venerdì 11 novembre 2016

La Stampa 11.11.16
Tra il popolo di Trump che odia la politica e sogna lusso e soldi facili
Viaggio nella Pennsylvania piegata dalla crisi economica
“Siamo come lui, non ci importa di guerre e pace. Ci salverà”
di Gianni Riotta

Non si mangiava neppure male da «Michelangelo», baracca di legno sulla strada rurale Creek Road, dove le colline della Contea di Monroe, in Pennsylvania perdono le foglie giallo, oro e rosse dell’Indian Summer, sole di novembre. «Poi la crisi, l’hanno chiuso e son rimasta sola» dice Amber Rohner, parrucchiera con permanente platinata della porta accanto, «diciamo la verità non c’è un cent in giro».
Di cent per una fetta di pizza da Michelangelo ce ne volevano 89, e al telefono l’ex proprietario lamenta «come fai a campare con la pizza a meno di un dollaro. Hai visto i manifesti? Avevamo quelli del Padrino, originali eh? Ora vendo. Si, ho votato Trump, che dovevo fare paesano? Mio nonno votava Roosevelt, mio padre Reagan, ma sempre democratico era. A me tocca Trump? Almeno non è uno dei ladri che ci alzano le tasse».
Ad Amber quelli di «Michelangelo» non piacevano, ruggini tra i «wop», gli italiani secondo il vecchio nomignolo sprezzante, e i gallesi, tedeschi e olandesi che popolano da sempre la vallata, «erano gente strana», ma ancora meno le piacevano Trump e Clinton, «Un pagliaccio e una matta, che scelta». Ma la prima donna presidente? Amber gira lo sguardo al salone deserto, dalla polvere si direbbe che nessuno entri da Natale. «Lavoro con le donne. Non mi fido delle donne. Sbroccano e son peggio di voi uomini».
La diserzione di massa delle Amber è costata la Casa Bianca a Hillary. Il 53% delle donne bianche ha votato Trump, quanto è bastato per la sconfitta, rafforzando Trump, pur in contee spesso democratiche come la vicina Lackawanna, a nord del torrente Bushkill. Il neopresidente non ha sfondato affatto, ha preso meno voti di McCain 2008 e Romney 2012, ma Hillary è stata tradita da 6 milioni di elettori rispetto a Obama, troppi per non prenderle. Qui se ne nascondono tanti, nelle casette a bordo bosco con il cartello «Ronde notturne, Ladri occhio», la bandiera «Pow-Mia» che ricorda i prigionieri di guerra, la cassetta della posta con la preghiera per i caduti in Iraq. «Mi chiamo Vince, riparo computer, mi arrangio. Ho passato la notte senza dormire, non sapevo chi votare, pessimi candidati. Poi Trump. Un salto nel buio, ma Hillary ha ucciso il suo amico Vince Foster, vada su Google, che storia. Se vuoi trovare un vero trumpiano vai dal meccanico, Barely Used Tires, Milford Road».
Il meccanico, non appena vede il fotografo, sembra voler impugnare la lucente chiave inglese Hazet 36 sul bancone. Si limita invece, pulendosi le mani sullo straccio, a indicare una corda tesa, con un cartello composto da qualcuno che non s’è laureato in Marketing all’Harvard Business School, «Clienti, statevene fuori!», e scompare nel retrobottega.
Il suo garzone, ricci neri e sorriso furbo, emerge dal motore di un camioncino pick up nero che l’aveva ingoiato, e fingendo di mandare un messaggino al telefono, per far dispetto al padrone, sillaba «qui siamo trumpiani, capisci? Perché a lui della politica non gliene frega un c… come a noi, guerre, pace, lui pensa a trovare grana e f, magari ce ne gira. Con Obama chi ci rispetta? Mio nonno era in miniera, guadagnava e sputava sangue, mio padre era meccanico, sputava sangue e guadagnava bene. E io? Sputo sangue e guadagno meno di un portoricano lavapiatti». Dietro la curva giace la carogna di un bellissimo cervo, ucciso da un’auto. Il ragazzo la sogguarda, sputa, la saliva luccica e colpisce il nobile animale dissanguato.
Il garzone non dà il nome, ma sottovoce indica altri «Trumpian», il pastore battista, il pompiere volontario ex Marine, il padrone del Pub570 e le cameriere, «Vacci. Mangia la salsiccia con le cipolle e i peperoni, per digerirla ti serve l’olio Castrol, ma vale». E così, mentre la tv rilancia la staffetta a Washington tra il Nobel per la Pace Obama e il Re di Miss Universo Trump, raccogliamo le confessioni degli ultras «The Donald», Spoon River politica in Pennsylvania.
Il pastore «Gay, aborto, lesbiche che adottano figli, quelli sono cristiani? Trump molesta sottobanco e ha avuto tre mogli? La Bibbia è popolata da assassini, stupratori, adulteri, siamo peccatori in questa valle di lacrime. Almeno Trump non lo nega e alla Corte Suprema metterà giudici timorati di Dio». Betty, la cameriera del pub, non ha studiato né Debord né Baudrillard, anzi non ha studiato. «Ho lasciato la scuola al terzo anno, voglio sposarmi», ma col faccino pulito sintetizza la Società Postmoderna della Politica Spettacolo meglio dei filosofoni. «Trump si comporta da schifo con le donne, le star sono così. Legga People, legga i giornali per noi ragazze, per cosa li sfogliamo? Per vedere se Brad e Angelina fanno pace, se la Aniston gode del loro divorzio. Trump ne approfitta, ma quale maschio non farebbe lo stesso? Il mio boyfriend di sicuro. L’ho votato perché è come noi, di strada, anche se ha i soldi. Se venisse qui? Sarei felice, gli chiederei di offrimi un lavoro alla Casa Bianca e vengo di corsa». Si illumina al pensiero, accarezzandosi i capelli lisciati con la piastra a casa. In un angolo suona forse l’ultimo flipper del pianeta Terra, decorato con le ragazze nude di Playboy.
Il pompiere è ancora fuori turno e aspetta, fumandosi un mozzicone, «se vinceva Hillary pure di fumare ci impedivano. Dicono che siamo razzisti, che il Klan razzista è con Trump, ma esiste ancora? No, dai, solo al cinema. I neri hanno portato Obama alla Casa Bianca e dovevamo festeggiare. Noi portiamo Trump e quelli vanno in piazza ad accendere falò di protesta. Che Paese siamo? Arrivano i portoricani, buttano bottiglie per strada, insultano ragazze, poi i neri, lasciano vetri sfondati, il prezzo delle case scende e te ne devi andare, da dove viveva tuo bisnonno, perché?».
Qui Obama aveva battuto Romney 63% a 37, lasciando a Hillary in eredità un vantaggio enorme. Lei è precipitata a un kamikaze 50-50. I suoi fedelissimi hanno fatto sparire nottetempo i poster col suo nome. Non si trova un democratico neppure cercandolo col telescopio militare che all’armeria di Kresgeville, 818 Interchange Road, adorna i fucili da guerra Ar-15. La comproprietaria Jen Pinghero si vanta «li costruiamo a mano, uno per uno, mica in serie», all’angolo la sagoma bersaglio di Osama Bin Laden cartonato è pronta.
Dopo un po’ però, una dispersa dell’Armata Hillary compare. Heidi è alta, giovane, con i capelli color inchiostro: «Trump lo conosco. Ho vissuto 15 anni a New York, facevo la guida turistica, la valletta per mostre, festival, serate, ero una bella ragazza. Trump veniva spesso e, io lo so, non è una persona pulita». Heidi è ancora una bellissima ragazza. Tempo e fatica hanno macinato verso la destra populista i suoi compagni di vallata, mentre in lei hanno soffuso un diverso rammarico: «Si pentiranno di quel che han fatto. Devo stare zitta, sono in minoranza, gridano adesso, fanno i bulli. Ma ’sto Trump non finisce il mandato, ci sono hacker, pirati informatici, al lavoro per tirar fuori le sue porcate, sesso, tasse, forse è malato. Due anni e lo cacciamo».
Barack e Donald si stringono la mano, ma sulle tortuose mulattiere di Lackawanna, Chester, Monroe, i democratici si attrezzano alla guerriglia di opposizione, mentre «seduti sul ciglio della strada a contemplare l’America», gli elettori di Trump sognano che le vicine miniere di antracite riaprano, gli accordi di Parigi sfumino come carbon coke e il ferro della Pennsylvania torni a sorreggere il pianeta, come nel 1945 quando i nonni…