il manifesto 24.11.16
California, Nebraska e Oklahoma: il boia torna a pieno ritmo
La California è lo Stato che vanta il braccio della morte più affollato, con 750 condannati
di Marco Cinque
Il
2016 sembrava l’anno giusto per festeggiare una sensibile regressione
della pena di morte negli Stati uniti. Da una recente statistica del Pew
Research Center, infatti, risulta che quello in corso è l’anno con meno
esecuzioni capitali dell’ultimo quarto di secolo. Dal mese di gennaio i
boia statunitensi hanno giustiziato 17 persone, con altre 3 esecuzioni
previste entro la fine dell’anno, per un totale di 20, il minimo storico
dal 1991, quando vennero portate a termine «soltanto» 14 esecuzioni.
Tuttavia,
negli stessi giorni in cui gli Usa eleggevano il nuovo presidente, i
cittadini di tre stati, California, Nebraska e Oklahoma, hanno votato
anche in rispettivi referendum, i cui esiti non hanno affatto smentito i
risultati che incoronavano contemporaneamente il repubblicano Trump. La
California è lo Stato che vanta il braccio della morte più affollato,
con 750 condannati. Tra la proposta referendaria 62, che chiedeva
l’abolizione definitiva della pena di morte e la proposta 66 che, al
contrario, auspicava addirittura l’accelerazione delle procedure per le
uccisioni legalizzate, il 52% degli elettori ha votato per quest’ultima
opzione. Il problema è che se adesso la proposta 66 venisse applicata
alla lettera, sarebbe una vera e propria mattanza; parecchi giuristi si
augurano che non sarà così, altrimenti dovremmo assistere
«all’esecuzione di una persona a settimana per 14 anni».
Poi
è toccato al Nebraska, dove la pena di morte era stata abolita nel
maggio 2015 e reintrodotta dopo appena una manciata di mesi con il
consenso del 57% dei cittadini. Infine l’Oklahoma, paese forcaiolo
(percentualmente ha il numero più alto di esecuzioni in rapporto al
numero di abitanti), che ha confermato la sua ferale tradizione con il
67% degli elettori. Dopo questo voto l’Oklahoma è diventato il primo
Stato americano che legittima la pena capitale, includendola nella
propria stessa Costituzione. Eppure lo stesso sondaggio del Pew Research
Center, soltanto il 30 settembre scorso, aveva rivelato una sensibile
decrescita di consensi verso la pena di morte da parte dei cittadini
americani, con il 49% che restava favorevole alla legge dell’occhio per
occhio.
All’interno di queste percentuali,
come riportato anche dal Comitato Paul Rougeau nel suo ultimo «Foglio di
collegamento», è interessante vedere come si pongono le varie categorie
della cittadinanza statunitense. Tanto per cominciare, si conferma che
la maggioranza dei Repubblicani (72%) continua ad essere favorevole alla
pena di morte, mentre solo il 34% dei Democratici lo è. Per quanto
riguarda gli «indipendenti», la percentuale è equamente ripartita (45% a
favore, 44% contrari).
Anche il sesso, la
razza, il credo religioso e il livello culturale fanno pendere il piatto
della bilancia da una parte o dall’altra: i maschi sono più favorevoli
alla pena di morte delle femmine (55% contro 43%), i bianchi lo sono
molto più degli afroamericani e degli ispanici (57%, contro
rispettivamente 29% e 36%), i protestanti evangelici sono favorevoli
(69%) mentre i cattolici sono quasi equamente ripartiti (43% favorevoli,
46% contrari) e, concludendo la rassegna, le persone che hanno
conseguito almeno la licenza della scuola superiore sono meno
«forcaiole» di quelle meno colte (43% contro 51%).
Come
se non bastasse, però, adesso anche il New Mexico si è messo nella scia
della triade di Stati tornati a quei fasti medievali che permettono ai
governi di disporre della vita dei propri cittadini. Nel New Mexico la
pena di morte era stata abolita da sette anni, ma l’attuale Governatrice
repubblicana, Susana Martinez, sta facendo di tutto per ripristinarla,
pretendendo che il Parlamento del suo Stato approvi la legge per la
reintroduzione già a gennaio. In tema di diritti umani, sembra che negli
Usa tutte le più rosee aspettative si siano infrante nella manciata di
poche settimane ed ora, con l’avvento di Donald Trump, forse ci sarà da
aspettarsi il peggio.