sabato 19 novembre 2016

Il Sole 19.11.16
Il caso della ragazza inglese «crioconservata»
La pseudoscienza e l’inganno dell’ibernazione
di Gilberto Corbellini

Il caso della ragazza inglese quattordicenne uccisa da un cancro, il cui corpo è stato ibernato su decisione di un giudice, che ha dato torto al padre, contrario, e ragione a lei e alla madre, riapre la questione della crioconservazione post-mortem. Se non ci fosse stato di mezzo un giudice che ha dovuto stabilire a quale genitore la legge desse ragione, non se ne sarebbe parlato. Di fatto, la questione riguardava cosa fare del cadavere della giovane: lei non voleva essere seppellita, ma essere ibernata.
Come ha dichiarato il giudice, la sentenza non dice nulla sulla validità della procedura di crioconservazione, cioè su quanto questa tecnica oggi risponda alle aspettative della ragazza di essere un giorno riportata in vita, guarita e messa in condizione di vivere molto più dei pochi anni che le sono stati concessi. Era un problema di come disporre del cadavere. La ragazza, ha dichiarato ancora il giudice, lo aveva colpito per il coraggio con cui affrontava la morte e la convinzione di aver capito informandosi su internet che le promesse della crionica sarebbero credibili.
In realtà, allo stato delle conoscenze e tecnologie la preservazione di un cadavere a -196°C per farlo quindi risorgere e guarire in un futuro prossimo è un’illusione. Meglio, promettere che questa procedura conserverà il corpo in condizioni tali da poter riportare in vita la persona è un inganno. È pseudoscienza. E sono pseudoscienza anche le teorie sulla base delle quali si cerca di giustificare e vendere questo trattamento del cadavere. Nel senso che, anche ammesso che si riuscisse a ibernare un cadavere nei primissimi minuti dopo il decesso (con evidenti problemi legali ed etici relativi ai tempi necessari per l’accertamento della morte) l’idea che fissando chimicamente e col freddo le connessioni del cervello, queste preservino l’informazione relativa agli stati mentali, o si possano considerare queste architetture nervose congelate una sorta di hardware sul quale un giorno potrà essere ricaricato il software mentale dell’individuo, è un’allucinazione che non ha alcun senso biologico. Nel nostro cervello hardware e software, cioè mente e struttura anatomica, sono la stessa cosa. E la mente è l’attività biochimica ed elettrica del cervello, che una volta fermata perde l’integrazione funzionale e non è più la persona con la sua identità psicologica.
Le tecnologie di crioconservazione sono migliorate nel tempo e oggi si usano sia sostanze antigelo sia procedimenti di vitrificazione per impedire che si formino cristalli di ghiaccio che distruggerebbero le cellule. Ma sono miglioramenti tecnologici che non fanno avanzare le chance di riportare in vita i morti. La tecnologia è peraltro illegale in alcuni Paesi, come Francia e Canada, e i centri che la usano e offrono il servizio sono in Usa e Russia. Le procedure sono grosso modo le stesse e si tratta di sostituire il sangue del cadavere, entro il minor tempo possibile dal decesso, con un liquido antigelo e immergendolo quindi in azoto liquido. I costi sono molto diversi nei due Paesi, nel senso che crioconservare solo la testa costa $12mila in Russia e $80mila negli Stati Uniti, mentre tutto il corpo costa $36mila in Russia e $200mila negli Stati Uniti. Si calcola che siano alcune centinaia, quasi 300 negli Stati Uniti, i cadaveri crioconservati e che diverse migliaia siano in lista di attesa.
Le discussioni e le aspettative sulla crioconservazione andavano di moda soprattutto negli anni Sessanta, quando la conquista della luna e altri traguardi tecnologici e scientifici resero immaginabile la prospettiva dell’immortalità usando la crioconservazione. Tra l’altro circolava la leggenda che Walt Disney si fosse fatto ibernare, mentre si era fatto cremare, e l’idea era avvallata anche da importanti scrittori come Isaac Asimov o da personaggi della controcultura come Timothy Leary. Oggi si tratta di un business e di un tema di nicchia.
Gli aspetti etici della crioconservazione non sono particolarmente complicati. Intanto c’è la questione che si vende un trattamento del cadavere che non può mantenere quello che promette, ovvero si sfrutta il sogno umano individuale di non morire. In ogni caso, ognuno è libero di buttare i soldi come vuole e c’è sempre la scommessa di Pascal: cosa ci si perde, in fondo, a crederci. Solo dei soldi. Tuttavia, le teorie che ispirano queste aspettative mettono in discussione il concetto di morte, sia in senso tradizionale sia in senso scientifico e potrebbero indurre alcune persone a voler morire prematuramente per ibernare il proprio corpo nelle condizioni migliori. Potrebbero però alla lunga venire vantaggi indiretti dalle ricerche sulla crioconservazione, per esempio facendo scoprire metodi per conservare più a lungo e in migliore efficienza gli organi da trapiantare.