il manifesto 8.11.16
«Fuori, fuori», sulla deriva grillina è scontro nel Pd
Democrack. Polemica nel Pd, la minoranza: noi non ci muoviamo di qui. Renzi: non cacciamo nessuno
di Daniela Preziosi
ROMA
«Noi non cacciamo nessuno». È lo stesso Matteo Renzi, da un comizio a
Frosinone, a mettere una toppa al finale pirotecnico della Leopolda
edizione 7, finita bordeggiando espulsioni a furor di popolo, con le
urla da stadio «Fuori, fuori» scandite da una parte della platea
all’indirizzo della minoranza Pd.
Proprio per le espulsioni il
segretario-premier ha più volte criticato i 5 stelle. Stavolta tocca a
lui minimizzare la deriva grillina dei suoi fan. Nel frattempo nel Pd
scoppiano le polemiche di ordinanza. Renzi, replicano i bersagli,
avrebbe dovuto fermare le urla. «Solo strumentalizzazioni», dice il
sottosegretario Luca Lotti. Ma già il fatto che proprio lui, solitamente
defilato, si muova a difesa del leader la dice lunga: il gioco si è
fatto duro, serve gente di polso per sostenere l’insostenibile. Sulla
rete, a colpi di filmati youtube, si combatte la battaglia su cosa è
davvero successo in quel di Firenze. Nelle registrazioni si vede un
segretario che blocca il primo esagitato che urla due volte dalla prima
fila «Cacciali fuori». Ma dopo, durante gli applausi, lascia fare.
«Nessuno manda via nessuno», cercano di buttare acqua sul fuoco Ettore
Rosato e Graziano Delrio. «Non esco dal Pd nemmeno con le cannonate», a
sua volta promette Roberto Speranza. Duro anche l’ex segretario Bersani
dalla Sicilia, dove è iniziato il suo tour a difesa delle ragioni del No
al referendum: «Io dico ’dentro, dentro’, ma se il segretario dice
’fuori fuori’ bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto». Ma non
parla di lui, parla degli elettori del Pd «feriti da certi slogan».
Perché fin qui la strategia della minoranza bersaniana è quella di
restare nel Pd e affrontare il prossimo congresso. Una scelta che però
potrebbe essere aggiornata dopo il referendum, a seconda dell’esito.
Amaro
Gianni Cuperlo, che con Renzi ha firmato – unico – la pace sulla legge
elettorale. Una scelta di rottura con il resto della minoranza, subito
mal ripagata dalla maggioranza. Non gli resta che ammettere: «Vedo che
questa fatica si colloca all’opposto di chi urla ’fuori fuori’ verso un
pezzo del nostro popolo», una reazione « intollerabile».
L’impressione
mediatica è forte, ma si tenta la controprogrammazione, secondo la
vecchia regola che polemica scaccia polemica. Dal prossimo libro del
giornalista Bruno Vespa, Ci eravamo tanto amati, viene pescata
un’apposita anticipazione, utile a parlare d’altro. È la «rivelazione»
di un retroscena su Massimo D’Alema, l’ex presidente del Consiglio
capofila del No al referendum, che Renzi ormai fa fischiare a ogni suo
comizio. Racconta Renzi: «D’Alema venne da me e mi chiese il posto della
Mogherini», quello di Alto rappresentante dell’Unione europea per gli
affari esteri, «Io non avrei avuto niente in contrario, se questa
proposta fosse stata condivisa dal Partito socialista europeo. Ma ho
dovuto constatare che nel Pse non lo voleva nessuno». D’Alema non
replica. I suoi più stretti collaboratori spiegano che è in missione a
Tel Aviv e a Gerusalemme.