Il Sole 8.11.16
Boschi: meno politici, impegno mantenuto
Onida: è populismo
di Manuela Perrone
ROMA
 Il taglio dei costi della politica? Per la ministra Maria Elena Boschi 
«non è demagogia, ma è mantenere un impegno preso: tutti, non solo il 
Pd, in campagna elettorale avevamo promesso che avremmo ridotto il 
numero dei parlamentari». Per l’ex presidente della Consulta Valerio 
Onida, si tratta invece di «argomenti populisti» che nulla hanno a che 
fare con la Costituzione. Ed è «improprio», a suo avviso, tagliare su 
una sola camera: «Abbiamo bisogno semmai di aumentare la qualità dei 
nostri politici, ma questo non può farlo una riforma costituzionale».
Dopo
 il confronto Renzi-Zagrebelsky, ieri sera a Otto e mezzo su La7 è 
andato in scena un altro duello tra politica e professori sul referendum
 del 4 dicembre: la madre delle riforme contro il giurista autore del 
ricorso avverso il quesito referendario. Onida ha evitato toni 
catastrofisti: «La dittatura non è alle porte né in caso di vittoria del
 sì né del no. Ma la riforma va nel senso della concentrazione del 
potere. E non rispetta la distinzione tra partiti e governo che ha 
sempre caratterizzato la nostra storia».
La ministra ha ricordato a
 Onida come la riduzione del numero dei parlamentari fosse prevista 
anche nel documento dei dieci saggi bipartisan di Enrico Letta di cui il
 giurista ha fatto parte e ha difeso la scelta di portare il Senato da 
315 componenti a cento: «Serve ad attribuire maggiore efficienza a una 
camera che cambia fisionomia, perché rappresenterà le autonomie locali».
 «Meno funzioni meno componenti è equazione non accettabile», ha 
replicato Onida.
Boschi non si è scomposta quando le sono stati 
rammentati i sondaggi di ieri, secondo cui il no è avanti di qualche 
punto: «Ci porterà fortuna: anche alle elezioni europee dicevano che il 
M5S aveva sorpassato il Pd, e invece abbiamo ottenuto il 40%». Sui 
rapporti con la minoranza dem, ha affondato: «Bersani sta cercando un 
modo per giustificare il fatto che dopo aver votato la riforma tre volte
 ora dice no. Bersani e D’Alema stanno facendo quello che Bertinotti ha 
fatto nel ’98, ma noi non mandiamo via nessuno». Quanto al calo di 
simpatia verso il premier Renzi, Boschi ha spiegato: «Quando si è al 
governo non sempre si possono fare scelte popolari». Onida ha scosso la 
testa: «Dai politici non sentiamo ormai discorsi seri ma solo quelli che
 accarezzano il verso del pelo».
Le posizioni sono rimaste 
distanti. Due ore prima, la ministra era intervenuta al convegno “Il 
referendum costituzionale tra Europa e Italia”, organizzato dalla Luiss.
 Rispondendo alle domande degli studenti della Luiss School of 
Government, Boschi ha invitato ad arrivare al «cruciale» appuntamento 
referendario «consapevoli dell’importanza di quella data non solo per il
 Paese ma per la vita di ciascuno di noi». Ha sollecitato a votare 
interrogandosi non sulle riforme ideali, ma su questa: «Migliora o non 
migliora l’esistente?». Ha elogiato i meriti dell’addio al bicameralismo
 paritario («Il procedimento legislativo sarà più snello, più rapido, 
più efficiente») e del nuovo Titolo V: «Semplifica la vita: si limita la
 burocrazia, non la democrazia». Che, per la ministra, diventa 
«democrazia decidente» senza cambiare i poteri del governo. Perché «è 
una democrazia bloccata da veti contrapposti che comporta il rischio di 
deriva autoritaria: leggete Calamandrei». Il fil rouge del discorso di 
Boschi è stato «il valore della stabilità», utile anche a recuperare 
credibilità a livello internazionale: «Per me che ci sia una maggioranza
 che decide è democrazia, non dittatura».
 
