mercoledì 30 novembre 2016

il manifesto 30.11.16
Edmund Husserl, la struttura processuale e genetica dell’esperienza
«Lezioni sulla sintesi passiva» edito da La Scuola
di Luca Vanzago

Tornano, in una edizione rivista, le fondamentali Lezioni sulla sintesi passiva, con una premessa di Vincenzo Costa (La scuola, pp. 327, euro 22) in cui Edmund Husserl rielabora le proprie posizioni iniziali non limitandosi a riprendere questioni già esaminate, in particolare nelle due opere più note al pubblico, le Ricerche logiche e le Idee per una fenomenologia pura, ma radicalizzando il proprio avvicinamento all’esperienza, alla quale consegna una struttura processuale e genetica che anticipa molte concezioni filosofiche più note, a partire da quella di Heidegger. Allo stesso tempo muove in direzione di una comprensione dell’esperienza sensibile e percettiva che ha importanti punti di contatto con la psicoanalisi di Freud.
La sua tesi di partenza è che le categorie del pensiero concettuale non devono essere considerate indipendenti dall’esperienza sensibile (come Kant e lo stesso Husserl nelle sue prime opere sostanzialmente ritengono) bensì prodotte proprio a partire dalla vita pre-categoriale della soggettività trascendentale. Da qui, Husserl delinea una complessa teoria della passività, secondo cui la vita del soggetto che fa esperienza è già connessa al mondo che sperimenta prima di poterselo configurare intellettualmente, e soltanto poiché questo nesso è già sempre istituito – in un modo che Husserl non esita a qualificare come «inconscio» – è possibile portare alla coscienza le strutture categoriali che danno vita al senso comune e al pensiero concettuale. La passività, dunque, non equivale a una mera ricettività inerte, ma va intesa come capacità di essere affetti da ciò che si manifesterà compiutamente grazie alla ragione logica. Solo in questo modo i giudizi trovano una effettiva corrispondenza con quanto si dà nell’esperienza e non debbono venire dedotti a partire da ipotesi che sono sempre discutibili, come già Hegel aveva rimproverato a Kant.
Guidato dalla propria ricerca della verità e sempre sospettoso delle «filosofie» già disponibili e delle visioni del mondo prestabilite, Husserl si trova così di fronte a una vera e propria scoperta filosofica: nel cercare di delineare la genesi della logica nelle pieghe della percezione, arriva a portare in luce le forme logiche della sensibilità, ciò che viene chiamato estetica trascendentale, con riferimento non casuale ma allo stesso tempo critico nei confronti della filosofia kantiana. A partire da risultati fondamentali come la delineazione delle leggi della passività, dell’associazione e dell’affezione, Husserl arriva così a trattare gli sviluppi complessi e complessivi della struttura della coscienza nelle sue forme fondamentali della percezione, del ricordo e dell’inconscio, e a delineare una originale teoria dell’automanifestazione della soggettività trascendentale, che ha offerto continui spunti di riflessione ai filosofi in dialogo con la sua opera.