il manifesto 20.11.16
Jobs Act: il 75% dei lavoratori è precario
Fondazione
Di Vittorio (Cgil). Sul Jobs Act una cosa vera Renzi l’ha detta: «La
ritengo la legge che ha inciso di più sulla realtà»: il 75% dei nuovi
rapporti di lavoro creati in mille giorni è precario e a breve termine
di Roberto Ciccarelli
Sul
Jobs Act una cosa vera Renzi l’ha detta: «La ritengo la legge che ha
inciso di più sulla realtà». L’uso dei fondi pubblici destinati alle
imprese che stanno beneficiando degli sgravi contributivi triennali per i
neo-assunti ha rafforzato la realtà del lavoro precario, drogando le
statistiche sull’occupazione e permettendo al governo di celebrare un
presunto successo su questo fronte nel giorno delle «mille balle blu», i
mille giorni passati a Palazzo Chigi.
Vediamola la realtà
«cambiata» dal Jobs Act. I dati dell’Inps rielaborati dalla fondazione
Di Vittorio della Cgil confermano gli effetti della riforma del mercato
del lavoro che ha abolito l’articolo 18 e introdotto un nuovo
pseudo-contratto per i neo-assunti: quello a «tutele crescenti», dove a
crescere sono le tutele dei datori di lavoro che licenziano quando
termina l’effetto degli sgravi.
Le assunzioni a tempo determinato e
quelle stagionali rappresentano quasi il 75% dei nuovi rapporti di
lavoro prodotti nei primi mille giorni renziani. Queste tipologie
riguardano rapporti di lavoro spesso di durata molto breve che fanno
capo ad uno stesso individuo. Nel rapporto annuale sulle comunicazioni
obbligatorie 2016 del ministero del Lavoro si sostiene che nel 2015, nel
settore privato, il 35,4% dei contratti a tempo determinato aveva una
fine prevista entro un mese, ed un altro 23,7% da 1 a 3 mesi. Nei primi
nove mesi del 2016 si è verificata una consistente espansione del lavoro
a termine, che – insieme al lavoro stagionale- presenta una variazione
netta di +462 mila unità, contro meno di 180 mila del corrispondente
periodo del 2015. Escludendo i rapporti di lavoro stagionali, il saldo è
di +395 mila unità, a fronte di valori nettamente inferiori nel
triennio precedente. Dunque, più precari e sempre più a scadenza. Questa
è la struttura del mercato del lavoro italiano rafforzata dalla «legge
che ha inciso di più sulla realtà».
Il problema di Renzi è il
taglio degli sgravi da 8.040 euro a 3.250 per assunto tranne al Sud
dove, per una decisione propagandistica pro «Sì» al referendum, gli
sgravi saranno totali anche nel 2017. Con il decrescere dei fondi,
diminuiscono i tempi indeterminati. Lo dimostrano i dati rilanciati
dalla Fondazione Di Vittorio: nei primi 9 mesi di quest’anno le
assunzioni a tempo indeterminato (926 mila) sono inferiori non solo a
quelle dei primi 9 mesi del 2015 (con una differenza di -443 mila, pari a
-32,3%), ma anche a quelle dei corrispondenti periodi del 2014 (-65
mila, pari al -6,5%) e del 2013 (-85 mila, pari al -8,4%). Aumentano
invece i 2,7 milioni le assunzioni a termine, con una variazione
rispetto al 2015 di +91 mila unità, di +154 mila rispetto al 2014 ed una
ancora più cospicua rispetto al 2013 (+325 mila). Non solo il Jobs Act
non produce occupazione «fissa», ma ne produce molto di meno rispetto al
periodo in cui non c’era (2014).
L’analisi sulle attivazione e le
cessazioni dei contratti condotta dall’Inps permette di fornire
un’immagine più realistica del mercato del lavoro. Il saldo è positivo
grazie alle minori cessazioni nel 2016 (-90 mila rispetto al 2015) e le
trasformazioni dei vecchi contratti in tempi indeterminati. Senza questi
fattori il bilancio sarebbe negativo. Nel resto della campagna
elettorale, ci si può scommettere, Renzi non parlerà mai di voucher: nel
2016 sono aumentati del 34%, 109 milioni. Sarebbero almeno 86 mila
impiegati a termine in più al mese.