il manifesto Alias 5.11.16
Tiziano Sclavi, dopo il silenzio
Intervista.
Il creatore di Dylan Dog, un grande appassionato di Dylan Thomas,
pronto a un lungo silenzio stampa concede l'intervista al manifesto per
aver votato comunista tutta la vita
di Alessandro Puglia, Lorenzo Tondo
A
tratti Dog ricorda Thomas. Entrambi dannati e donnaioli. Tutti e due
affascinati dal mistero e dalla morte. Entrambi, soprattutto, di nome
fanno «Dylan». E almeno quest’ultima non è una coincidenza. Ne parla al
manifesto Tiziano Sclavi, fumettista e scrittore, papà dell’
«investigatore dell’incubo» e grande appassionato delle poesie e della
vita di Dylan Thomas. Al punto che era solito attribuire a tutte le
bozze dei suoi personaggi il nome «Dylan» in onore, appunto, del poeta
gallese.
«L’unico poeta che riuscivo a leggere – ammette – le
poesie in genere non le capisco. E poi lo sentivo vicino perché era
alcolizzato». E non è forse un caso che, a differenza di tutti gli altri
personaggi di Sclavi, per il celebre Old Boy di Craven Road, quel nome,
all’inizio provvisorio anche per lui, rimase per sempre. Dylan, Dylan
Dog.
Dalla sua grande villa, eclissata tra i boschi di Venegono in
provincia di Varese, dove vive con la moglie Cristina, e raramente
mette il naso fuori casa, Sclavi parla di Dog e Thomas. Merce rara le
interviste, roba in via d’estinzione per il fumettista, restìo a farsi
vedere in pubblico e a parlare con i cronisti e tornato da poco alla
penna dopo quasi dieci anni di buio con un libro proprio su Dylan Dog
dal titolo più che significativo: Dopo un lungo silenzio (Sergio Bonelli
Editore, 144 p).
«A proposito di silenzio. Pensi che qualche
giorno fa avevo deciso di proclamare un altro lungo silenzio stampa –
confessa Sclavi, appena rientrato a casa dal veterinario dove ha
accompagnato uno dei suoi 7 bassotti – Ma ho votato comunista per tutta
la mia vita, fino a qualche anno fa, e a voi del manifesto non potevo
dire di no».
Dunque in principio c’era Dylan Thomas…
Premetto
che io non vado matto per le poesie. Anzi, devo confessare che non le
capisco. Soprattutto quelle in rima sciolta. Son fatto così, non le
capisco. Ma con Thomas è diverso. Thomas ha fatto saltare in aria tutte
le categorie della letteratura. Uno scrittore inclassificabile.
Attenzione, non sono un esperto di Thomas, ma un semplice appassionato.
Iniziai a leggere le sue opere 50 anni fa. Mi piaceva lo stile sagomato
dei versi. È forse l’unico poeta che riuscivo a leggere e a capire. Per
il resto la poesia preferivo ascoltarla dai testi dei cantautori. De
André e Guccini ad esempio, due grandissimi.
Ecco, ne ha giusto
nominati due che hanno tratto ispirazione proprio dalle poesie di Thomas
per le loro canzoni. Guccini lo ha fatto per il testo de «La Collina».
De André per «Dolce Luna». Ne manca però uno. Uno bello grosso. Anche
lui adora Thomas. Si chiama Robert Allen Zimmerman e diventò in arte
«Bob Dylan» proprio in onore del poeta. E lo stesso si dice abbia fatto
lei con il suo Dog…
Esattamente. In tanti pensavano avessi scelto
quel nome per Bob Dylan. In realtà entrambi lo abbiamo fatto per via di
Thomas. Bob Dylan è andato addirittura oltre, al punto che scelse di
cambiar il suo di nome. Io attribuivo a tutte le bozze dei miei
personaggi il nome provvisorio «Dylan». Mi piaceva anche come suonava
quel nome. Dog invece viene dal titolo di un libro, Dog, figlio di
Mickey Spillane. Lo vidi in vetrina ma confesso di non averlo mai letto.
Cos’altro le piaceva di Thomas?
Mi
piaceva soprattutto la sua vita. Il fatto che vivesse fuori dalle
regole. Dannato. Un poeta dei pub. Ecco, mi piaceva anche il fatto che
fosse alcolizzato. Lo sentivo vicino anche per questo motivo. E poi
nelle sue poesie ricorreva spesso il tema della morte, un tema che mi ha
sempre affascinato. Come in Edgar Allan Poe, che adoravo. Penso di aver
letto quasi tutto di Poe.
Thomas era un gran bevitore, poeta maledetto, un impareggiabile donnaiolo e adorava la musica. Ricorda un po’ Dylan Dog…
(sorride,
ndr) Dite? Sai non c’avevo mai pensato. Vi giuro che non è stata una
cosa voluta. Però a pensarci bene in effetti qualcosina c’è. Poeta
dannato Thomas, dannato anche il mio Dylan.
C’è un mistero attorno
alla morte di Thomas che sembra fatto apposta per quel tizio di Craven
Road. Il medico che gli avrebbe iniettato una dose fatale di morfina ha
un nome da fumetto: si chiamava Felteinstein. A Thomas saldarono
addirittura una strana maschera di ferro sul volto dopo il decesso. Si è
parlato di complotto.
No, non ne sapevo nulla. Pensavo lo avessero accoppato le sbronze.
Può
darsi. Ma da alcune testimonianze non è da escludere che ad ucciderlo
fossero state le sue idee. Thomas, in piena Guerra Fredda, frequentava
socialisti, anarchici e comunisti. Compagni di bevute con i quali il
poeta condivideva il whiskey e anche le idee. Frequentazioni pericolose
per uno che veniva acclamato come una rockstar…
Sì, avevo sentito
dire. Ma in questo caso non cercate un parallelismo con il mio Dog. Il
mio Dylan è apolitico. È vicino ai problemi sociali, vicino alle classi
più emarginate. Quello sì. Ma la politica non gli interessa. E poi vive a
Londra, in un contesto politicamente diverso dal nostro. Non è che il
comunismo c’entrasse molto con l’Inghilterra. Io invece…
Lei invece?
Io
ho votato comunista per tutta la mia vita fino a qualche anno fa. E vi
dico un’altra cosa: forse avrete letto in giro alcune mie interviste
negli ultimi mesi. Io non sono notoriamente un animale mediatico e sono
spesso molto restìo a rilasciare dichiarazioni. Qualche giorno fa avevo
scelto di proclamare un altro silenzio stampa. Ma mi sarebbe dispiaciuto
non fare un’intervista per voi. Con gli altri no, non me ne frega un
tubo. Ma a voi del manifesto non potevo dire di no.