mercoledì 2 novembre 2016

Il Sole 2.11.16
Ma la vittoria si gioca nei sei Stati ancora indecisi
di Mario Platero

Sei giorni per cambiare il mondo e sei stati per cambiare l’America: se Donald Trump riesce a vincere Florida, Nord Carolina, Ohio, Iowa, Nevada e Arizona avrà vinto la Presidenza degli Stati Uniti. Da oggi, dopo il sondaggio Washington Post Abc che riflette l’intervento dell’Fbi e che dà la maggioranza del voto popolare a Trump con il 46% contro il 45% l’impresa è possibile. E il mondo dal giorno dopo sarà davvero cambiato, per le mille incertezze che riguardano una presidenza Trump, foriera di rottura con la tradizione con cui è stata gestita la Repubblica degli Stati Uniti d’America.
La partita si deciderà dunque sul filo di lana. Ricordiamo che la Casa Bianca non si vince in base al voto popolare ma a quello elettorale, rappresentativo dei singoli stati. E in questi ultimissimi giorni Trump ha sfruttato benissimo a suo vantaggio notizie contro Hillary in arrivo da wikileaks e soprattutto dall’Fbi ed è avanzato rapidamente anche lungo il fronte dei singoli stati: Hillary fino a ieri era ancora in vantaggio su base “statale”, con probabilità del 71,8% di vincere contro il 28,2% di Trump,ma il gap si sta chiudendo rapidamente, una settimana fa Hillary era all’86% e Trump al 13.
Facciamo qui un piccolo riassunto del meccanismo elettorale americano. La maggioranza del voto popolare ha un effetto traino, ma non è decisiva. Quel che conta è la vittoria nei singoli stati, per dare rappresentatività federale anche ai più piccoli. Complessivamente i 50 stati americani esprimono 538 voti elettorali. Per vincere occorrono 270 voti e i voti elettorali dipendono dalla popolazione. La California ad esempio ha il numero più alto di voti elettorali, 55. Il Delaware e il Maine il più basso, 3. Ciascuno dei candidati ha degli stati “sicuri” in cui vince per tradizione ora repubblicana ora democratica con probabilità spesso vicine o superiori al 90%. New York ad esempio, 29 voti elettorali, voterà con il 99% delle probabilità per Hillary. Il Texas, 38 voti elettorali, voterà con il 99% delle probabilità per Trump. I più importanti aggregatori di sondaggi americani, RealClear Politics (Rcp) e Fivethirtyeight hanno fatto una conta molto accurata delle singole contee per ciascuno dei 50 stati e secondo Rcp 40 stati sono di fatto assegnati, con 10 stati incerti, Ohio, Florida, Carolina del Nord, Nevada, Iowa, Arizona, Georgia, Colorado, Maine e New Hampshire. Secondo questo conteggio fino a ieri Hillary avrebbe già in tasca 259 voti elettorali contro i 164 di Trump. Per vincere la Casa Bianca dunque, l’8 novembre Trump dovrebbe conquistare almeno 9 dei 10 stati incerti che insieme esprimono 115 voti elettorali, cosa difficile in circostanze normali, ma non impossibile nella situazione di “momentum” in cui si trova e nell’altissima volatilità e tensione emotiva di queste elezioni. Con la vittoria in tutti gli stati incerti Trump arriverebbe al di sopra di quota 270 voti elettorali. A Hillary, se le elezioni fossero oggi, basterebbero solo 11 voti elettorali. Per lei sarà sufficiente vincere il Colorado, 9 voti elettorali, dove ha già il 44% del voto contro il 40% di Trump o la Carolina del Nord, 15 voti elettorali dove ha il 47,3% del voto contro il 44,7 di Trump. Una vittoria in Florida che ha 29 voti elettorali e dove ha il 44,5% del voto contro il 45,5 di Trump per lei sarebbe determinante. Fivethirtyeigth è più aggressivo, attribuisce tutti gli stati indipendentemente dai margini di incertezza e ieri vedeva Hillary in testa con 306,4 voti elettorali contro i 230,4 di Trump, ma una settimana fa il conteggio dava a Hillary 333 voti elettorali contro 201 per Trump. Per questo la nostra scelta è stata di mediare fra i due lasciando fuori degli stati come fa Rcp ma non tutti e dieci. Abbiamo così scelto Florida, Nord Carolina, Nevada, Arizona, Iowa e Ohio. Insieme porterebbero a Trump 84 voti a lo farebbero salire (al netto di depurazioni fra le due medie) a quota 278 voti elettorali. Più che “abbondante” per vincere la Casa Bianca. E per cambiare il mondo.
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Mario Platero