il manifesto 18.11.16
L’«Islam dei Lumi» ha perso Malek Chebel
La morte a Parigi dello studioso algerino
di Guido Caldiron
È
morto alla vigilia dell’anniversario della strage del Bataclan,
avvenimento che per lui che non ha mai smesso di combattere per un
«Islam dei Lumi» aveva rappresentato una ferita pressoché impossibile da
rimarginare. Con Malek Chebel se ne va infatti una delle voci più
coraggiose e controcorrente della cultura musulmana degli ultimi
decenni. Psicoanalista e antropologo delle religioni nato in Algeria,
Chebel era arrivato in Francia negli anni Ottanta per completare i suoi
studi in psicologia clinica iniziati all’università di Costantina.
Fin
da subito deciderà di affiancare agli studi accademici il lavoro di
ricerca e confronto intorno al tema del rapporto tra Oriente e Occidente
e, soprattutto, alle ipotesi di riforma della religione musulmana. In
contrapposizione con quella che definiva come la «manipolazione della
fede da parte degli integralisti» e la «deriva settaria» che avrebbe
portato allo sviluppo del terrorismo jihadista, Chebel inizierà così a
concentrarsi su argomenti quali la sessualità e la liberazione dei
corpi, spesso il primo elemento sul quale i fondamentalisti intendono
esercitare il loro controllo prima di passare al pieno dominio sulla
società. In questo senso molte delle sue ricerche sul ruolo delle donne
nell’Islam lo segnalano come uno dei precursori del dibattito attuale
nelle comunità islamiche europee.
«Mi sono dato l’obiettivo di
cercare le tracce dell’illuminismo arabo non nei suoi contatti con la
cultura occidentale, ma nelle sue stesse radici», aveva spiegato qualche
anno fa nel corso di un’intervista.
Tra gli esiti auspicati per
il suo lavoro, c’era quello di riconciliare l’Occidente, ed in
particolare la Francia, con una cultura musulmana da tempo dipinta come
repressiva, sanguinaria e mortifera. «Anche se è certo lontano
dall’essere un modello in materia di democrazia o di libertà della
donna, il mondo arabo-musulmano possiede in relazione al piacere, al
sesso e all’amore una cultura ancestrale molto ricca e elaborata»,
raccontava a Libération un paio di anni fa.
Immaginando che la
liberazione dell’Islam da pregiudizi e fondamentalismo potesse passare
proprio per la liberazione dei corpi, Chebel si è così concentrato su
questi aspetti della tradizione musulmana pubblicando oltre una trentina
di opere, delle quali nel nostro paese sono state tradotte, tra le
altre, La cultura dell’harem: erotismo e sessualita nel Maghreb (Bollati
Boringhieri), Il libro delle seduzioni (Bollati Boringhieri), Islam:
simboli di una tradizione (Mondadori) e Manifesto per un Islam moderno:
27 proposte per riformare l’Islam (Sonda).
«Era un uomo dalla
immensa cultura e di una grande autorità morale», ha dichiarato l’ex
ministro socialista della Cultura, Jack Lang, ora presidente
dell’Institut du monde arabe di Parigi. «In questo periodo che vede
moltiplicarsi ogni sorta di pregiudizi, la parola solida, umanista di un
uomo come Malek Chebel ci mancherà moltissimo», ha scritto su Twitter
lo scrittore franco-congolese Alain Mabanckou, spiegando di aver perso
«un caro amico».