il manifesto 2.11.16
Par condicio per le confessioni religiose
di Vincenzo Vita
Par
condicio luterana. Dopo l’incontro di Lund, in Svezia, tra il Papa di
Roma Francesco e il presidente della Federazione luterana mondiale, il
palestinese Munib Younan, sarebbe ora che si applicassero le
disposizioni generali sul pluralismo anche alla rappresentazione delle
differenti confessioni religiose.
Al momento lo spettro delle
opportunità rimane fermo a tre storiche trasmissioni: Protestantesimo
(in orario da nottambuli), Sorgente di vita (un po’ meglio, per lo meno
in ore diurne) e Culto evangelico, rubrica radiofonica di discreto
ascolto infilata la mattina tra notiziari, ultime sul traffico e
rassegne stampa.
Proprio l’avvicinarsi del quinto centenario
dell’esposizione delle 95 tesi di Lutero e l’inedita riapertura del
dialogo con la massima autorità del credo cattolico inducono a urgenti
correzioni. Vale a dire la parità di trattamento tra le articolazioni
del monoteismo. Dai vari filoni protestanti, all’ebraismo, all’Islam.
Critica
liberale, la rivista diretta da Enzo Marzo, commissionò qualche mese fa
alla società «Geca Italia» (la stessa che raccoglie i dati sulle
presenze politiche per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
una ricerca proprio sull’argomento per gli anni 2009-2014, sostenuta con
i fondi dell’8Xmille valdese. Risultati scandalosi e persino
disarmanti. Le rilevazioni valgono per Rai, Mediaset, La7 e Sky.
Tuttavia,
limitiamoci alla parte pubblica, vincolata da obblighi maggiori e più
specifici. Ecco il 2014: alla fede cattolica va dal 96,25% del Tg1, al
98,42% del Tg2, al 100% (!) del Tg3, al 95,82% di Rainews: del tempo di
parola. Poco sopra dell’1% le religioni musulmana ed ebraica, anor meno i
culti evangelici.
Il riferimento all’ultima annata disponibile ha
un significato preciso. I valori percentuali non appaiono granché
dissimili nel tempo, pur essendo cambiata profondamente la geopolitica
delle fedi nel e del villaggio globale. Ora, con l’apertura impressa da
Francesco, il puro predominio della versione cattolica della religione
danneggia proprio le linee evolutive volute da Bergoglio.
Del
resto, la riforma di Lutero prese di mira innanzitutto le degenerazioni
del potere temporale, la compravendita delle indulgenze, le gerarchie
ecclesiali inzuppate di autoritarismo. E Francesco ha centrato il suo
ministero su tale capitolo cruciale.
L’Italia, com’è noto, non ha
mai avuto la riforma protestante e gli effetti si vedono nella
permanente attualità della questione morale.
Nell’avvicinarsi
della scadenza del rinnovo della concessione pubblica (per grave
negligenza del governo siamo in piena vacatio, non essendo ancora in
vigore la legge sull’editoria in cui fu inserita la proroga dei
termini), è davvero auspicabile che si riveda la prassi della Rai,
superando lo schema unilaterale che risale all’era di Ettore Bernabei.
Tra
i compiti della cultura laica vi è pure quello di favorire la
conoscenza delle religioni, in quanto componenti essenziali del
pensiero. Credenti o meno che si sia.
Tra l’altro, il dialogo
religioso è un capitolo delle relazioni di pace e il sistema
radiotelevisivo ha l’opportunità di svolgere una funzione di
prim’ordine.
Insomma, il valore aggiunto della straordinaria
apertura avvenuta in terra di Svezia sta nell’arricchimento dell’offerta
comunicativa. Il racconto della riforma protestante è decisivo per
capire meglio quei secoli complessi e affascinanti che l’approccio
dominante della storiografia ha semplicisticamente chiamato Medioevo. Le
tesi di Lutero ci interpellano sulle contraddizioni della modernità in
crisi.