il manifesto 30.11.16
Un No costituente. E il 18 assemblea nazionale
Sinistra. L'appello:"Il grano di sale e quello di senape"
Ci
siamo quasi. Non dobbiamo dare nulla per scontato e lasciare niente di
intentato: il risultato del referendum si deciderà nelle prossime ore. E
non dobbiamo conservare niente delle politiche degli ultimi 20 anni che
hanno devastato welfare, salario, reddito, lavoro, ambiente e
democrazia.
Noi siamo per il cambiamento. Quello vero,
partecipato, radicale, un cambiamento fondato sulla tenuta della nostra
carta costituzionale. La tentazione, che attraversa tutto l’Occidente, è
quella, di fronte alla crisi di sistema, di rafforzare gli esecutivi a
scapito delle assemblee elettive, di sostituire la governabilità alla
rappresentanza. È il divorzio che si va consumando tra democrazia e
capitalismo finanziario, tra Pil e benessere delle persone, tra merito e
bisogni, tra centralizzazione e protagonismo delle autonomie locali.
Questa drammatica divaricazione genera mostri, dagli Stati Uniti
all’Ungheria, dalla Turchia alla Polonia, fino a toccare il cuore del
progetto europeo, incastrato tra Parigi e Berlino, impegnate nelle
prossime difficilissime elezioni politiche nazionali. E non basta
l’economicismo per battere il sonno della ragione, serve un urto, un
conflitto continentale per generare una controtendenza democratica.
Serve la passione e la volontà di battersi. La democrazia sostanziale
non la dà né la toglie una singola moneta. Il Jobs Act, lo Sblocca
Italia, la Buona Scuola non sono riforme, ma la restaurazione che si
organizza contro la dignità e la fragilità delle persone. Una
restaurazione frutto, purtroppo, anche degli errori fatti dalla sinistra
italiana ed europea, che in questi anni ha perso il vincolo con il
proprio popolo, adeguandosi al quadro delle compatibilità, e che oggi ha
una estrema necessità di rinnovarsi e ricostituirsi.
Per questo
intendiamo il nostro No come un No ricostruttore, un No capace di
ripristinare il nesso tra democrazia sostanziale e redistribuzione delle
ricchezze. La vittoria del No, la sconfitta sul campo del Partito di
Renzi, può determinare un altro racconto, un’altra volontà popolare,
movimentando il quadro politico ingessato del nostro Paese. E può
riaprire la partita nel campo democratico e progressista, in modo tale
da poter ricostruire una proposta politica che si riconnetta alla
fragilità e alla disperazione che diciamo di voler rappresentare, al
contrario di ciò che è avvenuto in questi anni.
A differenza di
chi sceglie la testimonianza e la irrilevanza, vogliamo continuare ad
investire sulla politica, sul cambiamento necessario e su quello
possibile. Continuiamo a credere alla costruzione di una ipotesi
democratica e progressiva che possa battere le due destre, quella
populista furiosa e quella delle compatibilità con il capitalismo della
finanza globale. Per affermare questa ipotesi bisogna senza se e senza
ma battere Renzi nel passaggio referendario. Solo battendo l’ipotesi
renziana e rimettendo in discussione le politiche di questi anni, si può
riaprire la discussione.
Una discussione che avrà bisogno di
tutto il nostro coraggio, a partire dalla valorizzazione di quanto
seminato sin qui. Sia nella radicale rettifica di linea politica,
profilo, pratiche della nascente Sinistra italiana, sia nella
rivalutazione del percorso politico corsaro di Sinistra Ecologia
Libertà, un soggetto politico irriverente seppellito con eccessiva
fretta.
Sia in mare aperto, sapendo scorgere, accogliere e soccorrere nuovi compagni di viaggio.
Sel
è stata una gran bella storia, figlia di un ciclo politico che si è
chiuso con vittorie, sconfitte ed anche errori. Abbiamo bisogno di
portarci dietro tutto il meglio che è stata capace di realizzare. Non
solo la volontà di misurarsi con il governo dell’alternativa ogni volta
che le condizioni lo permettessero. Non solo la capacità di percepirsi
in movimento e di praticare egemonia, senza farsi mai trovare dove gli
avversari la stavano aspettando (avversari di destra e di sinistra,
entrambi accecati dalla dimensione ideologica funzionale al sistema,
quella del liberismo temperato o quella della impossibilità della
modifica del quadro politico). Soprattutto una straordinaria esperienza
di autonomia, di auto-organizzazione e di cultura politica aperta,
curiosa, libertaria, dinamica, ecologista, femminista, europeista, alter
mondialista, incardinata sui diritti irrinunciabili della persona.
È
nostra responsabilità collettiva portare nel nuovo cantiere della
sinistra questa ambizione. Non la resa. Né la cattiva narrativa sulla
pervasività immutabile del capitalismo. Piuttosto la ricerca di spazi di
cambiamento capaci di parlare alle condizioni di vita di un popolo
stremato dalla crisi e incapace di intravedere una speranza. Abbiamo
l’obbligo di lavorare sul principio speranza, tenendo il rancore fuori
dalle nostre casematte. Il rancore è come prendere un veleno e aspettare
che l’altro muoia. Il rancore avvelena i pozzi. Anche quelli in cui ci
abbeveriamo. Oltre ad essere un marchio di fabbrica a cinque stelle.
L’odio non può essere la nostra strada.
Dobbiamo lavorare sulla
democrazia partecipata, sulla pluralità, tirando per aria steccati e
perimetri. Dobbiamo aprire porte, finestre, dobbiamo facilitare la
partecipazione, accumulare forze, idee, insediamenti territoriali.
Dobbiamo ripubblicizzare la nostra discussione, farne un bene a
disposizione di tutti.
Ai partitini composti da avanguardie e
quadri omogenei, ai cultori della rete che sottrae potere ai territori e
alle persone in carne ed ossa, dobbiamo contrapporre una idea aperta
della politica, della sinistra e del campo progressista. Perché così
possiamo mettere in campo un’idea alternativa di Paese e di Europa, che
torni a far percepire concretamente che la sinistra è altro rispetto
alla sottrazione di diritti, lavoro e dignità.
Per queste ragioni
proponiamo a chi sceglie la politica come strumento della trasformazione
e non come luogo dell’identità di vederci subito dopo il referendum
costituzionale per discutere insieme, per decidere collettivamente quale
strada e quale cammino intraprendere. Proponiamo di vederci la mattina
di domenica 18 dicembre a Roma, in un incontro nazionale capace di
accogliere e valorizzare tutti i punti di vista. Nessuno escluso.
Perché
la politica e la sinistra sono una straordinaria occasione per
praticare il cambiamento, anche nelle modalità con cui si inverano e
maturano le decisioni. Fare insieme il primo passo per fare insieme la
cosa giusta.
“Sulle dispense stava scritto un dettaglio che alla
prima lettura mi era sfuggito, e cioè che il così tenero e delicato
zinco, cosi arrendevole davanti agli acidi, che se ne fanno un sol
boccone, si comporta invece in modo assai diverso quando è molto puro:
allora resiste ostinatamente all’attacco. Se ne potevano trarre due
conseguenze filosofiche tra loro contrastanti: l’elogio della purezza,
che protegge dal male come un usbergo; l’elogio della impurezza cha dà
adito ai mutamenti, cioè alla vita. Scartai la prima, disgustosamente
moralistica, e mi attardai a considerare la seconda, che mi era più
congeniale. Perché la ruota giri, perché la vita viva, ci vogliono le
impurezze, e le impurezze delle impurezze: anche nel terreno, come è
noto, se ha da essere fertile. Ci vuole il dissenso, il diverso, il
grano di sale e di senape”.
Primo Levi, Il sistema periodico
***
Maria Elena Baredi, Franco Bordo, Angelo Chiaramonte, Tommaso Di Febo,
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