domenica 20 novembre 2016

Il Sole Domenica 20.11.16
Nobel per la medicina
Cellule al controllo qualità
Premiate le ricerche sull’autofagia che entra in gioco nella dinamica di patologie complesse come la distrofia
di Gilberto Corbellini e Mario Molinaro


La recente assegnazione del Nobel per la Medicina a Yoshinori Oshumi ha premiato un campo di ricerche straordinario per interesse fisiologico e patologico. L’autofagia è un controllo di qualità delle componenti cellulari e consiste nella degradazione di proteine e organelli intracellulari, ad esempio mitocondri danneggiati, tramite strutture degradative specializzate, autofagosomi e autolisosomi. I prodotti di degradazione sono riutilizzabili nei processi biosintetici, consentendo di compensare fasi di carenze nutritive. Disfunzioni dell’autofagia causano accumuli di aggregati proteici, prodotti tossici, radicali liberi, che alterano l’equilibrio omeostatico cellulare, in particolare la funzionalità delle cellule staminali. Vediamo come entra in gioco nelle dinamiche patologiche delle malattie complesse.
Le malattie degenerative sono patologie multifattoriali dipendenti da mutazioni in più geni concorrenti, anche presenti in cellule diverse. Alterazioni genetiche sono riscontrate anche nel microambiente o nicchia entro cui la cellula trova la sua naturale situazione operativa e nella sostanza extracellulare che organizza il tessuto e trasmette alla cellula, oltre ai nutrienti, segnali molecolari di origine locale o provenienti dal sistema circolatorio. Alterazioni di questo tipo, associate a difetti dell’autofagia, sono riscontrabili in malattie neurodegenerative, nelle distrofie muscolari, in patologie regressive, come l’invecchiamento e sono oggetto di interesse crescente, non solo conoscitivo, ma anche applicativo, trattandosi di malattie poco curabili. L’obiettivo è svelare quali vie ed equilibri metabolici siano direttamente o indirettamente colpiti dalle mutazioni, nell’ipotesi che attivatori o inibitori siano noti o conoscibili e si possa quindi mettere a punto una terapia farmacologica, adiuvante o sostitutiva delle complesse terapie geniche o cellulari.
Nella distrofia muscolare di Duchenne, per esempio, la delezione della proteina distrofina causa scompaginamento del sistema citoscheletrico, di cui è parte, che non riesce più a svolgere la funzione di ammortizzatore del trauma meccanico fisiologico prodotto dalla contrazione. L’effetto è un grave danno tessutale già nei primi anni di vita. Nuovi studi hanno evidenziato squilibri di vie enzimatiche attivate da recettori localizzati sulla superficie cellulare, a loro volta attivati da segnali molecolari extracellulari. Questi recettori trasmettono segnali di controllo della replicazione delle cellule staminali satelliti, residenti nel muscolo, per cui la loro alterazione causa replicazioni anomale e ostacola il rinnovamento tessutale.
Il quadro patologico della distrofia muscolare appare dipendente da due principali meccanismi concomitanti: il danno prodotto alla fibra dalla contrazione e d’altra parte l’incapacità della cellula satellite a produrre nuove cellule riparatrici del danno. Quale possa essere la rilevanza rispettiva dei due meccanismi nel determinare il fenotipo distrofico è stata in parte chiarita recentemente. In un ceppo di animali distrofici alcuni individui presentavano normale funzionalità muscolare e durata della vita, pur in assenza di distrofina e con danni strutturali tipici della malattia. Il recupero della attività muscolare risultava dovuto a una mutazione, con guadagno funzionale, di un gene che attiva un recettore della membrana cellulare il cui compito è regolare un meccanismo replicativo delle cellule staminali. Queste normalmente si trovano in stato di riposo o quiescenza reversibile. Ma sono in grado di attivarsi in risposta a segnali che rilevano per esempio un danno tessutale, proliferando e differenziando. Una parte minoritaria delle cellule, per azione del recettore, segue però un percorso diverso, torna quiescente. Questo un meccanismo di automantenimento garantisce l’equilibrio del compartimento staminale nel corso della vita. Se la quiescenza è impedita per inattività del recettore, le cellule staminali si vanno esaurendo, l’arresto replicativo diviene irreversibile ed entrano in fase di senescenza.
L’autofagia è un regolatore fondamentale della staminalità, particolarmente della fase di quiescenza e del reingresso nel ciclo replicativo. In assenza di autofagia si ha la trasformazione della quiescenza in senescenza irreversibile. Il rinnovamento tessutale appare pertanto condizione indispensabile per prevenire patologie regressive. Ricerche finalizzate ad attivare il rinnovamento tessutale sono in corso anche nelle malattie neurodegenerative, mediante l’utilizzo di strategie di sostituzione dei neuroni colpiti con nuovi precursori neuronali embrionali o indotti da cellule staminali adulte di altro tipo, dato che cellule staminali nervose sono inesistenti nell’adulto o molto rare, o anche mediante riprogrammazione diretta di cellule somatiche in neuroni. Nella distrofia muscolare nuovi dati sottolineano l’importanza delle corrette interazioni tra cellula ed ambiente extracellulare, fortemente disorganizzate per l’assenza di distrofina e per le alterazioni dell’apparato citoscheletrico, struttura di collegamento tra citoplasma e superficie.
Una ricerca pubblicata sul numero di agosto di «Nature Medicine» da ricercatori della Johns Hopkins University dimostra in animali distrofici alterazioni di un recettore della superficie cellulare, l’integrina, e disorganizzazione della sostanza extracellulare. L’integrina ha la funzione di legarsi a componenti molecolari della sostanza extracellulare e a fattori di crescita ivi presenti. A seguito del legame invia segnali che stimolano la replicazione delle cellule satelliti. L’interruzione di questo percorso di segnalazione provoca esaurimento delle cellule satelliti e l’arresto del rinnovamento tessutale. I ricercatori hanno somministrato agli animali un anticorpo che attiva il recettore integrinico, un analogo dei suoi attivatori fisiologici, ripristinandone la funzionalità e con essa la corretta replicazione delle cellule satelliti. Si è osservata la rigenerazione e la funzionalità muscolare.
Nell’invecchiamento gli autori riscontrano alterazioni simili che portano al quadro patologico della atrofia muscolare senile o sarcopenia. L’anticorpo attivante ripristina anche in questo caso il quadro normale. Un altro studio ha identificato nella fibronectina la molecola della sostanza extracellulare che consente l’attivazione del recettore integrinico. Questa molecola decresce nell’invecchiamento causando la riduzione del segnale, la sua inoculazione nel muscolo dell’animale o la sua aggiunta al terreno di cellule muscolari in coltura, fa regredire il fenotipo senile; viceversa la delezione sperimentale della fibronectina induce il fenotipo senile in cellule muscolari giovani.
I risultati ottenuti sul modello sperimentale murino non sono direttamente trasferibili a quello umano e non è chiaro se la riattivazione replicativa di cellule satelliti esauste possa persistere nel lungo periodo. Secondo queste ricerche le patologie regressive su base genetica o acquisite nel corso dell’invecchiamento si manifestano attraverso meccanismi patogenetici simili, in particolare l’inadeguatezza replicativa della cellula staminale e la profonda alterazione della rigenerazione del tessuto. Un possibile fattore causale è la interruzione della sorveglianza autofagica endocellulare e delle vie di comunicazione tra cellula e ambiente pericellullare , extracellulare e organismico, suggerendo interessanti sviluppi conoscitivi e terapeutici.
S. Grealish et al.,Brain repair and reprogramming: the route to clinical translation , in J. Internal Medicine, Sept. 2016, vol.280, 265-275