il manifesto 6.11.16
Dai diari di un Narciso in adorazione del Führer
Protagonisti
del nazismo. La monumentale biografia dedicata da Peter Longerich al
ministro della propaganda del Terzo Reich, e tradotta da Einaudi, mostra
i limiti di un orientamento storiografico basato sui diari e con pochi
riferimenti alle ricerche esistenti. Molti, in compenso, i dettagli
intimi rivelati
di Lutz Klinkhammer
«Dottore»:
questo l’appellativo con il quale Benito Mussolini salutò Joseph
Goebbels al suo arrivo a Roma nel maggio 1933. Al suo primo viaggio
all’estero in veste di ministro del Terzo Reich, Goebbels teneva molto a
quel titolo, essendo lui uno dei pochi laureati tra i gerarchi nazisti.
Con l’udienza dal dittatore italiano si avverava un «sogno» a lungo
nutrito: «mi tratta da subito come un vecchio amico. E chiacchieriamo
per un’ora. Di tutto.»
Goebbels era convinto che Mussolini fosse
«incantato» dalle sue osservazioni, tuttavia, il peso politico di quel
viaggio fu assolutamente irrilevante. Del Patto a Quattro, negoziato da
Göring a Roma già dieci giorni prima dell’arrivo di Goebbels e deciso a
Berlino dopo serrate consultazioni fra Hitler, Göring, Neurath e
Blomberg, il ministro della propaganda fu tenuto all’oscuro fino al 6
giugno, un giorno prima della firma ufficiale, e non fu certo un caso
isolato. Dopo essere stato, il 5 novembre del 1937, a pranzo da Hitler
come di consueto, convinto di aver discusso a fondo con il dittatore del
Reich sulla situazione politica, annota nel suo diario: «nella
questione ceca dobbiamo usare cautela, perché non possiamo ancora trarre
conseguenze».
Goebbels sapeva che Hitler nel pomeriggio avrebbe
avuto dei «colloqui con lo stato maggiore», ma in quell’incontro non
venne coinvolto: Hitler, nel suo monologo durato varie ore, rivelò i
propri piani politico-strategici e i potenziali scenari bellici ai
ministri della Guerra e degli Esteri, nonché ai comandanti in capo delle
forze armate, sottolineando in particolar modo quanto al popolo tedesco
mancasse «un Lebensraum» (uno spazio vitale).
La sintesi di quel
discorso di Hitler, stilata dopo l’evento dal colonnello Friedrich
Hossbach, diventò uno dei documenti chiave durante il processo di
Norimberga. Entrambi gli episodi dimostrano quanto fosse limitato il
grado di coinvolgimento del ministro della propaganda nella politica del
dittatore del Reich, sebbene rientrasse nel suo più stretto entourage.
Ciò che realmente contava per Goebbels era un contatto stretto con il
dittatore, e nei rapporti personali tanto profonda era la dipendenza
emotiva da Hitler, sua e della moglie Magda, che il semplice sospetto di
non trovarsi piú nelle sue grazie era capace di prostrare entrambi.
Goebbels
attribuiva a Hitler qualità di comando sovrumane: lo considerava un
inviato della provvidenza. Rinunciò persino al suo radicalismo iniziale,
avendo capito che sarebbe stato d’intralcio al successo del nazismo e
alla sua stessa carriera e si adeguò incondizionatamente alla volontà
politica del Führer anche quando questi cambiò tattica, fino a
sottomettersi al suo «genio politico», per quanto talvolta tormentato da
dubbi. Del resto, non avendo stretto alleanze con altri gerarchi
nazisti, la sua posizione dipendeva esclusivamente dal sostegno di
Hitler, una dipendenza che gli impedì di elaborare propri contenuti
politici di un qualche peso.
La monumentale biografia scritta da
Peter Longerich, professore di storia al Royal Holloway College
dell‘Università di Londra ed esperto della storia del Terzo Reich,
autore di libri su Bormann, Himmler e Hitler, è sui generis. Il volume,
Goebbels Una biografia (traduzione di Valentina Tortelli, Einaudi, pp.
890, € 44,00) con 200 pagine tra note e bibliografia, è suddiviso
cronologicamente in tre parti: gli anni fino all’ascesa al potere nel
1933, il periodo in cui fu ministro della propaganda, prima dal 1933 al
1939, e poi negli anni della seconda guerra mondiale.
Il giovane
studente, proveniente da una famiglia operaia cattolica della Renania,
ebbe accesso agli studi universitari, si laureò, ma fallì l’inserimento
nel milieu borghese, diventando un intellettuale-militante attratto dal
movimento e dalla persona di Hitler; ma in quanto segretario federale
del partito nazista a Berlino non riuscì a conquistare politicamente la
capitale. Da ministro ostentò la sua ascesa sociale acquistando macchine
lussuose e indossando completi ricercati, mentre durante la guerra
prevaleva l’uniforme del partito.
Il principale motore della vita
di Goebbels fu, secondo il suo biografo, un bisogno mai appagato di
approvazione che sfociò in un grave disturbo narcisistico. Quindi, la
decisione dell’autore di raccontare la storia politica e personale di
questo uomo di spicco del Terzo Reich attraverso i suoi diari,
intrecciando il racconto con l’analisi degli aspetti più generali della
storia del regime, condiziona fortemente il volume. Più del novanta per
cento delle 4200 note fanno riferimento alle lunghe annotazioni di
Goebbels.
La vera novità del libro sono quindi i diari come filo
conduttore del racconto storiografico. Al contrario di Hitler o di
Mussolini, ma diversamente anche da Rosenberg che tenne un breve diario o
da Heinrich Himmler, autore di notazioni piuttosto scarne che ne
caratterizzarono il calendario di lavoro, Goebbels tenne un diario
estremamente prolisso, quasi ininterrottamente dal 1923 al 1945,
destinato a servire anche per scritti futuri, in particolare un’opera su
Hitler in due volumi. Quando il primo fu pronto nel 1938, la casa
editrice del partito – pur avendo pagato un enorme anticipo – sospese la
pubblicazione. Con la guerra contro l’Unione sovietica i diari di
Goebbels cambiarono carattere: non più scritti a mano, vennero
dattilografati dalle sue segretarie. La pubblicazione completa dei
diari, a cura dell’Institut für Zeitgeschichte di Monaco, diventata
possibile con l’accesso alle lastre di vetro conservate a Mosca nel 1992
– una storia a sé che converrebbe raccontare – consiste di ben
trentadue volumi a stampa, e questa edizione di 16800 pagine sostituisce
le versioni parziali precedenti .
Sebbene prodotti da Goebbels
con lo scopo palese di mettere in risalto la propria persona, i diari –
che furono dunque un’opera di autopromozione – restano la fonte primaria
di Longerich per sviluppare il suo racconto biografico: vi si demolisce
l’immagine che il ministro nazista voleva dare di se stesso, mettendo
in risalto il feroce operato politico-propagandistico del nazista
Goebbels, il quale accelerò la propaganda antisemitica del regime,
orchestrò con Freisler l’andamento dei processi contro i congiurati del
20 luglio, venne a conoscenza del protocollo della conferenza del
Wannsee e giustificò pienamente e in più occasioni la politica dello
sterminio degli ebrei.
Mentre il fil rouge della biografia è
cronologico, l’andamento del libro e i temi scelti convergono con i
diari. Le pagine che riguardano la percezione di Goebbels dell’Italia,
del 25 luglio e dell’8 settembre 1943, paragrafi che selezionano solo
una piccola parte del racconto di Goebbels e toccano rapidamente
l’accaduto senza approfondirlo, dimostrano chiaramente quali siano i
limiti di un orientamento storiografico basato sui diari e con pochi
riferimenti, prevalentemente assertivi, e solo in appendice, alla
storiografia esistente; tanto che quanto dimostrato dallo storico Helmut
Michels già nel 1992 in modo convincente, ossia la mancanza di
progettualità in politica estera da parte di Goebbels, viene narrato al
lettore solo e fugacemente nelle ultime righe del volume. In compenso,
conoscerà tanti dettagli intimi sul suo rapporto con le donne, sulle sue
crisi matrimoniali, tutti elementi nuovi per chi non abbia ancora avuto
accesso alla versione integrale dei diari.
La vera costante nella
vita di Goebbels fu comunque l’incondizionata adorazione del Führer,
così incondizionata che neppure la più stretta relazione di Magda con
Hitler poté incrinare. Mentre gli altri gerarchi nazisti si erano dati
alla fuga da Berlino dopo l’ultimo compleanno del loro capo, Goebbels
seguì Hitler nel suicidio, sacrificando oltre a se stesso la sua intera
famiglia.