domenica 6 novembre 2016

internazionale 28.10.2016
Il futuro incerto dell’accordo con il Canada
Il 30 ottobre l’Unione europea ha firmato il Ceta, il trattato di libero scambio con il paese nordamericano. Ora il testo deve essere ratificato da 38 parlamenti nazionali e regionali


Sotto il segno della sfortuna. La firma dell’Accordo economico e commerciale globale (Ceta), il trattato di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada, era stata ancora una volta rinviata a causa di un problema all’aereo del premier canadese Justin Trudeau. Ma finalmente il 30 ottobre, alle 14 in punto, è arrivata la firma di un accordo definito “storico” dai partecipanti. L’Unione era rappresentata dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junc ker. La tenace opposizione della Vallonia e del suo primo ministro, Paul Magnette, aveva provocato un primo rinvio del vertice euro-canadese, inizialmente previsto per il 27 ottobre. Durante la conferenza stampa successiva alla firma, Trudeau, Tusk e Juncker hanno sottolineato i benefici del Ceta: la cancellazione delle barriere doganali, il rilancio degli investimenti, la creazione di posti di lavoro “di qualità migliore”, la difesa dei servizi pubblici e dell’ambiente. “Mi offende il fatto che si sia potuto pensare che volessimo sacrificare i diritti dei lavoratori”, ha aggiunto Juncker. Rispondendo alle domande sull’opposizione al Ceta e ad altri accordi (è stato evitato ogni accenno al Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti o Ttip, il trattato in corso di negoziazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti) il tono era moderato. “Il libero scambio e la globalizzazione proteggono, ma pochi ci credono”, ha detto Tusk. “Bisogna convincerli”. Sul caso della Vallonia, invece, Tusk ha definito “proficuo” il dibattito acceso dalla regione belga, perché li aveva costretti a dare ai cittadini “informazioni credibili”. Provvisorio e parziale Ora il testo del Ceta dovrà essere ratificato dal parlamento europeo, di sicuro all’inizio del 2017, poi entrerà in vigore in modo provvisorio e parziale. A quel punto dovranno pronunciarsi 38 assemblee nazionali o regionali dei paesi dell’Unione europea. Sono procedure che potrebbero richiedere anni e che a questo punto sembrano piene di incertezze. L’esame approfondito del testo da parte dei valloni risveglierà gli ardori di alcuni parlamentari che fino a oggi non avevano prestato grande attenzione al Ceta. Il parlamento tedesco dovrebbe approvare il trattato senza problemi, dal momento che i principali partiti, la Spd e la Cdu, sono favorevoli al Ceta. Nella Spd gli oppositori sono stati messi in minoranza dopo una votazione vinta da Sigmar Gabriel, presidente del partito e ministro dell’economia. In Austria ci sono state più resistenze, ma anche qui il parlamento dovrebbe ratificare il Ceta, nonostante l’opposizione dei potenti sindacati. Il partito di estrema destra Fpö, però, è contrario all’accordo e ha chiesto un referendum. Sarebbe meglio, quindi, che Vienna ratificasse il testo nel giro di poco tempo, e comunque prima delle prossime elezioni anticipate, che la Fpö potrebbe vincere. In Ungheria Fidesz, il partito del premier Viktor Orbán, ha mantenuto a lungo una posizione vaga. Ora appoggia apertamente il testo, perché si è convinto che l’accordo aiuterà le aziende ungheresi. Nei Paesi Bassi, dove gli agricoltori e i movimenti no global hanno sostenuto la lotta della Vallonia, il testo dovrebbe ottenere un’ampia maggioranza in parlamento. Il governo non sarebbe tuttavia al riparo da sorprese se dovesse crescere il movimento che vuole un referendum sul tema. Ad aprile, d’altronde, i movimenti euroscettici hanno bloccato un trattato di associazione tra l’Unione europea e l’Ucraina. Nel Lussemburgo i parlamentari dovrebbero ratificare il trattato anche se di recente una mobilitazione che ha raccolto cinquemila persone, un numero considerevole se si tiene conto delle dimensioni del paese, ha fatto sentire il suo peso nel dibattito. I Verdi, che sono al governo, rischiano di perdere consensi a causa dell’adesione al trattato. I socialisti, anche loro al governo con il liberale Xavier Bettel, hanno difficoltà a nascondere le divisioni interne. Infine, la richiesta della Vallonia, poi appoggiata dal governo centrale belga, di chiedere un pronunciamento della Corte di giustizia europea sui meccanismi di arbitrato nelle controversie tra investitori e stati è un’altra minaccia all’entrata in vigore dell’accordo: se la corte dovesse dare un parere negativo, potrebbe crollare una delle basi principali del trattato.