il manifesto 15.11.16
Il decreto pasticcio non ha le coperture
Il dl deve tornare in Commissione Bilancio. La manovra slitta oltre il 4 dicembre?
di Antonio Sciotto
Non
fila per niente liscia la manovra del governo, e ieri il caos si è
scatenato intorno al decreto fiscale (quello che contiene la
«rottamazione» delle cartelle Equitalia e la chiusura dell’agenzia):era
atteso in Aula alla Camera per l’approvazione, ma invece è dovuto
tornare in Commissione Bilancio. Tra le norme approvate, infatti, due
non avrebbero la necessaria copertura.
L’alt è arrivato dalla
Ragioneria generale dello Stato e riguarda in particolare due misure: il
regime dei minimi e l’F24. Se nel secondo caso sul tavolo c’è una cifra
relativamente piccola, 5 milioni di euro, nel primo la questione delle
risorse è più consistente: 30 milioni nel 2017 e 80 milioni nel 2018. Si
tratta della deroga di due anni al regime dei minimi per chi eccede la
soglia del forfait per importi fino a 15 mila euro: un passo a favore di
autonomi e partite Iva, ma che evidentemente non è stato soppesato
adeguatamente.
L’ulteriore passaggio alla Bilancio rischia di far
slittare i tempi dell’approvazione: il via libera al testo, su cui è
prevista la richiesta di fiducia, era atteso già per oggi. Una delle
possibilità ventilate ieri, proprio per evitare ulteriori rinvii e avere
l’approvazione già domani, sarebbe quella di stralciare le due misure
per poi reinserirle nel ddl Bilancio: «Vediamo cosa si deciderà – ha
detto il capogruppo di Ap in Commissione e relatore al decreto, Paolo
Tancredi – Come Ap andremo avanti affinché la norma venga comunque
approvata, nel caso proponendo di inserirla nella legge di Bilancio».
La
misura più discussa, quella sui minimi, prevede «la possibilità di
sforare per due volte non consecutive nel quinquennio, per un massimo di
15 mila euro, la propria soglia limite pagando il 27% sul reddito
eccedente», spiega Raffaele Vignali, uno dei firmatari della proposta.
Il che causa «sicuramente minori entrate, che vengono però – osserva –
più che bilanciate dalle nuove».
Superato lo scoglio del dl
fiscale, che comunque poi passerà all’esame del Senato per la seconda
lettura, sarà la vera e propria manovra a giocare il ruolo da
protagonista. E qui i paletti fissati dal presidente della Commissione
Bilancio della Camera, Francesco Boccia, sono netti: per la legge di
Bilancio, a cui sono stati presentati 5 mila emendamenti, «chiederò che
ogni riformulazione che abbia una spesa sia firmata dalla Ragioneria.
Non inizio la discussione sulle riformulazioni se non c’è chiarezza ex
ante sulle coperture».
Un passaggio, che insieme ai ritardi
accumulati a causa dell’esame del decreto fiscale e alla mole degli
emendamenti, fa però immaginare un allungamento dei tempi: appare
infatti sempre più difficile che il primo esame in Parlamento della
manovra possa chiudersi entro l’ultimo weekend di novembre. «È una corsa
contro il tempo – dice sempre Boccia – e se escludo che si possa andare
oltre il 4 dicembre (vale a dire la data del referendum, ndr), che si
possa slittare di un giorno» può sempre succedere.
Tra i nuovi
emendamenti alla manovra, rispunta uno presentato da Ap per il Ponte
sullo Stretto (dovrebbe essere dichiarato «infrastruttura prioritaria»),
mentre il Pd chiede sgravi contributivi per le nuove assunzioni nel
Sud.
Il Pd propone anche uno sblocco dei limiti del turnover negli
enti locali: fino al 50% nel 2016 e 2017 e al 75% dal 2018 (la soglia
di rimpiazzi autorizzata fino a oggi è del 25%). Tra le proposte, quella
di trasformare i cococo di ministeri, enti locali e ricerca in
contratti a tempo determinato.