Il Sole 3.11.16
Perché i mercati «votano» Hillary Clinton
di Mario Platero
Wall
Street preferisce Hillary Clinton a Donald Trump. Solo un’opinione o un
fatto? Due economisti hanno fatto uno studio in materia e hanno
concluso che la correlazione fra momenti di debolezza di Hillary Clinton
e cadute del mercato è evidente e fattuale. Lo studio di Justin
Wolfers, dell’università del Michigan e di Eric Zitzewitz di Darmouth
College si intitola: «Cosa pensano i mercati finanziari delle elezioni
del 2016?». La risposta l’hanno avuta da un monitoraggio in tempo reale
dell’andamento dei mercati azionari (futures) e valutari durante i
dibattiti presidenziali. E l’evidenza empirica è emersa chiarissima:
quando Hillary era in difficoltà i valori di mercato si indebolivano e
viceversa. Nell’intervista a entrambi pubblicata su queste pagine e nei
grafici illustrativi esploriamo gli aspetti tecnici dell’esperimento. Ma
qui è importante capire quali sono gli aspetti di programma che hanno
portato gli operatori a preferire Hillary a Trump. A parte le questioni
di fondo che riguardano multilateralismo e commerci, i timori di rischi e
inaffidabilità impliciti in un’amministrazione Trump che sarà gestita
“in famiglia” con figli e genero, ci sono aspetti più tecnici su cui
Trump e Hillary divergono.
Hillary ad esempio ha respinto l’idea
di imporre una tassa sulle transazioni finanziarie richiesta da alcuni
dei suoi più influenti sostenitori, come i due senatori della sinistra,
Bernie Sanders e Elizabeth Warren. Al suo posto favorisce una tassa
molto più contenuta sugli ordini annullati da parte degli operatori che
usano algoritmi ad altissima velocità a volumi per speculare sul
mercato. Mentre Trump aggredisce Wall Street e le grandi multinazionali
accusando entrambi di essere al centro di un complotto dei “poteri
forti” contro gli americani e promette punizioni e interventi, Hillary è
più pragmatica nei confronti del settore bancario ma anche nei
confronti delle società finanziarie tipo hedge funds o private equity
funds. Per i private equity in realtà, come Trump, vuole modificare il
sistema che consente di trattare i profitti annuali come guadagni di
capitale. Ma per le finanziarie pure propone una “tariffa rischio” per
le più grandi e un irrigidimento delle regole che impediscono alle
banche di investire in hedge funds invece ad esempio di tasse sulle
transazioni.
E comunque queste iniziative prenderanno molto tempo
perché saranno incluse in un progetto di riforma fiscale di più ampie
proporzioni. Un risultato pratico? Hedge funds e private equity funds
hanno contribuito alla campagna di Hillary 56 milioni di dollari. Per la
campagna Trump, secondo uno studio della Reuters, hanno donato soltanto
243mila dollari. Lo stesso vale per le banche, i dipendenti delle più
importanti 17 banche americane hanno contribuito per Hillary con un
rapporto di 10 a 1 rispetto a Trump.
Quattro anni fa lo stesso
gruppo aveva donato al candidato repubblicano Mitt Romney il doppio di
quanto avesse donato alla campagna di Barack Obama. E oggi? Con Trump in
recupero – il mercato scommesse è passato dal 90% a favore di Hillary
al 65% - e con i mercati in perdita, se Hillary dovesse vincere ci sarà
quasi certamente un forte upside che potrebbe essere anche del 10% in
pochi giorni.