alle corde, gli operai non ci votano
dicevo. Non mi rispondevano. Alla fine han mandato Bill, siamo andati in
giro a fare compere per incontrare gli elettori, troppo poco e troppo
tardi!».
Tanti tra quei 631.000 licenziati corrono da Trump, che
accusa Hillary di essere il passato, e promette il ritorno dei tempi del
«30 and out», salario, mutua, pensione. 56 anni dopo il record di
Kennedy, Trump espugna Macomb County, 54% a 42 contro la Clinton. 48.348
voti che gli consegnano l’intero Michigan, per sole 13.107 schede di
scarto.
Non c’è stato nessun boom di Trump alle urne martedì
scorso, Hillary è la seconda candidata più votata della storia, e solo
33.000 voti, in roulette fra Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, hanno
dato la Casa Bianca all’ex re dei casino di Atlantic City. Hillary ha
perso dove Eminem lavava i piatti perché ha cercato la «valanga»,
vincere ovunque, anziché consolidare con prudenza i 263 punti elettorali
che a lungo ha avuto in tasca.
Ora tutti andiamo in
pellegrinaggio dall’esperto professor Timothy Bledsoe, dell’Università
Wayne State: «Ho il sospetto che il caso Macomb sia vero in tutto il
Midwest. È la rivolta della classe operaia bianca, base della coalizione
democratica da generazioni… al comizio di Sterling Heights Trump ha
spiegato che la Gran Bretagna torna ricca con Brexit e l’America con
lui, che le tute blu sono vittime della globalizzazione e lui rovescerà
il sistema per loro».
Eppure, nella rotta democratica, proprio in
Michigan, a Detroit, il professor Bledsoe vede la base della riscossa
democratica 2020: primi nel voto popolare, con 48 stati a 2 nel voto
under 25, i democratici «devono guardare a contee come Oakland e Wayne,
dove han vinto col 51% e il 66%. Macomb e le tute blu sono il passato,
all’ultima carica pur vincente. A Oakland e Wayne c’è il futuro
dell’America, donne, laureati, tecnici, cultura cosmopolita». Se Bledsoe
ha ragione, la campagna elettorale 2020 comincia dunque a 12 Mile Road
di Royal Oak, dove ammirate la massiccia torre e la basilica cattolica
di Little Flower. Qui, negli Anni Trenta, dalla sua radio, il
popolarissimo reverendo Coughlin avvelenava gli animi con una propaganda
che anticipava i temi peggiori di Trump, «Non barattiamo la nostra
libertà nazionale per accordi con gli stranieri che ci imbrogliano.
Chiudiamoci al mondo e pensiamo alla ricchezza americana!». Padre
Coughlin finì antisemita e filofascista, l’America di Roosevelt
prevalse. Oggi sulla basilica del Little Flower sventolano i manifesti
col sorriso di papa Francesco, a Royal Oak e alla vicina Ferndale vivono
gay, single, tecnici esperti che lavorano alla fabbrica di carri armati
M1, al sofisticato Tech Center della GM, disegnato dal maestro
dell’architettura Eero Saarinen. La rabbia di padre Coughlin fu spenta
dalle masse ottimiste del New Deal di Roosevelt e l’America si salvò da
Depressione e dittature che travolsero l’Europa. Due Americhe, i delusi
di Macomb e gli ottimisti digitali di Oakland, si affronteranno da qui
al 2020. Ma primi diminuiscono ogni giorno, gli altri si moltiplicano, a
patto naturalmente che i democratici trovino un candidato capace di
unirli. E qui, vale la rima di Eminem, sono davvero per ora «soli contro
tutti».