Il Sole 26.11.16
Una casa europea contro il razzismo
La Chiesa è impegnata nel formare una cittadinanza responsabile
di Nunzio Galantino
Segretario Generale della Cei e Vescovo emerito di Cassano all’Jonio
Non
bastavano le cronache recenti a documentare la persistenza di forme di
intolleranza, xenofobia e razzismo che feriscono la dignità della
persona e mortificano la convivenza civile: manifestazioni di odio tanto
violente quanto ingiustificabili. Da qualche giorno infatti siamo
costretti a fare i conti anche con progetti e proclami politici che
mettono a tema e promettono iniziative che vanno proprio nella direzione
dell’intolleranza, della xenofobia e del razzismo. Vittime designate e
prioritarie di questi progetti sono, come sempre, le fasce meno
protette.
Ho accolto con piacere, nei giorni scorsi, l’invito
rivoltomi dalla terza carica dello Stato ad affrontare un’audizione
parlamentare su questo argomento. Una buona opportunità prima di tutto
per me. Mi ha permesso di fare il punto della situazione e di
confrontarmi sull’effettivo impegno delle istituzioni nella lotta
all’intolleranza, alla xenofobia e al razzismo. Ne ho ricavato la
convinzione che il carattere non episodico di questi fenomeni – e la non
sempre pronta e chiara riprovazione di essi - impone una seria
riflessione e un impegno comuni, finalizzati a elaborare proposte di
prevenzione e di contrasto efficaci a livello istituzionale, sociale e
culturale. Riflessione e impegno che, da un lato, devono aprirsi a una
dimensione più ampia, con particolare attenzione all’orizzonte della
“Casa europea”; dall’altro lato - sottratti a letture e derive
ideologiche – possono rappresentare un fertile terreno di incontro e di
dialogo fra diverse forze politiche, fra credenti e non credenti, fra
società civile e comunità ecclesiale. Per fortuna non si parte da zero.
Sono tanti i pronunciamenti e gli impegni concreti sui quali da più
parti ci si sta spendendo. Per il periodo più recente, ricordo il
messaggio (21 marzo 2015) inviato dal Presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, al Sottosegretario di Stato con delega
all’Integrazione, Franca Biondelli, in occasione della Giornata Mondiale
Contro il Razzismo, nel quale si rileva che: «Dopo tanti anni dalla
Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo focolai di intolleranza permangono
nella nostra società. In tempi di crisi economica, quali stiamo vivendo,
può crescere in modo sensibile il rischio del contagio xenofobo e
razzista. Occorre pertanto educare e vigilare. Particolare attenzione
deve essere data al mondo di internet, che si dimostra il campo
privilegiato per predicatori di odio…». Il Presidente addita così
l’impegno a diffondere e rafforzare «la cultura dell’accoglienza e della
solidarietà, patrimonio e ricchezza del nostro Paese». In senso analogo
va quanto la Presidente della Camera, in occasione dell’insediamento
della Commissione “Jo Cox” (10 maggio 2016), ha dichiarato circa la
necessità di un’alleanza con cui contrastare le diverse forme di
razzismo, a fronte del diffondersi nel discorso pubblico, e in
particolare sulla rete internet, di un linguaggio intollerante, che
incita a comportamenti ispirati a forme d’odio.
La Chiesa segue
questi sviluppi con particolare attenzione, cercando di offrire un
contributo fondato su principi ispiratori, che risultano chiaramente
enunciati anche in alcuni recenti interventi della Santa Sede. Nel
Discorso alla delegazione del “Simon Wiesenthal Center” del 24 ottobre
2013, Papa Francesco ha sottolineato come il problema dell’intolleranza
«debba essere affrontato nel suo insieme: là dove una minoranza
qualsiasi è perseguitata ed emarginata a motivo delle sue convinzioni
religiose o etniche, il bene di tutta una società è in pericolo e tutti
dobbiamo sentirci coinvolti». A tale riguardo, il Papa ha fatto
esplicito riferimento «alle sofferenze, all’emarginazione e alle
autentiche persecuzioni che non pochi cristiani stanno subendo in
diversi Paesi del mondo». Ne sono stato testimone diretto! Soprattutto
nelle molteplici missioni compiute in Medioriente, con particolare
attenzione ai profughi iracheni e siriani e a tante situazioni che
feriscono la pace e la convivenza in Terrasanta. Nel decennio in corso
la Chiesa italiana ha assunto l’opera educativa come ambito prioritario
di impegno, con l’attenzione a «superare i confini parrocchiali e ad
allacciare alleanze con le altre agenzie educative» (CEI, Educare alla
vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano
per il decennio 2010-2020, 42), cercando insieme di formare alla
cittadinanza responsabile (Ibid., 54) con l’impegno esplicito, in
particolare, a superare ogni forma di intolleranza e di conflitto, come
pure paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il
dialogo e la collaborazione (Ibid., 14). Sul fronte dell’impegno
culturale, mi sono sembrate molto produttive le iniziative di dialogo
interreligioso con Ebrei e Musulmani, come il sostegno alla campagna per
la riforma della legge di cittadinanza, così da riconoscerla alle
centinaia di migliaia di bambini e ragazzi figli dell’immigrazione e
nati o comunque cresciuti nel nostro Paese: per molti di loro gli
Oratori e la Sale della comunità sono luoghi di incontro e di effettiva
integrazione. Su un altro piano, grande interesse sta riscuotendo la
campagna di comunicazione “Anche le parole possono uccidere”, voluta per
superare ogni forma di intolleranza e aggressività che sembra essere
diventata l’unica forma di comunicazione della quale sono capaci alcuni
politici e alcuni aderenti a movimenti, anche di
ispirazione…“religiosa”. La risposta alla disgregazione, che ieri
nasceva dalla guerra e oggi dai conflitti sociali, passa da una capacità
di unione all’interno di un quadro europeo e internazionale di tutela
del bene comune. È questa, del resto, anche l’unica strada con la quale
tutelare e promuovere al meglio gli stessi interessi delle singole
Nazioni. L’antidoto necessario alla diffidenza e alla paura, nonché alle
regressioni difensive che ingenerano, rimane l’educazione al rispetto
dell’altro e delle sue idee, il richiamo inesausto alla dignità assoluta
di ogni persona umana, senza opzioni parziali inevitabilmente
falsificanti e non di rado strumentali. In questa ottica non bisogna mai
smettere di esprimere riprovazione nei confronti di quanti continuano a
seminare odio attraverso parole in libertà e aggressioni gratuite.