il manifesto 16.11.16
La laicità francese alla prova della Storia
Un
lavoro magistrale di Philippe Portier, uscito per Presses
Universitaires de Rennes e ancora non tradotto in Italia, che
ricostruisce le relazioni tra Stato e fede, dalla Rivoluzione ai tempi
presenti
di Alessandro Santagata
Patria della
laicità moderna durante la Terza Repubblica, la Francia è ancora oggi un
terreno d’osservazione fondamentale per investigare le dinamiche
politico-religiose europee. Ha compiuto dunque un lavoro magistrale
Philippe Portier con questa ricostruzione dettagliata della storia delle
relazioni tra lo Stato e le religioni dalla Rivoluzione al tempo
presente (L’État et le religions en France. Une sociologie historique de
la laïcité, Presses Universitaires de Rennes).
Professore
all’«École pratique des hautes études» di Parigi, Portier è uno dei più
stimati sociologi delle religioni in Francia. Da anni impegnato nel
Groupe société, religion, laïcité a sondare lo stato di salute della
laicità, l’autore ha scelto di sottoporre al vaglio della storia le
posizioni correnti circa la natura del sistema francese. Del resto, come
emerge chiaramente dalla lettura, solo in una prospettiva di lungo
periodo è possibile comprendere che la laicità non è mai stata, neppure
in Francia, una categoria rigida e che l’impostazione data dalla legge
1905 sulla separazione necessita di essere storicizzata e analizzata nel
suo percorso evolutivo.
Portier illustra efficacemente come la
laicità francese abbia vissuto fasi alterne, passando dal modello
giurisdizionalista a quello separatista di inizio Novecento all’attuale
stagione della laicità ricognitiva, ovverossia che riconosce alle
organizzazioni religiose uno spazio d’espressione in quello dello Stato.
Quest’ultimo aspetto costituisce il punto più problematico alla luce di
una certa tradizione post-rivoluzionaria, ancora molto forte
nell’opinione pubblica, e soprattutto dopo che l’emergenza terroristica
ha trasformato la laicità in un «paradigma securitario».
Già le
leggi del 2004 sul divieto di esporre simboli religiosi nelle scuole e
del 2010 sulla «dissimulazione del viso» avevano segnato un cambiamento
di fase e, per certi aspetti, il ritorno allo spirito della separazione.
Tuttavia, Portier evidenzia come si debba parlare invece di una
correzione in senso restrittivo del sistema ricognitivo, un processo di
lungo corso avviato negli anni Sessanta dall’Mrp e dai gollisti (in un
primo tempo soprattutto a vantaggio delle scuole cattoliche e poi
estesosi alle relazioni con gli imam) che sta spingendo oggi verso un
nuovo «modello d’integrazione civica» che mira a riconoscere le identità
religiose al fine di inserirle nelle vita nazionale.
Portier
invita a leggere il presente nella storia del sistema francese e delle
sue oscillazioni nel rapporto con i cristianesimi e le minoranze
religiose. Si scoprirà allora che il sistema attuale di divieti,
riconoscimenti e controlli realizzato dalle presidenze Chirac e Sarkozy –
e accettato nella sostanza dalla sinistra socialista – presenta
affinità con il progetto concordatario di Napoleone finalizzato a
inglobare il cattolicesimo subordinandolo alle esigenze del potere
politico.
Nello stesso tempo, la trasformazione del tessuto
culturale impressa dalla secolarizzazione e dalla valorizzazione delle
differenze ha sottratto allo Stato l’ambizione di forgiare una
cittadinanza universale offrendo così nuove possibilità alle religioni e
ai loro progetti di aggregazione identitaria in una società
multireligiosa e attraversata da movimenti di politicizzazione del sacro
di varia matrice.
Quella di oggi è quindi una laicità spuria e
debole nella sua pretesa di sorvegliare quello spazio pubblico che la
politica istituzionale ha contribuito a riaprire senza però sposare una
visione davvero multiculturalista. La sinistra, a sua volta, si è
mostrata incapace di ripensare la laicità in maniera non dogmatica o, al
contrario, non completamente subalterna agli avversari. In una società
sconvolta dal terrorismo e lacerata da conflitti che toccano
direttamente i nodi dell’appartenenza culturale e religiosa è urgente
dare sostanza all’idea (che fu di Mitterrand) di una «laicità positiva e
plurale». Anche su questo campo si gioca con le due destre la partita
delle prossime presidenziali.