Il Sole 18.11.16
Perché No
Un ritorno al centralismo che ci allontana dalla Ue
di Giuseppe Gargani
In
un interessante articolo pubblicato sul Sole 24 Ore (si veda l’edizione
del 6 novembre scorso) Sergio Fabbrini scrive che «sulle grandi
questioni che sono al centro delle preoccupazioni dei cittadini (crisi
economica, immigrazione, terrorismo, sicurezza) le decisioni vengono
prese dai capi di governo che si riuniscono nel consiglio (…). Lì
contano le qualità personali del leader, ma soprattutto la credibilità
del Paese (…) credibilità che dipende dalla continuità dell’azione del
Governo». L’articolo tende a dimostrare che solo attraverso le
“modifiche” alla Costituzione potremo avere credibilità e “valore
europeo”. In verità la credibilità di un paese dipende dalla capacità di
risolvere i problemi che sono proprio quelli indicati da Fabbrini, ai
quali aggiungo il problema del Mezzogiorno e delle aree meno sviluppate.
Le
riforme che gli organismi europei hanno richiesto più volte hanno
questo obiettivo: mettere mano al sistema della spesa pubblica e
sistemare i conti. Nessuno ci ha chiesto una riscrittura della
Costituzione. Le riforme chieste da Bruxelles sono quelle in grado di
adeguare la struttura dello Stato alle nuove esigenze dello sviluppo,
individuare una strategia politica per le industrie e per le imprese,
garantire un’amministrazione ben funzionante, una giustizia efficiente
livello di istruzione. Non una riscrittura disadorna della Costituzione.
Le
“modifiche” costituzionali ridimensionano la complessa struttura
democratica periferica delle Province, con un ruolo meramente
amministrativo non più programmatorio delle Regioni e il
ridimensionamento del voto degli elettori, e portano ad un governo
centralista lontano dagli interessi dei territori. Le battaglie di tanti
anni portate avanti soprattutto dalla classe dirigente e dai cittadini
del Mezzogiorno hanno consentito il superamento del governo centralista e
la creazione di una struttura periferica. Ora si torna ad un governo
centralista di vecchia memoria. Altro che rinnovamento.
Una
società complessa come la nostra ha bisogno di istituzioni vicine al
cittadino. Il nuovo Senato sarà invece composto sulla base di scelte dei
Consigli regionali e non con il voto degli italiani: una configurazione
istituzionale che genera crepe nel principio di sussidiarietà che
finora ha garantito un minimo di armonia europea e di efficacia
istituzionale. Si tratta, dunque, di modifiche che ci allontanano
dall'Europa.
Come si può immaginare che il superamento del
bicameralismo (che comunque la “riforma” non realizza) possa risolvere
il “problema della credibilità”? Le due maggioranze politiche della
Camera e del Senato ancorché diverse non hanno impedito all'Italia di
essere fondatore dell'Europa né di essere protagonista: perché allora
far credere che una modifica della Costituzione possa determinare di per
sé un rapporto diverso con l'Europa? Le vicende dei lunghi anni del
dopo guerra dimostrano anzi che il ruolo del Senato e la doppia fiducia
data al governo non hanno rallentato alcunché. Semmai hanno determinato
un miglioramento delle leggi e hanno rafforzato il Governo.
La
Carta costituzionale è una cornice che ha la sua ragione d’essere, come
proclamava il grande Tocqueville, per «evitare la dittatura della
maggioranza»: costituisce un limite al potere politico e, quindi, non
può essere un atto politico. Essa fissa le regole democratiche che
consentono la funzione politica e amministrativa del Governo, il ruolo e
la funzione dei partiti. È una mania tutta italiana quella di pensare
di risolvere i problemi modificando le norme. Si è cominciato negli anni
’90 modificando la legge elettorale proporzionale introducendo il
“mattarellum” pensando di curare i mali della politica e dei partiti, e
abbiamo aggravato la situazione. Ora si pensa di risolvere le nuove
crisi modificando la Costituzione, cambiando la Repubblica italiana che
non sarebbe né parlamentare né presidenziale: un ibrido. Non avremo un
valore europeo ma saremo un equivoco per l’Europa.
Il presidente
del Consiglio - che in maniera del tutto anomala conduce la campagna
elettorale - ha detto come “voce del sen fuggita” che «il Governo passa
il tempo a difendersi dal Parlamento». Il ruolo del Parlamento è quello
di esercitare il controllo e questa è l’armonia costituzionale tra
poteri che, secondo la Costituzione, debbono essere controllati e
condizionati. Questa è la democrazia, che dovrebbe essere superata da un
efficientismo di corto respiro dimenticando che per risolvere problemi è
necessario non il comando di uno ma l’accordo di chi condivide
responsabilità e prerogative. Pensavamo di non dover ripetere una cosa
elementare: che la democrazia è ricerca del consenso e che un governo
che pensa di decidere da solo non determina stabilità ma incertezza e
provvisorietà. E non vi sono “qualità personali” che possono determinare
“credibilità”.