il manifesto 12.11.16
Trump, la terza notte di proteste. E già tira aria di impeachment
American
Psycho. Scontri tra manifestanti e polizia a Oakland e Portland. E
anche il sindaco di New York annuncia «disobbedienza» sui migranti
di Marina Catucci
NEW
YORK Un’altra notte di proteste contro l’elezione di Donald Trump.
Migliaia di persone da New York a Chicago, alla California, all’Oregon e
per la prima sera anche a Baltimora, in stati rossi (repubblicani) e in
stati blu (democratici), hanno manifestato per strada, molti per la
terza notte di fila.
Non è mancata la reazione di Trump che ancora
una volta si è affidato a Twitter per lanciare il suo messaggio: «C’è
appena stata un’elezione presidenziale molto aperta e che ha avuto
successo, ora dei manifestanti professionisti, incitati dai media,
protestano, ma è molto ingiusto».
Evidentemente i manifestanti non
la pensano nello stesso modo; a Denver, in Colorado, sono riusciti a
bloccare la Interstate 25 per circa mezz’ora e così è accaduto a
Minneapolis e Los Angeles.
NEL CENTRO DI SAN FRANCISCO un corteo
di praticamente tutti gli studenti della città ha sfilato sventolando
bandiere arcobaleno e bandiere messicane, applauditi dal resto della
cittadinanza che li incitava dai lati del corteo. «Come bianco, come
queer, ho bisogno di fare muro insieme agli afroamericani – ha
dichiarato a Politico Claire Bye, attivista della Bay Area -. Sto
combattendo per i miei diritti di persona Lgbtq e sto combattendo per i
diritti degli immigrati, dei neri, dei musulmani».
A New York, un
folto gruppo di manifestanti, ancora una volta si è riunito fuori la
Trump Tower sulla Fifth Avenue dove ormai c’è un presidio permanente
della stampa. «Questo tizio – dice David, attivista per i diritti
civili, riferendosi a Trump – ha sbagliato su tutta la linea:
cambiamento climatico, Irandeal, diritti dei gay, deportazioni dei
musulmani. Cosa dovremmo fare? Aspettare che applichi le assurdità
fasciste che ha promesso in campagna elettorale?».
NELLA MAGGIOR
PARTE DEI CASI le manifestazioni si sono svolte in modo pacifico. Ma a
Oakland e a Portland i manifestanti hanno espresso il proprio dissenso
in modo violento. A Oakland, cittadina portuale vicino San Francisco,
tradizionalmente capace di manifestare in modo drastico, da giorni si
bruciano copertoni, bandiere e si ingaggiano faccia a faccia con la
polizia. Diverso il caso di Portland, in Oregon, città solitamente molto
più tranquilla dove durante la notte migliaia di persone hanno marciato
e dove sono state rotte alcune vetrine, accesi petardi e dato fuoco a
un cassonetto. La polizia di Portland ha parlato di «sommossa» e ha
usato idranti per sgomberare le strade.
Ma l’opposizione a Trump
non arriva solo dalla base, anche dai banchi della politica
istituzionale iniziano a sollevarsi delle voci. Il primo è stato il
sindaco di New York, Bill De Blasio, che sin da subito ha dichiarato di
essere profondamente contrariato dall’elezione di Trump anche se in ogni
caso collaborerà con le istituzioni. Ma non su tutto, il socialista De
Blasio ha precisato che la sua città non fornirà le liste degli
immigrati al governo. «Questo è sempre stato un luogo in cui tutti
possono farsi una vita – ha detto De Blasio -. New York ha rispetto per
la libertà, noi siamo letteralmente dietro Lady Liberty, a braccia
aperte per accogliere immigrati e rifugiati. Così è sempre stato e così
sempre sarà. Continueremo a mantenere la nostra gente al sicuro, tutto
il nostro popolo, a prescindere da chi siano o da dove vengano. Chiedo a
tutti i newyorkesi di andare avanti insieme, risoluti e determinati a
proteggere e preservare la città che amiamo e i valori in cui crediamo».
UN
ALTRO NEWYORKESE di adozione, Michael Moore, invece, ha alzato di molto
il tiro chiedendo, come molti dei cittadini in piazza, l’impeachment
per Trump che ancora non ha presentato la sua dichiarazione dei redditi e
sul quale c’è più di un giustificato sospetto di evasione, e che, più
di tutto, a fine mese dovrà affrontare un processo per frode per gli
imbrogli a danno degli studenti della cosiddetta Trump University,
macchina mangia-soldi che prometteva di fare di chiunque un imprenditore
miliardario mentre in realtà intascava cifre altissime per un paio di
corsi motivazionali.
«È un’altra delle ragioni per cui sono qui –
dice Mark, newyorkese al terzo giorno di protesta – e da sotto questa
Trump tower non mi muovo. Quell’uomo non è fatto per fare il presidente,
è stato eletto, è vero, ma senza la maggioranza della popolazione dalla
sua parte, e ha delle pendenze legali, che dovranno essere chiarite.
Non siamo noi manifestanti che agiamo in modo contrario alla
democrazia».