il manifesto 8.11.16
Perché bisogna battere Renzi
La 
manomissione della Costituzione e l’Italicum dovrebbero completare il 
disegno coerente di una sempre più spinta “neoliberalizazione” della 
società italiana. Ma insieme alle scelte legislative andrebbero 
considerati i simboli e il linguaggio
di Piero Bevilacqua
E
 invece non bisogna solo sbarrare la strada a una cattiva riforma della 
Costituzione e al disegno neopresidenzialista della legge elettorale. 
Occorre sconfiggere Renzi per ragioni drammaticamente più serie. La 
presente riflessione è indirizzata ai tanti democratici, intellettuali, 
giornalisti e varie altre personalità pubbliche che considerano Renzi, 
nella presente situazione italiana, il male minore. E invece anche una 
sommaria considerazione ci consente di vedere e prevedere, fuori da ogni
 ragionevole dubbio, che egli è il male peggiore.
La sua eventuale
 vittoria al referendum segnerebbe un grave arretramento per la sinistra
 e soprattutto per l’intero paese. Ho considerato da subito sorprendente
 il fatto che il gruppo dirigente del PD si sia accorto con tanto 
ritardo dell’estraneità profonda di questo personaggio alla sua migliore
 cultura politica, quella ex comunista e quella cattolico-democratica. 
Segno dell’esaurimento storico di una tradizione. Certo, la 
distribuzione degli 80 euro, astuta mossa elettorale, ha tratto molti in
 inganno. Tra l’altro, il consenso che ne è venuto al PD alle elezioni 
europee la dice lunga sul bisogno drammatico che ha il paese di una 
redistribuzione della ricchezza, di superare le disuguaglianze crescenti
 che lo lacerano e lo fanno ristagnare. E infatti quando il 
centro-sinistra si è presentato con un programma passabilmente di 
sinistra (Pisapia, De Magistris, Zedda nelle amministrative del 2011) ha
 potuto constatare quale consenso maggioritario ha nel paese. Ma Renzi 
ha preso la strada che conosciamo: abolizione della tassa sulla prima 
casa, conflitto aperto con il sindacato, ulteriore liberalizzazione del 
mercato del lavoro (Jobs Act), dialogo preferenziale con la 
Confindustria, ridisegno verticistico della scuola (legge sulla Buona 
scuola).
Oggi la manomissione della Costituzione e l’Italicum 
dovrebbero completare il disegno coerente di una sempre più spinta 
“neoliberalizazione” della società italiana. Ma insieme alle scelte 
legislative andrebbero considerati i simboli e il linguaggio. Non era 
mai accaduto nella storia della sinistra che il segretario del partito 
eleggesse a proprio campione un manager della grande industria. Renzi, 
com’è noto, ha scelto come simbolo della nuova Italia Marchionne, nel 
momento in cui veniva ridimensionata la più grande industria italiana e 
imposto agli operai Fiat un violento disciplinamento dell’organizzazione
 del lavoro.
Ma anche sul piano del linguaggio le novità sono 
state rilevanti, ed è forse l’aspetto più profondamente rivelatore della
 personalità di Renzi. Rottamazione, termine che ha avuto tanta fortuna,
 che riduce le persone a cose, a ferri vecchi, introducendo una 
semantica del disprezzo per i compagni del proprio partito senza 
precedenti nella storia politica nazionale. E poi è seguito il 
repertorio dei gufi, rosiconi, e altre metafore di derisione culminate 
nell’incredibile: «Nel partito c’entriamo col lanciafiamme». L’ultimo 
discorso alla Leopolda – che ha aizzato gli urli «fuori, fuori» – è un 
definitivo suggello, rivela una personalità incapace di dialogo, 
ossessionata dal potere assoluto.
Chiedo: perché tale veemente 
volontà di imposizione, espressa dentro il suo partito, non dovrebbe 
estendersi al resto della società italiana? E infatti abbiamo visto e 
vediamo come Renzi ha fatto della riforma della Costituzione, materia 
per eccellenza del Parlamento, una battaglia del governo e sua 
personale. Egli ha alterato gravemente lo spirito e la lettera della 
Carta, tanto nell’iter parlamentare che nella campagna referendaria: 
dalla sostituzione dei parlamentari dissidenti in Commissione 
costituzionale al recente cambio di guardia dei direttori della Rai, che
 oggi occupa senza tregua con la sua propaganda referendaria.
Ebbene,
 questo segretario di partito e presidente del Consiglio, che mostra una
 spregiudicatezza senza precedenti nel manomettere il potere pubblico, 
che non indietreggia di fronte alla spaccatura del paese per vincere la 
sua personale battaglia, che vuol cacciare chi nel suo partito non gli 
ubbidisce, quale futuro ci predisporrà nel caso dovesse prevalere nel 
referendum? Se già ora si mostra capace di controllare tante sfere del 
potere, di violare le regole, che cosa accadrebbe con l’Italicum, una 
volta acquisita una capacità di comando enormemente rafforzata rispetto 
all’attuale? Non è evidente che egli darebbe una torsione autoritaria 
alla vita italiana? Caro Scalfari, caro Cacciari, non c’è bisogno di 
immaginare un Videla o un Pinochet, siamo pur sempre in Europa, i 
cittadini devono consumare, non possiamo rinchiuderli negli stadi o 
farli sparire.
E allora? È davvero difficile immaginare quanti 
milioni di italiani che hanno potere, nei partiti, nei media, nelle 
Università, nelle banche, diventerebbero renziani? Ci vuole troppa 
fantasia per prevedere in quale totalitario conformismo precipiterebbe 
il paese per almeno un decennio, con un incalcolabile impoverimento 
culturale di tutti? Occorre avere una sfera di cristallo per intuire che
 anche sotto il profilo economico l’Italia non fermerebbe il suo 
declino, perché Renzi – tardivo epigono neoliberista – persegue la 
stessa politica che ha generato la crisi in Italia e nel mondo?
 
