il manifesto 18.11.16
Buffetto Agcom, la «par condicio» è un falso
Dopo
lo show di Renzi, l'Autorità per le telecomunicazioni non emette
sanzioni ma chiede a Fazio la lista ospiti: ora tocca al No. Nuovi dati
sui Tg di Rai e private: lo squilibrio per il Sì nel «tempo di parola» è
nascosto dal «tempo di notizia». E il commissario di Forza Italia
denuncia l'inerzia
di Andrea Fabozzi
Dopo sei
mesi di campagna elettorale senza regole e un mese di par condicio,
l’Autorità garante delle telecomunicazioni finalmente interviene. Ma non
sanziona le televisioni dove lo squilibrio in favore del Sì è una
costante, si limita a spedire «inviti» e «richiami». Il gesto più forte è
un ordine alla Rai perché aumenti, nelle due settimane che restano, lo
spazio informativo dedicato al referendum costituzionale – lo spazio
all’interno del quale si verifica il trattamento di favore per il Sì. Un
secondo ordine è diretto alla trasmissione «Che tempo che fa», dove
domenica scorsa è stato ospite Renzi per 24 minuti senza contraddittorio
(e con il «traino» dei Coldplay). L’Agcom chiede alla Rai di fornire
«la lista dei prossimi ospiti per poter valutare il rispetto delle
condizioni di parità di trattamento». E chiede di farlo «entro 24 ore»,
«riservandosi la facoltà di adottare misure d’urgenza».
Le
sanzioni dunque restano una minaccia. Dal 13 ottobre scorso – inizio
della «par condicio» – malgrado la campagna elettorale sia stata segnata
dall’invadenza del governo e del Sì, l’Agcom è intervenuta solo due
volte con «provvedimenti sanzionatori». Andandosi a occupare
dell’«audience» minima dei siti istituzionali del Friuli e della
Liguria, ordinando la rimozione di notizie su due iniziative pubbliche,
la prima per il Sì e la seconda per il No. Tutto qui.
Il
consigliere dell’Agcom Martusciello (Forza Italia) ha votato contro e ha
deciso di disertare le prossime riunioni perché in passato, ha detto,
l’Authority era sempre intervenuta con decisione in casi simili. Ma alla
Rai è sembrata eccessiva anche la richiesta della lista ospiti della
trasmissione di Fabio Fazio. E ha risposto che era «già previsto, e
anche già noto all’Agcom» che la trasmissione di domenica prossima avrà
come ospite «un esponente del No». Che Fazio non ha ancora comunicato
(ieri sera era in onda con l’altra sua trasmissione, «Rischiatutto») ma
che sarà «come sempre al venerdì» reso noto oggi. I 5 Stelle alzano la
mano, aspettandosi «un invito ufficiale» visto che si considerano «la
principale forza politica» nonché «il soggetto più rappresentativo dello
schieramento del No». Mentre Di Maio accusa Renzi di essere «scappato»
dalla trasmissione «L’Arena». Il vice presidente della camera andrà da
Giletti «e dopo di me avrebbe dovuto esserci Renzi, visto che ha deciso
di fuggire dai faccia a faccia. Ma quando ha saputo della mia presenza
l’ha presa malissimo e nonostante fossimo in orari diversi ha disertato
il programma su Rai1». In televisione il presidente del Consiglio ci
sarà in ogni caso. Lo dimostrano i dati sulle presenze che ieri sono
stati pubblicati sul sito Agcom. Si riferiscono alle ultime due
settimane, dal 31 ottobre al 13 novembre.
Durante questo periodo
in tutti i telegiornali, sia quelli della Rai che quelli di Mediaset che
quelli di La7 e Sky, i partiti schierati per il No hanno beneficiato di
un tempo di parola inferiore sia a quello concesso al Pd e ad Alfano
suo alleato. sia a quello riservato al governo. In alcuni casi molto
inferiore, ad esempio sui tg Rai Forza Italia, Lega, 5 Stelle e Sinistra
italiana, tutti insieme, sono rimasti oltre tre punti e mezzo sotto il
Pd e Ncd. Oppure hanno avuto il 7,77% di tempo in meno del solo governo
su La7. E i tempi del governo e quelli della maggioranza si sommano nel
calcolo degli spazi riservati al Sì.
Nei telegiornali della Rai,
di Mediaset e di Sky il tempo dedicato complessivamente al referendum è
stato più o meno lo stesso, il 5% circa. Solo La7 ha fatto di più, quasi
raddoppiando gli spazi. L’Agcom, che aveva già invitato la Rai ad
aumentare l’informazione sul referendum, ieri ha ordinato di dare
seguito alla raccomandazione, che è rimasta tale per le altre tv. Ma non
ha detto nulla sullo squilibrio tra il Sì e il No, se non rinnovando un
richiamo al tg4.
La ragione è semplice, malgrado il Sì in tutta
evidenza stia dilagando: nei telegiornali Rai i favorevoli alla riforma
vincono facilmente nel tempo di parola: 52,1% a 46,4%. In particolare il
Sì stravince nel (nuovo) tg3 – 56% a 43% -, domina nel tg1 (7 punti
percentuali in più) e si afferma anche nel tg2 (5 punti). La situazione
però si rovescia nel tempo di notizia, che è quello durante il quale il
conduttore o l’autore del servizio danno conto delle posizioni del Sì e
del No senza dare la parola ai protagonisti. Una formula assai meno
efficace, tanto più che i rappresentanti del Sì sono pochi e molto noti
(Renzi, Boschi e pochi altri) mentre quelli del No sono una moltitudine.
In questo modo, però – aumentando il tempo di notizia per il No e
diminuendo quello di parola – il conteggio finale (il cosiddetto «tempo
di antenna») si riequilibria, facendo della «par condicio» un’illusione
numerica. Questo schema Rai è lo stesso che applica Mediaset e che
diventa addirittura paradossale su La7 e Sky, dove il No, che pure è
molto sotto nel tempo di parola, diventa addirittura egemone nel
conteggio complessivo degli spazi.