Il Sole Domenica 20.11.16
Il matematico che corresse Einstein
Tullio Levi-Civita costrinse il teorico della relatività a rivederne i teoremi dopo un intenso scambio epistolare
di Umberto Bottazzini
«Quando
ho visto che Lei rivolge la sua obiezione contro la dimostrazione più
importante della teoria, che mi è costata fiumi di sudore, mi sono
spaventato non poco poiché so che Lei padroneggia queste cose
matematiche molto meglio di me». È un allarmato Einstein quello che il 5
marzo 1915 così risponde a Tullio Levi-Civita, il matematico padovano
che gli ha comunicato un errore nella dimostrazione di un teorema che lo
stesso Einstein riconosce essere fondamentale per la teoria della
relatività generale che sta elaborando. Nondimeno, «dopo un’attenta
riflessione – continua fiducioso Einstein – ritengo tuttavia di poter
mantenere in piedi la mia dimostrazione».
Di che si tratta? Dopo
la pubblicazione nel 1905 del celebre articolo sulla teoria della
relatività, ristretta ai soli moti relativi uniformi, da diversi anni
Einstein ha cominciato a riflettere sul modo di estendere la sua teoria a
qualunque moto generico. «L’idea decisiva», dirà in seguito, gli è
stata suggerita dall’«analogia tra il problema matematico della teoria
[della relatività generale] e la teoria gaussiana delle superfici».
Lasciata Praga per Zurigo nel 1912, con l’aiuto di Marcel Grossmann,
amico e collega al locale Politecnico, si familiarizza con la geometria
differenziale di Gauss e Riemann e studia il calcolo tensoriale, o
calcolo differenziale assoluto come si chiama all’epoca il calcolo
elaborato da Ricci-Curbastro, maestro di Levi-Civita a Padova.
Nel
1913 appare il primo frutto del lavoro comune di Einstein e Grossmann,
un abbozzo (Entwurf) di una teoria della relatività generale e della
gravitazione, in cui Grossmann fornisce l’apparato matematico, ossia le
definizioni e gli elementi essenziali del calcolo differenziale
assoluto, a sostegno delle idee fisiche di Einstein. I metodi e le
applicazioni di quel calcolo sono stati presentati da Levi-Civita e
Ricci-Curbastro in un articolo del 1901 che ha fatto epoca. Poincaré ha
scritto una volta che nelle scienze matematiche una buona notazione ha
la stessa importanza filosofica di una buona classificazione nelle
scienze naturali, ricordano Ricci e Levi-Civita in apertura del loro
lavoro. «A maggior ragione, si può dire altrettanto dei metodi» che
«hanno origine e ragion d’essere negli intimi rapporti che li legano
alla nozione di varietà a n dimensioni che dobbiamo al genio di Gauss e
di Riemann».
Quell’articolo è un sistematico compendio di metodi,
accompagnati dalle numerose applicazioni alla fisica matematica che
Levi-Civita padroneggia in maniera magistrale. Professore di meccanica
razionale a soli 24 anni, delle sue grandi qualità il matematico
padovano ha dato prova in una serie di contributi nei campi più diversi –
dalla teoria degli infinitesimi alla teoria degli invarianti, alla
meccanica analitica al problema dei tre corpi – che, a neppure
trent’anni, ne fanno uno dei più geniali e poliedrici matematici del
tempo.
Sono queste le «cose matematiche» cui allude Einstein in
quella sua prima lettera a Levi-Civita, che segna l’inizio di una fitta
corrispondenza tra Padova e Berlino, dove nel frattempo si è stabilito
il grande fisico. «Una corrispondenza così interessante non mi era
ancora capitata» confessa Einstein al matematico italiano il 2 aprile.
«Dovrebbe vedere con quale ansia aspetto sempre le sue lettere». E ne ha
ben donde. Einstein cerca infatti ogni volta di controbattere con nuovi
argomenti, e di mettere così la sua dimostrazione al riparo dalle
reiterate critiche di Levi-Civita («mi accorgo dalla sua cartolina del 2
aprile che Lei insiste nella sua obiezione... cercherò di confutarla» o
ancora il 21 aprile «Lei ritiene ancora che il Teorema non sia valido.
Io spero però che la lettera che Le ho inviato ieri La convinca») finché
il 5 maggio, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, in una
lettera che chiude quell’intenso carteggio Einstein è costretto a
riconoscere che Levi-Civita ha ragione: «la mia prova è incompleta» e
una proprietà essenziale è solo congetturata ma «non è dimostrata».
Inizia
allora per Einstein il periodo di duro, solitario lavoro che nel giro
di qualche mese lo porta a stabilire la forma corretta delle equazioni
gravitazionali che egli presenta all’Accademia delle Scienze di Berlino
in una nota del novembre 1915. «Le equazioni gravitazionali
rappresentano un vero trionfo dei metodi del calcolo differenziale
assoluto», riconosce allora Einstein. «La nuova relatività fu costruita
un po’ a tentoni fra il 1913 e il 1915», dirà Levi-Civita anni dopo
scrivendo al fisico Augusto Righi, che gli chiede lumi sulla teoria
einsteiniana. «Come Ella ben sa, lo strumento analitico essenziale di
questa teoria è il calcolo differenziale assoluto del Ricci».
Levi-Civita tace sul proprio ruolo decisivo. Ma altrettanto decisivo, e
stavolta pubblico, è un articolo scritto nel novembre 1916 destinato ad
esercitare un’enorme influenza sugli sviluppi della teoria della
relatività generale e della moderna geometria differenziale, nel quale
egli definisce il significato di parallelismo e di «trasporto parallelo»
in uno spazio a n dimensioni, mettendo in luce le intime connessioni
tra parallelismo in una varietà e tensore di curvatura di Riemann.
Con
quel lavoro si chiude il periodo padovano, la stagione più originale e
feconda di Levi-Civita, ma non si esaurisce certo il suo interesse per
la teoria della relatività generale oggetto di una quarantina di suoi
scritti. Chiamato all’Università di Roma nel dicembre 1918, Levi-Civita è
un’autorità riconosciuta a livello internazionale, che le leggi
razziali del 1938 costringono al silenzio minandone in maniera fatale la
salute e lo spirito, fino alla morte nel 1941.
A cent’anni di
distanza dalla redazione di quel fondamentale lavoro sul trasporto
parallelo l’Università di Padova ha deciso di onorare il suo antico
studente e geniale maestro intitolando a Tullio Levi-Civita il
Dipartimento di matematica con una cerimonia che si svolgerà la mattina
del 25 novembre nell’Aula Magna del Palazzo del Bo (vedi
http://www.math.unipd.it/it/news/?id=1929).