il manifesto 15.11.16
Israele, presto una legge per legalizzare gli avamposti coloniali
Territori
Palestinesi Occupati. Il ministro Bennett ottiene il voto favorevole
del governo alla sua proposta di riconoscimento retroattivo degli
avamposti ebraici in Cisgiordania, illegali anche per la legge
israeliana oltre che per quella internazionale. Netanyahu non appoggia
il provvedimento ma intanto sostiene la proposta di legge per mettere a
tacere i muezzin.
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
La Corte Suprema ieri ha confermato l’ordine di sgombero di Amona,
avamposto coloniale illegittimo anche per la legge israeliana oltre che
per quella internazionale. Ma il governo israeliano, con qualche
esitazione del premier Netanyahu, non si arrende ed è pronto a correre
in soccorso delle 50 famiglie di coloni che vi abitano e che minacciano
di resistere sul posto con la forza. Una proposta di legge, presentata
da Naftali Bennett, leader del partito ultranazionalista-religioso Casa
Ebraica, approvata domenica dal governo, intende avviare una sanatoria
retroattiva degli avamposti coloniali ebraici sorti su terreni privati
palestinesi in Cisgiordania. Riguarda in modo particolare gli avamposti
ebraici nella cui costruzione è coinvolto il governo, tra i quali anche
Amona. I palestinesi proprietari delle terre occupate dai coloni e
confiscate potranno richiedere un risarcimento finanziario.
Amona è
una bandiera per il movimento dei coloni. Nel 2006 l’allora premier
Ehud Olmert ordinò la demolizione di alcuni edifici ma il suo passo fu
bloccato dopo l’arrivo ad Amona di altre famiglie israeliane. Nel
dicembre 2014 la Corte Suprema diede al governo due anni di tempo per
sgomberare quei coloni e ieri ha messo in chiaro che non ci sarà un
altro rinvio. Un colpo per il governo, composto da ministri che oltre ad
essere aperti sostenitori della politica di colonizzazione sono essi
stessi residenti in vari insediamenti ebraici in Cisgiordania e intorno a
Gerusalemme. Tuttavia la vittoria di Donald Trump ha galvanizzato il
ministro Bennett, convinto (come tutta la destra israeliana, e non solo)
che il nuovo presidente americano, quando si sarà insediato, spegnerà
ogni residua speranza dell’Autorità nazionale palestinese di creare lo
Stato di Palestina in Cisgiordania, Gaza, con capitale Gerusalemme Est.
Per questo, esorta Bennett, occorre cogliere al volo l’opportunità di
aggirare le leggi internazionali e le (blande) restrizioni imposte da
Barack Obama e dall’Ue allo sviluppo della colonizzazione dei territori
palestinesi. Spetta alla Knesset, dominata dalla destra, dare il via
libera. Netanyahu ha definito un atto «infantile e irresponsabile»
l’iniziativa di Bennett. Per il premier però è politicamente rischioso
rappresentarsi come un moderato. Rischierebbe di esporsi alle accuse di
debolezza da parte del leader di Casa Ebraica e della base del suo
partito, il Likud, schierata con una colonizzazione senza più alcun
freno.
Netanyahu invece non è contrario, anzi appoggia
apertamente, un’altra proposta di legge che potrebbe avere gravi
ripercussioni per la minoranza palestinese (arabi israeliani) in Israele
e per gli abitanti della zona araba di Gerusalemme: il divieto degli
altoparlanti nelle moschee, in modo da far tacere i muezzin. Motivo? La
protezione della quiete pubblica. Per Netanyahu la chiamata alla
preghiera per i musulmani è fastidiosa, quindi da eliminare. Secondo il
primo ministro, Israele sarebbe «impegnato a garantire la libertà di
culto per tutte le religioni ma ha anche l’obbligo di proteggere i
cittadini dai rumori». La misura ha un evidente carattere punitivo verso
i musulmani perchè il “rumore” al quale si riferisce Netanyahu
interessa solo marginalmente gran parte della popolazione israeliana. La
minoranza palestinese vive solo in determinate aree di Israele, quasi
sempre separate da quelle popolate da ebrei, e in qualche città mista
(dove le moschee sono poche). Il presidente palestinese Abu Mazen ha
attaccato l’iniziativa. «Rischia di far sprofondare la regione in un
baratro» ha avvertito. Hamas ha protestato con forza mentre i deputati
arabi alla Knesset sottolineano che già esiste il divieto sui rumori
eccessivi in zone pubbliche e che non c’è necessità di una legge solo
per le moschee.