mercoledì 2 novembre 2016

Il Sole 2.11.16
Campidoglio. Atac, le mosse del M5S per evitare il default
Domani in aula la mozione di maggioranza: si riparte da biglietto elettronico e riorganizzazione
di Manuela Perrone

ROMA Nessun commissariamento e «nessun aumento del prezzo del biglietto», assicura il presidente della commissione capitolina Trasporti, Enrico Stefàno. Ma un’azione di risanamento di Atac, la partecipata romana della mobilità, lungo quattro direttrici. Dall’incremento dei magri ricavi attraverso il potenziamento dei controllori e la bigliettazione elettronica («La renderemo efficiente, il modello è la Oyster Card di Londra») all’aumento della velocità commerciale attraverso corsie preferenziali e ottimizzazione delle fermate. Dalla riorganizzazione degli 11.878 dipendenti, anche «internalizzando tutti i servizi e le manutenzioni essenziali», all’avvio delle procedure per «far valere il credito dell’azienda nei confronti della Regione Lazio», pari a circa 550 milioni.
Le misure sono messe nero su bianco nella mozione di maggioranza che domani approderà in consiglio comunale a Roma: il no dei Cinque Stelle al commissariamento ventilato nell’Odg targato Pd, Fi ed ex An, approvato dal Senato il 25 ottobre con il parere favorevole del governo. L’Aula - si legge - impegna sindaca e giunta «a intraprendere ogni azione possibile volta al risanamento dell’azienda». Il diktat di Beppe Grillo a Virginia Raggi e consiglieri durante il suo ultimo blitz in Campidoglio. Stefàno, assessore ombra ai Trasporti, che si muove in tandem con la titolare Linda Meleo, chiarisce: «Vogliamo che Atac sia messa in condizione di svolgere il proprio servizio e di partecipare alla gara del 2019, quando scade il contratto di servizio con Roma Capitale».
Il consigliere non nega «l’enorme difficoltà» della partecipata, a partire dal debito di circa 1,3 miliardi (di cui 180 milioni verso le banche, 292 verso i fornitori e quasi 430 verso Roma Capitale, appena congelati per permettere la rinegoziazione del prestito con gli istituti di credito). Un buco nero che «comporta grosse difficoltà con i fornitori». La mozione riepiloga alcuni degli sperperi del passato: i 70 milioni in derivati e obbligazioni negli anni 2000, definiti «operazioni temerarie» dal collegio sindacale nella relazione al bilancio 2012; il fenomeno dei titoli di viaggio falsi; l’impegno per oltre 100 milioni a luglio 2009 «per l’acquisto di una sede di dubbia utilità». E poi le esternalizzazioni che «hanno penalizzato l’attività manutentiva», l’acquisto di soli 330 bus su un parco di oltre 2mila negli ultimi dieci anni, fino ai 58 milioni cancellati dal bilancio a maggio 2016 dall’ex commissario Tronca, destinati alla manutenzione delle linee metropolitane. «Un atto criminale», lo bolla Stefàno. Diciotto milioni sono stati recuperati, sugli altri sta lavorando Meleo con l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo, in vista del previsionale 2017 da approvare entro fine anno.
I numeri raccontano una società vicina al fallimento: le vendite da biglietti e abbonamenti sono passate dai 275 milioni del 2014 ai 260 del 2015, e per il 2016, nonostante il Giubileo, il trend non si è invertito. I mezzi che escono nelle ore di punta sono circa 1.200, contro i 1.500 previsti dal contratto di servizio. Ricostruire non è facile. L’amministratore unico di Atac, Manuel Fantasia, ha appena illustrato a Meleo e Stefàno le linee guida del nuovo piano industriale. Centrale sarà la riorganizzazione del personale. «Bisogna privilegiare i ruoli operativi a quelli amministrativi e riconvertire, se necessario», spiega il consigliere. Ma occorre anche rimettere mano alla flotta, in ginocchio per usura, guasti e sabotaggi: «Entro l’anno avremo i primi 100 nuovi bus del pacchetto da 150 sbloccato l’estate scorsa. Gli ultimi 50 sono previsti tra febbraio e marzo. E cercheremo di recuperarne altri 150, grazie a manutenzioni già avviate». Ma ne servirebbero mille.
Trenitalia ha già manifestato tutto l’interesse a gestire il trasporto romano. «È uno stimolo a lavorare meglio - commenta Stefàno - ma Atac è patrimonio della città e deve restare dei romani». Anche se da dieci anni non chiude un bilancio in attivo e per il 2016 sta tentando di contenere il rosso entro i 50 milioni. Anche se il Campidoglio continua a farle da bancomat. Un Titanic davanti all’iceberg? Stefàno ammette: «È messa malissimo. Ma speriamo di virare in tempo».